Posts written by Selene_Moon

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    Purtroppo il video originale è stato rimosso :( ti ho trovato questo ma è in inglese :)

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    Mistero del Passo di Dyatlov - (Ipotesi Yeti)



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    In questo documentario viene esposta la teoria che spiega che la sparizione dei 9 studenti russi, sul passo di Dyatlov, sono stati uccisi dallo Yeti. Consigliamo la visione ad un pubblico non impressionabile per immagini crude.


    Incidente del passo Djatlov



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    L'incidente del passo di Djatlov (in russo Гибель тургруппы Дятлова Gibel' turgruppy Dyatlova, in italiano "La morte del gruppo di turisti di Dyatlov") è avvenuto la notte del 2 febbraio 1959, quando nove escursionisti accampati nella parte settentrionale dei monti Urali hanno trovato la morte per cause rimaste sconosciute. Il fatto avvenne sul versante orientale del Cholatčachl', che in mansi significa "montagna dei morti". Il passo montano della scena dei fatti è stato da allora rinominato "passo di Djatlov" (Перевал Дятлова), dal nome del capo della spedizione, Igor Djatlov (Игорь Дятлов).

    La mancanza di testimonianze oculari ha provocato la nascita di molte congetture in merito alle cause dell'evento. Investigatori sovietici stabilirono che le morti erano state provocate da «una irresistibile forza sconosciuta». Dopo l'incidente la zona fu interdetta per tre anni agli sciatori e a chiunque altro intendesse avventurarcisi. Lo svolgimento dei fatti resta tuttora non chiaro anche per l'assenza di sopravvissuti.

    Chi fece le indagini all'epoca stabilì che gli escursionisti avevano lacerato la loro tenda dall'interno, correndo via a piedi nudi nella neve alta e con una temperatura esterna proibitiva (probabilmente attorno ai −30 °C). Sebbene i corpi non mostrassero segni esteriori di lotta, due delle vittime avevano il cranio fratturato, due avevano le costole rotte e a una mancava la lingua. Sui loro vestiti fu riscontrato un elevato livello di radioattività; altre fonti invece ridimensionano fortemente la contaminazione degli abiti, datandola anteriormente alla spedizione.

    Premesse

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    Alcuni ragazzi avevano formato un gruppo per intraprendere un'escursione con gli sci di fondo attraverso gli Urali settentrionali, nell'oblast' di Sverdlovsk (Свердло́вская о́бласть). Il gruppo, guidato da Igor Djatlov, era composto da otto uomini e due donne; la maggior parte di loro erano studenti e neolaureati dell'Istituto Politecnico degli Urali (Уральский Политехнический Институт, УПИ), ora Università Tecnica di Stato degli Urali. I componenti erano:

    Igor Alekseevič Djatlov (Игорь Алексеевич Дятлов), capospedizione, 13 gennaio 1936
    Zinaida Alekseevna Kolmogorova (Зинаида Алексеевна Колмогорова), 12 gennaio 1937
    Ljudmila Aleksandrovna Dubinina (Людмила Александровна Дубинина), 11 gennaio 1936
    Aleksandr Sergeevič Kolevatov (Александр Сергеевич Колеватов), 16 novembre 1934
    Rustem Vladimirovič Slobodin (Рустем Владимирович Слободин), 11 gennaio 1936
    Jurij Alekseevič Krivoniščenko (Юрий Алексеевич Кривонищенко), 7 febbraio 1935
    Jurij Nikolaevič Dorošenko (Юрий Николаевич Дорошенко), 12 gennaio 1938
    Nikolaj Vasil'evič (Vladimirovič?) Thibeaux-Brignolles (Николай Васильевич (Владимирович?) Тибо-Бриньоль), 5 giugno 1935
    Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv (Александр Александрович Золотарёв), 2 febbraio 1921
    Jurij Efimovič Judin (Юрий Ефимович Юдин), 1937
    L'obiettivo della spedizione era raggiungere l'Otorten (Отортен), un monte che si trova 10 chilometri più a nord rispetto al punto in cui avvenne l'incidente. Il percorso scelto, in quella stagione, era valutato di III categoria, vale a dire la più difficile. Tutti i membri della spedizione avevano alle spalle esperienza sia di lunghe escursioni sugli sci che di spedizioni di montagna.

    Il gruppo arrivò il 25 gennaio in treno a Ivdel', una cittadina che si trova al centro della parte settentrionale della oblast' di Sverdlovsk. Andarono quindi fino a Vižaj (Вижай) – l'ultimo insediamento abitato prima delle zone che intendevano esplorare – a bordo di un camion. Il 27 gennaio si misero in marcia da Vižaj verso l'Otorten. Il giorno seguente uno di loro, Jurij Judin, fu costretto a tornare indietro a causa di un'indisposizione. A questo punto il gruppo si componeva di nove persone.

    I diari e le macchine fotografiche ritrovati attorno al loro ultimo campo rendono possibile ricostruire il percorso della spedizione fino al giorno precedente all'incidente. Il 31 gennaio il gruppo arrivò sul bordo di un altopiano e iniziò a prepararsi per la salita. In una valle boscosa depositarono il cibo in eccesso e l'equipaggiamento che sarebbe dovuto servire per il viaggio di ritorno. Il giorno dopo, il 1º febbraio, gli escursionisti cominciarono a percorrere il passo. Sembra che avessero progettato di valicare il passo e accamparsi per la notte successiva dall'altro lato, ma a causa del peggioramento delle condizioni climatiche, che scaturì nell'inizio di una tempesta di neve, la visibilità calò di molto e persero l'orientamento, deviando verso ovest, verso la cima del Cholatčachl'. Quando capirono l'errore commesso, decisero di fermarsi e accamparsi dove si trovavano, sul pendio della montagna, probabilmente in attesa del miglioramento delle condizioni climatiche.


    Le ricerche

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    Era stato precedentemente concordato che, non appena fossero rientrati a Vižaj, Djatlov avrebbe telegrafato alla loro associazione sportiva. Si pensava che questo sarebbe dovuto accadere non più tardi del 12 febbraio, ma anche quando tale data era trascorsa senza che fosse giunto alcun messaggio, nessuno reagì in quanto un ritardo di qualche giorno in simili spedizioni era una cosa piuttosto normale. Solo quando i parenti degli escursionisti chiesero che fossero organizzati dei soccorsi, il capo dell'istituto mandò un primo gruppo di soccorso composto da studenti e insegnanti volontari: era il 20 febbraio.[1] In seguito vennero coinvolti anche la polizia e l'esercito, ai quali fu ordinato di partecipare alle ricerche utilizzando aeroplani e elicotteri.

    Il 26 febbraio fu ritrovata la tenda abbandonata sul Cholatčachl'. La tenda era molto danneggiata e da questa si poteva seguire una serie di impronte che si dirigevano verso i boschi vicini (sul lato opposto del passo, circa 1,5 km a nord-est), ma dopo 500 metri scomparivano nella neve. Sul limitare della foresta, sotto un grande cedro, la squadra di ricerca trovò i resti di un fuoco, insieme ai primi due corpi, quelli di Jurii Krivoniščenko e Jurij Dorošenko, entrambi scalzi e vestiti solo della biancheria intima. Tra il cedro e il campo furono ritrovati altri tre corpi – Djatlov, Zina Kolmogorova e Rustem Slobodin – morti in una posizione che sembrava suggerire che stessero tentando di ritornare alla tenda. I corpi erano lontani l'uno dall'altro, rispettivamente alla distanza di 300, 480 e 630 metri dall'albero di cedro.

    I quattro escursionisti rimasti furono cercati per più di due mesi. Vennero infine ritrovati il 4 maggio, sepolti sotto quattro metri di neve in una gola scavata da un torrente all'interno del bosco sul cui limitare sorgeva il cedro.


    L'indagine

    Dopo il ritrovamento dei primi cinque corpi partì immediatamente un'inchiesta legale. Un primo esame medico non trovò lesioni che avrebbero potuto condurre i cinque alla morte e si concluse così che fossero deceduti per ipotermia. Il corpo di Slobodin aveva una piccola frattura cranica, giudicata però non così grave da poter essere letale.

    L'autopsia dei quattro corpi trovati nel mese di maggio complicò il quadro della situazione: il corpo di Thibeaux-Brignolle aveva una grave frattura cranica e sia la Dubinina che Zolotarev avevano la cassa toracica gravemente fratturata. Secondo il dottor Boris Vozrozhdenny la forza richiesta per provocare fratture simili era estremamente elevata e la paragonò alla forza sviluppata da un incidente stradale. Da notare che i corpi non mostravano ferite esterne, come se fossero stati schiacciati da una elevatissima pressione e la donna era inoltre priva della lingua. In realtà sia i traumi che la "sparizione" della lingua possono essere facilmente spiegati: la gola dove vennero trovati era sufficientemente profonda per provocare danni di quell'entità in caso di caduta e l'intervallo di tempo trascorso tra la morte e il ritrovamento dei corpi favorì la decomposizione di questi ultimi,come ben visibile dalle foto scattate dai soccorritori.

    Inizialmente si suppose che gli indigeni Mansi potevano aver attaccato e ucciso gli escursionisti per aver invaso il loro territorio, ma le indagini mostravano che la natura delle morti e la scena ritrovata non supportavano tale tesi; le impronte degli escursionisti, da soli, erano ben visibili e i corpi non mostravano alcun segno di colluttazione corpo a corpo.

    Anche se la temperatura era molto rigida (tra i −25° e i −30°) con una tempesta di neve che infuriava, i corpi erano solo parzialmente vestiti. Alcuni avevano solo una scarpa, altri non le avevano affatto o indossavano solo i calzini. Una spiegazione a questo potrebbe essere data da un comportamento chiamato undressing paradossale, che si manifesta nel 25% dei morti per ipotermia.[senza fonte] In tale fase, che tipicamente si verifica nel passaggio tra uno stato di ipotermia moderato ad uno grave, mentre il soggetto diventa disorientato confuso e aggressivo, tende a strapparsi i vestiti di dosso avvertendo una falsa sensazione di calore superficiale e finendo così per accelerare la perdita di calore corporeo. Dal momento che alcuni corpi vennero ritrovati avvolti in pezzi di vestiti stracciati non appartenenti a loro, si ipotizza che essi vennero tolti ai rispettivi appartenenti dopo la morte, in maniera tale da permettere ai sopravvissuti di coprirsi meglio.

    Dei giornalisti riportarono le parti accessibili del fascicolo dell'inchiesta che dicevano che:

    sei membri del gruppo erano morti per ipotermia, mentre gli altri tre per una combinazione di ipotermia e traumi fatali;
    non esistevano tracce della presenza di altre persone nella zona né nelle aree circostanti;
    la tenda era stata lacerata dall'interno;
    le tracce che partivano dal campo suggerivano che tutti i membri lo avessero lasciato, di comune accordo, a piedi;
    le vittime erano morte tra le sei e le otto ore dopo aver consumato l'ultimo pasto;
    a confutazione della teoria di un attacco da parte dei Mansi, il dottor Boris Vozrozhdenny affermò che i traumi fatali dei tre corpi non potevano essere stati provocati da un altro essere umano «perché la potenza dei colpi era stata troppo forte e al contempo non aveva danneggiato alcun tessuto molle»;
    analisi forensi avevano mostrato che i vestiti di alcune delle vittime presentavano alti livelli di contaminazione radioattiva;
    Il verdetto finale fu che i membri del gruppo erano tutti morti a causa di una «irresistibile forza sconosciuta». L'inchiesta fu ufficialmente chiusa nel maggio 1959 per "assenza di colpevoli". Secondo alcune fonti i fascicoli furono mandati in un archivio segreto e le fotocopie del caso, con alcune parti comunque mancanti, furono rese disponibili solo negli anni novanta, ma altre smentiscono totalmente questi fatti, affermando che il caso non venne mai classificato e che le parti mancanti consistevano in una busta all'interno della quale c'era solo della comune corrispondenza.

    Polemiche sull'inchiesta

    Alcuni ricercatori sostengono che alcuni fatti furono trascurati, forse volutamente ignorati, dalle autorità.
    Il dodicenne Yury Kuntsevich, che in seguito diventò il capo della Fondazione Djatlov di Ekaterinburg, partecipò al funerale di cinque degli escursionisti e ricordò che la loro pelle aveva «un'abbronzatura color bruno intenso».
    I vestiti degli escursionisti avevano un alto livello di radioattività; tuttavia la fonte della contaminazione non fu trovata.
    Un altro gruppo di escursionisti, che si trovava a circa 50 km a sud del luogo dell'incidente, riferì che quella notte avevano visto delle strane "sfere" arancioni verso nord (cioè in direzione del Cholatčachl') nel cielo notturno. "Sfere" simili furono osservate con continuità anche a Ivdel' e nelle zone adiacenti nel periodo tra febbraio e marzo 1959 da vari testimoni indipendenti (tra cui il servizio meteorologico e membri dell'esercito). Venne poi appurato il fatto che le "sfere" fossero lanci di missili balistici R-7.
    Alcuni resoconti suggeriscono che nella zona si trovavano molti rottami di metallo, il che porta a sospettare che l'esercito avesse utilizzato l'area per manovre segrete e potesse essere stato interessato a un insabbiamento della questione.

    Fonte: Wikipedia
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    8 MARZO: LA BUFALA DELL’INCENDIO IN FABBRICA (Festa della Donna)



    Conifer



    Poiché su Internet si legge in fretta e spesso senza pensare, e spesso si commenta utilizzando organi meno nobili del cervello, e quindi mi arrivano commenti insultanti (che non pubblico), mi ritrovo costretta a chiarire CHE affermare “la storia della fabbrica Cotton non è vera” NON equivale ad affermare “l’8 marzo non vale una cippa anzi aboliamolo anzi abbasso le donne”.


    Per l’ultima volta: la storia dell’incendio nella fabbrica americana che sarebbe avvenuto il giorno 8 marzo 1908, e nel quale sarebbero perite oltre 100 operaie tessili, è una bufala. Una storia inventata. Una provata falsità. Chiunque faccia riferimento alla fantomatica fabbrica Cotton di New York e al suo altrettanto fantomatico proprietario Mister Johnson narra una vicenda suggestiva e ovviamente drammatica, ma mai avvenuta e priva dei più banali riscontri (vedi anche “La prova” a fondo pagina).

    Una delle caratteristiche peculiari delle bufale è la loro persistenza; molte persone ci credono pervicacemente, in modo fideistico e aprioristico, poiché le bufale fanno leva in primo luogo (come tutte le storie interessanti) sulle emozioni. Io stessa credevo a questa in particolare. Qualche anno fa ebbi una conversazione con un giornalista più anziano, che si svolse grossomodo così.

    La leggenda

    “Che roba questa festa della donna” dico io. “E’ diventata come San Valentino, e invece l’8 marzo dovrebbe essere un momento di riflessione sull’uguaglianza tra gli esseri umani, senza distinzione di sesso. E poi è un anniversario terribile: la giornata è stata scelta per ricordare la morte di tante operaie in America, che lavoravano in condizioni orribili…”
    “Per la verità” dice lui “l’8 marzo di tanti anni fa non c’è stato nessun incendio in nessuna fabbrica. E’ una pura leggenda.”
    Io mi sentii un po’ scema e non potei non pensare che in errore era lui, e che parlava così perché era maschio e forse anche un po’ maschilista. E invece aveva ragione.

    Secondo la leggenda, dunque, alcuni giorni prima dell’8 marzo 1908, le operaie di un’industria tessile di New York che si chiamava “Cotton” (che vuol dire “cotone”: un nome inventato anche con poca fantasia) entrarono in sciopero per protestare contro le disumane condizioni di lavoro alle quali erano sottoposte. Lo sciopero proseguì per giorni finché, l’8 marzo, il proprietario della fabbrica, che si chiamava Johnson (anche qui, spreco di fantasia) chiuse le operaie all’interno bloccando tutte le uscite. Lo stabilimento fu devastato da un incendio e le operaie prigioniere fecero una fine terrificante. Secondo una versione della storia che rasenta il ridicolo e risuona di antiche cacce alle streghe, sarebbe stato lo stesso Johnson ad appiccare il fuoco alla propria fabbrica.


    La verità

    Triangle



    Un grave incidente in una fabbrica tessile ebbe luogo a New York il 25 marzo 1911, tre anni e alcuni giorni dopo. E questo disastro ha poco a che fare con l’emancipazione femminile e soprattutto non ha niente a che fare con la giornata della donna. Su questa pagina del sito de L’Unità c’è addirittura un video che riproduce una serie di impressionanti immagini d’epoca e in didascalia riporta la solita favola della fabbrica Cotton. Si tratta di un errore. Come potete facilmente verificare voi stessi, le foto documentano l’incendio della Triangle Waist Company (o Triangle Factory) del 25 marzo 1911.

    I morti nel disastro furono 146, donne e anche uomini, tutti lavoratori immigrati, in prevalenza italiani ed ebrei di provenienza europea. Morirono perché scoppiò un incendio, le uscite principali della fabbrica erano chiuse, e non c’erano uscite di sicurezza.

    L’incendio della fabbrica Triangle in America non costituisce affatto un simbolo della parità negata tra i sessi. Viene invece additato come tragico esempio di quel che può accadere quando l’industrializzazione non conosce regole e limiti. Due anni prima, in effetti, i lavoratori della Triangle erano entrati in sciopero: i proprietari della fabbrica approfittavano della vulnerabilità degli immigrati forzandoli a lavorare in condizioni di sicurezza precarie. Curiosamente per una città che demolisce i propri palazzi come fossero castelli di sabbia, e li ricostruisce in tempi record, l’edificio della fabbrica Triangle è ancora in piedi, dalle parti di Washington Square Park.

    Aggiornamento del 7/3/2015. La pagina incriminata del sito dell’Unità sembra sia stata rimossa.


    La prova

    Se avete in programma un viaggio nella Grande Mela, vi consiglio di visitare il Museum of the City of New York  che si trova nell’Upper East Side, al numero 1220 di Fifth Avenue. In una sezione sono ricordati tutti gli incendi che purtroppo devastarono la città: quello della fabbrica Triangle nel 1911, quello del 1876 (in un teatro di Brooklyn, che causò 300 morti), quello del 1835 (il Great Fire, che distrusse 700 edifici) e quello, ancora precedente, del 1776 (che lasciò migliaia di persone senza casa). Della fabbrica Cotton del 1908 non c’è traccia.

    Fonte: blog.ritacharbonnier.com
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    Da Shining ad Harry Potter, gli alberghi più belli legati alla letteratura



    Che si parli della suite nella quale J.K Rowling terminò la stesura del romanzo finale della serie di Harry Potter, della struttura che suggerì a Stephen King la trama di Shining, o dell'hotel Monteleone legato alla leggenda della nascita di Truman Capote, il rapporto tra letteratura ed alberghi è solido e di lunga data. A raccogliere gli esempi più noti e significativi ci ha pensato il Telegraph: un singolare giro del mondo attraverso le stanze, le suite e le sale d'albergo che offrono questo originale e culturale "booking" letterario.

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    The Shelbourne Dublino, Irlanda
    L'hotel è menzionato nel più famoso romanzo di James Joyce: l'Ulisse

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    Lo Hobbit Motel, Waitomo, Nuova Zelanda
    Queste camere sono ispirate alla saga del "Signore degli anelli": ad un paio di ore da Auckland restituiscono il fascino del "mondo hobbit"

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    The Stanley Hotel, Colorado, Stati Uniti
    L'Hotel Stanley in Colorado Rockies è stato di ispirazione per dare vita letteraria all'Overlook Hotel, vero "protagonista" del romanzo di Stephen King, The Shining. In seguito basandosi sul libro fu girato uno dei film horror più acclamato di tutti i tempi

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    The Plaza, New York
    E' in questo albergo che abitava Eloise, La protagonista di una fortunata serie di libri per bambini, nata dalla fantasia della scrittrice Kay Thompson e dalla matita dell'illustratrice Hilary Knight. Ed è proprio ispirandosi ai suoi disegni che l'hotel ha deciso di dedicare una suite a tema: lampadari rosa a punta, tappeti zebrati e bambole Eloise sono solo alcuni degli elementi distintivi dell'arredo.
    L'hotel vanta anche un'altra importante citazione, è stato infatti lo scenario letterario di un episodio de "Il grande Gatsby": in una delle suite è inscenata la lotta tra Tom Buchanan e Gatsby. E la scelta non fu casuale, l'albergo è sempre stato uno dei "rifugi" preferiti di F. Scott Fitzgerald

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    The Savoy, Londra, Regno Unito
    Michael Morpurgo ha scritto un libro su Kaspar, il gatto protagonista di una scultura, leggenda e vera mascotte dell'albergo. Questa la storia: nel 1898 il magnate Woolf Joel diede un'elegante cena presso l'hotel; gli invitati erano 14 ma uno di loro annullò all'ultimo minuto. Si racconta che un'ospite superstiziosa era a disagio per il nuovo numero dei conviviali e sentenziò che la prima persona a lasciare il tavolo sarebbe morta. Fu proprio Joel il primo a lasciare la tavolata e poche settimane più tardi fu ucciso a Johannesburg. Da allora la scultura di un gatto, Kaspar - ideata dall'architetto Basil nel 1926 - si unisce alle cene di 13 invitati come 14° 'ospite. "Quando ho incontrato Kaspar ho capito subito che sarebbe stato il soggetto del mio prossimo romanzo", ha dichiarato Michael Morpurgo

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    The Balmoral Hotel, Edimburgo, Scozia
    J.K Rowling terminò il romanzo finale della serie di Harry Potter in una suite del The Balmoral Hotel. Ha anche lasciato una dichiarazione, scritta su un busto di marmo (che da allora è stato conservato sotto vetro): "JK Rowling finì di scrivere 'Harry Potter e i doni della morte' in questa stanza (552) l'11 gennaio 2007"

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    The Carlyle, New York
    Amato da personaggi come Jackie 'O e la principessa Diana, con i suoi 35 piani e le sue 188 camere. il Carlyle è uno splendido albergo in puro stile Art Déco. Noto soprattutto per il Bemelmans Bar, le cui pareti sono arricchite dagli affreschi di Ludwig Bemelmans, illustratore ed autore della serie di libri per bambini 'Madelin'

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    Linthwaite, Lake District, Regno Unito
    Il paesaggio spettacolare dei laghi è stato di ispirazione per le opere di nomi importanti come William Wordsworth e Samuel Coleridge. Ma anche per la scrittura di Beatrix Potter: dedicato a questi luoghi è Il racconto di 'Peter Coniglio'. La struttura inoltre ospita spesso corsi di scrittura

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    GoldenEye Hotel and Resort, Oracabessa Bay, Jamaica
    "The Fleming Villa" è un ritiro di cinque camere da letto all'interno della GoldenEye Resort: è stato chiamato così in onore di Ian Fleming perché è qui che ha scritto tutte le 14 storie della saga di James Bond

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    Grand Hôtel des Bains, Venezia, Italia
    Gran parte del lavoro letterario di Thomas Mann 'Morte a Venezia', scritto nel 1912, è ambientato all'interno del Grand Hotel des Bains situato al Lido di Venezia: il personaggio principale, Gustav von Aschenbach, si reca in laguna sperando di alleviare il blocco dello scrittore che lo attanaglia, ma quello che sviluppa è l'ossessione per un ragazzo polacco adolescente di nome Tadzio. Mann visitò l'hotel nel 1911

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    Hotel Headland, Newquay, Cornovaglia
    La riunione annuale delle streghe raccontata nel libro per bambini di Roald Dahl 'Le streghe' si svolge in un hotel di lusso a Bournemouth. Nel romanzo non è mai menzionato specificamente quale hotel, ma nel film 'Chi ha paura delle streghe' del 1990, con protagonista Angelica Huston, l'ambientazione è proprio l'Headland Hotel a Newquay

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    Hotel du Cap Eden Roc, Antibes, Francia
    Nelle sue stanze hanno soggiornato nomi della cultura come F. Scott Fitzgerald e sua moglie, Picasso ed Hemingway. E lo stesso Fitzgerald si presume si ispirò a questo hotel per descrivere e immaginare l'Hôtel des Etrangers di 'Tenera è la notte'

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    Le Montreux Palace, lago di Ginevra, Svizzera
    Il celebre autore di Lolita, Vladimir Nabokov, visse al Montreux Palace dal 1961 fino alla sua morte nel 1977

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    Metropole Hotel, Hanoi, Vietnam
    Graham Greene nel 1955 soggiornava proprio al Metropole (oggi parte del gruppo Sofitel Legend) durante la stesura del suo romanzo 'Un americano tranquillo'. L'hotel dispone di una suite che prende di Greene e al Bamboo pool bar, all'interno della struttura, si può ordinare il suo cocktail preferito (gin, vermouth dry e crème de cassis)

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    Mandarin Oriental, Bangkok, Thailandia
    Nel romanzo di Margaret Landon del 1944 'Anna e il re del Siam', la protagonista è un'insegnante di scuola inglese, Anna Leonowens, che arriva a Bangkok in barca. Questo hotel è stato il primo a Bangkok e in seguito divenne il Mandarin Oriental. Da allora altri autori sono stati suoi ospiti come John le Carré, Noël Coward e Barbara Cartland. L'hotel ha dedicato ad ognuno di loro il nome di una suite.

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    Raffles di Singapore
    E' stato uno dei luoghi preferiti dedicati alla scrittura di William Somerset Maugham: molti dei suoi racconti sono stati infatti ambientati nel Sud Est Asiatico. Anche Rudyard Kipling era spesso ospite della proprietà

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    Hotel Santa Clara, Cartagena, Colombia
    Il realismo magico di romanzi di Gabriel Garcia Marquez si anima nella città di Cartagena. Il suo romanzo 'Dell'amore e di altri demoni' è infatti ambientato all'interno di un convento del 17° secolo, situato nel centro storico della città. Ora quello stesso luogo è stato convertito nell'Hotel Santa Clara

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    Hotel Monteleone, New Orleans, Stati Uniti
    Tante le connessioni con il mondo letterario legate a questo albergo. Tra le altre: Truman Capote amava raccontare alla stampa di essere nato qui, Tennessee Williams cita questo hotel nel suo romanzo 'La rosa tatuata", mentre Ernest Hemingway ne era assiduo frequentatore

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    Brown's Hotel, Londra
    Fu fondato 175 anni fa dall' ex "valletto" di Lord Byron. Ma il legame al celebre poeta è solo l'inizio di un lunga storia letteraria legata all'hotel. E' qui che infatti Rudyard Kipling completò la stesura de "Il libro della giungla". Mentre invece la struttura fu di ispirazione per Agatha Christie, che nel 1965 ci ambientò il suo romanzo 'Miss Marple al Bertram Hotel'

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    Belmond Eagle Island Lodge, Delta dell'Okavango, Botswana
    Il libro "The Double Comfort Safari Club", della serie Detective Agency The Ladies 'No.1, di Alexander McCall Smith, è ambientato proprio in un bungalow del Belmond Eagle Island Lodge

    Fonte: repubblica.it
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    ECCO PERCHÈ L’ANIMA ESISTE: LA SPIEGAZIONE DI UN FISICO



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    Esiste l’anima? Fino a qualche decennio fa, questa domanda era lecita solo nell’ambito di una riflessione teologica. Oggi, invece, entra a pieno diritto nelle domande fondamentali della fisica teorica. Henry P. Stapp, fisico teorico presso la University of California-Berkeley, non vuole dimostrare l’esistenza dell’anima, ma che essa si inserisce all’interno delle leggi della fisica.

    Quando parliamo di anima, siamo nel campo della metafisica o della fisica?
    Prima dell’avvento della “fisica quantistica”, tutto ciò che travalicava i confini del visibile, era tema di ricerca della metafisica, ovvero quella disciplina che indaga sulle cose “al di là” della fisica.

    Oggi, invece, all’indomani della scoperta del bizzarro mondo dei quanti, ciò che non è visibile e che non è determinabile è diventato oggetto di studio della fisica.

    Più recentemente, alcuni studiosi hanno cominciato a inquadrare pionieristicamente questioni come la coscienza umana, l’immortalità dell’anima e la vita dopo la morte, come oggetti di studio all’interno della fisica teorica.

    Tra questi c’è Henry P. Stapp, fisico teorico presso la University of California-Berkeley che ha lavorato con alcuni padri fondatori della meccanica quantistica, secondo il quale avere fede nell’anima non è ascientifico.

    Con la parola “anima”, lo scienziato si riferisce ad una dimensione della persona umana indipendente dal cervello o dal resto del corpo che può sopravvivere alla morte. “I forti dubbi circa la sopravvivenza della personalità oltre la morte, basate esclusivamente con la convinzione che sia incompatibile con le leggi della fisica, sono infondati”, scrive Stapp nell’articolo “Compatibility of Contemporary Physical Theory With Personality Survival”.

    Stapp ha collaborato alla stesura dell’Interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, l’interpretazione della meccanica quantistica maggiormente condivisa fra gli studiosi. Essa si ispira fondamentalmente ai lavori svolti nella capitale danese da Niels Bohr e da Werner Karl Heisenberg attorno al 1927, ricevendo una formulazione meglio definita a partire dagli anni cinquanta.

    Stapp spiega che i fondatori della teoria quantistica sostanzialmente hanno costretto gli scienziati a dividere il mondo in due parti: al di sopra del taglio, vi è la matematica classica con la quale è possibile descrivere i processi fisici empiricamente osservati; sotto il taglio, vi è la matematica quantistica che descrive un regno completamente al di fuori del determinismo fisico.

    “In generale, si è compreso che lo stato evoluto del sistema sotto il taglio non può essere abbinato a nessuna descrizione classica delle proprietà visibili all’osservatore”, scrive Stapp. Dunque, come fanno gli scienziati ad osservare l’invisibile? Scelgono particolari proprietà del sistema quantistico, sviluppando un modello per vedere i suoi effetti sui processi fisici “sopra il taglio”.

    La chiave è la scelta dello sperimentatore. Il problema è che quando si lavora su un sistema quantistico, la scelta dell’osservatore ha dimostrato di influenzare l’andamento, con effetti visibili nel sistema al di sopra del taglio.

    Stapp cita l’analogia pensata da Bohr per spiegare la curiosa interazione tra lo scienziato e i risultati del suo esperimento: “È come un cieco con un bastone: quando il bastone viene tenuto debolmente, il confine tra la persona e il mondo corrisponde al divario tra la mano e il bastone; ma se il bastone viene tenuto saldamente, esso diviene parte del soggetto: la persona sente che egli stesso può estendersi fino alla punta del bastone”.

    Dunque, il mondo fisico e il mondo mentale sono collegati in modo dinamico. La spiegazione quantistica su come la mente e il cervello possono essere separati, ma collegati con le leggi della fisica, “è una rivelazione benvenuta”, scrive Stapp.

    Essa risolve un problema che ha afflitto la scienza e la filosofia per secoli, con la scienza che vedeva la necessità di equiparare la mente con il cervello, e la filosofia-teologia, incaricatasi di considerare la mente come qualcosa di indipendente dal cervello.

    La Teoria fisica classica può solo eludere il problema, e i fisici classici possono solo lavorare per etichettare questa intuizione come un prodotto della confusione umana. La scienza, continua Stapp, dovrebbe invece riconoscere gli effetti della coscienza come un problema fisico.

    Inoltre, tale prospettiva, secondo Stapp è indispensabile a conservare la moralità umana, spiegando alle persone di essere qualcosa di più che semplici macchine fatte di sangue e carne. In un altro articolo, intitolato “Attention, Intention, and Will in Quantum Physics”, Stapp scriveva:

    “È opinione ormai ampiamente diffusa nelle persone la visione scientifica secondo la quale ogni essere umano è fondamentalmente un robot meccanico, prospettiva che rischia di avere un impatto significativo e corrosivo sul tessuto morale della società”.

    Fonte: info360gradi.com
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    Il rivelatore di fantasmi più tecnologico di sempre



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    Una volta la caccia ai fantasmi si faceva visitando luoghi presumibilmente infestati affidandosi ai propri sensi. Negli ultimi anni, presumibilmente seguendo la moda lanciata da Igor di Ghostbuster, sono sempre più coloro che si appoggiano alla “scienza” per cercare presenze dall’aldilà.

    Il GhostArk è un piccolo ma completo strumento portatile, che integra tutta la miglior tecnologia adatta alla ricerca di fantasmi ed elementi soprannaturali in generale. In particolare troviamo un misuratore di campo elettromagnetico, microfoni ad alta sensibilità, scanner di frequenze e sensori per temperatura e pressione atmosferica.

    GhostArk, ancora in fase di prototipazione, sarà disponibile ad un prezzo di 199$; cacciatori di fantasmi o coloro che vogliono avventurarsi nel mondo del sovrannaturale possono iscriversi alla newsletter sul sito ufficiale, che oltre tenere aggiornati gli utenti, darà accesso ad uno sconto del 25% quando GhostArk entrerà in vendita.

    Fonte: smartworld.it
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    QUESTO NEONATO HA GIÀ 12 ANNI: MAMMA 40ENNE PARTORISCE BIMBO CONCEPITO NEL 2003



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    La Cina festeggia la nascita del bambino in provetta più a lungo conservato del paese. L'embrione da cui il piccolo è nato lo scorso mercoledì nell'ospedale di Tangdu, nella provincia dello Shaanxi, è stato fecondato più di 12 anni fa.
    Non si tratta di un esperimento sinistro, ma di una storia di successo che potrebbe dare speranza alle donne in tutto il paese alle prese con problemi di fertilità.

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    Il China Daily ha raccontato che una donna di 40 anni affetta da sindrome dell'ovaio policistico aveva bloccato le tube di Falloppio e congelato i suoi embrioni per la prima volta nel 2003, quando ha provato a rimanere incinta. Tredici anni più tardi, dopo il rilassamento della politica del figlio unico nel paese, ha dato alla luce il suo secondo figlio.

    Quando ha iniziato il trattamento di fertilità, i medici hanno fecondato con lo sperma del marito della paziente 12 ovuli, due dei quali sono stati impiantati subito e dato vita a un bambino sano. Gli embrioni restanti sono stati congelati e la donna ha voluto conservarli nella speranza di poter avere un altro bambino in seguito.
    Su sette embrioni congelati, solo tre sono sopravvissuti - e uno di questi era il bambino nato questa settimana.

    Fonte: Leggo.it
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    "JONBÉNET RAMSEY NON È MORTA. È CRESCIUTA E HA PRESO IL NOME DI KATY PERRY"



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    Una teoria bizzarra sta circolando in modo virale in rete: secondo lo youtuber Dave Johnson, la reginetta di bellezza JonBénet Ramsey, ritrovata morta 20 anni fa (caso mai risolto) sarebbe, in verità, mai stata uccisa e avrebbe preso il nome di Katy Perry. Sempre secondo Johnson, i genitori della bimba uccisa organizzarono la messinscena per permettere alla loro bimba di crescere e diventare una popstar.

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    Il filmato è stato pubblicato nel 2014, ma soltanto ora è stato diffuso da migliaia di utenti e fatto diventare virale. Ha attirato l'attenzione di molti: alcuni credono che la teoria dello youtuber sia fondata, altri l'hanno giudicata come una bufala da web.

    "JonBenet Ramsey non è morta, nessuno è morto - afferma Johnson, convinto nel video che sta circolando in rete - è stata sacrificata. Il sacrificio è stato in nome di qualcosa, è stato fatto per ottenere qualcosa e questo qualcosa era la fama. JonBénet Ramsey è diventata Katy Perry. È un fatto - ha detto - Quindi se volete continuare a mentire, siete dei falsi testimoni della sua morte. È questa la verità".

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    Fonte: Leggo.it
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    L'ASTEROIDE TX68 SFIORERÀ LA TERRA A GIORNI. "NEL 2017 POSSIBILE SCHIANTO, LA NASA CONFERMA"



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    Fine del mondo, ci siamo? Ciclicamente, ogni volta che un asteroide si avvicina alla Terra, spuntano le voci piene di allarmismo di chi urla alla strage nel caso lo stesso si schianti sul nostro pianeta. Stavolta è il turno dell’asteroide 2013 TX68, che dovrebbe “sfiorare” la Terra senza colpirla il prossimo 5 marzo.

    L’ultimo allarme riguarda lo stesso asteroide che, tra un anno e mezzo (precisamente il 28 settembre 2017) potrebbe proprio schiantarsi effettivamente sulla Terra: tesi avallata anche dalla Nasa, che però ha tenuto a precisare come ci sia una possibilità su 250 milioni che accada.

    Lasciando da parte, per scaramanzia, la legge di Murphy, l’asteroide ha dimensioni importanti: di lunghezza variabile tra i 24 e i 52 metri, un eventuale impatto potrebbe provocare danni enormi. Un oggetto simile intorno ai 50 metri potrebbe radere al suolo una intera metropoli.

    “L’orbita dell’asteroide è incerta e difficile da prevedere - ha detto Paul Chodas, della Nasa - quando si avvicinerà in questi giorni i nostri studiosi potranno studiarlo meglio per cercare di capire i suoi movimenti”. Ma molti esperti o pseudotali, sul web, hanno già fatto partire l’allarme choc su una imminente fine del mondo.




    Fonte: Leggo.it
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    YACHT ALLA DERIVA, AL TIMONE UNA MUMMIA: MANFRED ERA SCOMPARSO NEL 2009



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    Lunedì 29 Febbraio 2016, 18:50

    di Silvia Natella
    MANILA - Macabra scoperta nell'Oceano Pacifico al largo delle Filippine. Su uno yacht abbandonato alla deriva è stato trovato il corpo mummificato di un uomo, uno skipper scomparso nel 2009. Sembra si tratti di un tedesco di 59 anni, Manfred Fritz Bajorat, impegnato in un'avventura in solitaria in giro per il mondo. Sono ancora sconosciute le cause della morte. A rinvenire il corpo è stato il 23enne Christopher Rivas al largo di Barobo, Surigao del Sur.

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    Quando il giovane è salito sull'imbarcazione non poteva credere ai suoi occhi: il corpo del proprietario era mummificato e solo dai documenti si è riusciti a risalire all'identità dello skipper. La polizia del posto ha diffuso in rete le foto e spiegato che l'albero maestro dello yacht era distrutto e gran parte della cabina era sott'acqua. Questo, complici i venti e il clima di quelle zone, avrebbe mantenuto il cadavere. "Era un velista molto esperto, non credo che avrebbe navigato in una tempesta e penso anche che l'albero si sia rotto dopo che Manfred era già morto", il commento alla Bild di un conoscente, anch'egli navigatore esperto.

    Fritz si era separato dalla moglie nel 2008, la donna è poi morta di cancro. Si aspettano i risultati dell'autopsia e le indagini degli investigatori filippini. Sembra però che non ci sia traccia di un'altra persona a bordo.

    Fonte: Leggo.it
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    Un caro saluto Sam :)
    Spero che ti trovi bene con noi :)
    Buona permanenza sul forum :)
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    Fantasmi sulla culla del bimbo: video inquietante



    Due fantasmi vegliano sulla culla della figlia. Questo il video caricato su Facebook da Jade Yates, rimasta sconvolta dalle presenze filmate

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    Ha filmato la culla della figlia e guardando il video ha fatto l’inquietante scoperta. Due fantasmi appaiono proprio nella culla della bambina. Il fantasma di un bimbo e quello di un adulto che per circa 20 minuti sono rimasti a “vegliare” la culla di sua figlia Ruby. A raccontare la storia e mostrare il video è Jade Yates, che stava controllando il baby monitor mentre la piccola Ruby dormiva. Il sito di Libero quotidiano scrive che la donna è rimasta sconvolta dalle misteriose presenze e ha pubblicato il video girato su Facebook: “Jade Yates stava controllando dal baby monitor il sonno della sua Ruby, quando ha visto una “misteriosa presenza” al suo fianco. La clip è stata poi caricata sul suo profilo Facebook, dove la donna ha specificato di non aver mai creduto ai fantasmi fino a quel momento. Ha inoltre insistito sul fatto che la porta della camera di Ruby fosse chiusa e che nessun altro era con lei, fatta eccezione per il fantasma, ovviamente. Questa la sua teoria su quanto ha visto: “Quello che vedo è un bambino più vecchio di Ruby, in quanto è in grado di stare seduto e in piedi, è un adulto. Vedo un orecchio, gli occhi e un braccio”. Prima di controllare la figlia, Jade ha affermato di aver guardato i due “spiriti” per circa 20 minuti”.



    Fonte: blitzquotidiano.it
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    La scena cancellata di Titanic che svela una cosa importantissima del film



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    È vero che il film è lungo, ma forse questa scena James Cameron avrebbe potuto lasciarla...

    Nella versione originale, Titanic sarebbe dovuto durare circa quattro ore. In fase di montaggio sono però state eliminate diverse scene, per fare sì che il film avesse una durata “adeguata” alla proiezione cinematografica. Tra queste scene tagliate ce n’è anche una che, se fosse stata inclusa nel montaggio finale, avrebbe fatto capire agli spettatori diversi dettagli in più sulla storia, primo tra tutti l’origine della canzone “Tu, Josephine” che Jack canta a Rose poco prima del bacio sulla prua della nave e che poco più tardi una mezza congelata Rose bisbiglierà mentre attende i soccorsi dopo l’affondamento del transatlantico.

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    TITANIC: SCENA CANCELLATA



    La scena in questione è questa e, mostra Jack che riaccompagna Rose nel suo settore della nave dopo la festa in terza classe. I due giovani camminano fianco a fianco e cantano la famosa canzone “Come Josephine In My Flying Machine“, quando giungono alla porta che separa la prima classe dal resto della nave. Rose restituisce la giacca a Jack e gli dice che non vuole andare. Poi si sofferma a guardare il cielo stellato: ne segue un dialogo sulla vastità del cosmo e su quanto l’uomo sia piccolo a confronto fino a quando il cielo non viene attraversato da una stella cadente. «Dovremmo esprimere un desiderio?» – si chiede Rose. Jack le chiede di rimando cosa desiderasse e la ragazza, guardandolo intensamente, risponde: «Qualcosa che non posso avere».



    Questa scena, come tutte le altre scene tagliate, sono state incluse nei contenuti speciali dell’edizione del 2005 DVD. Quanto alla canzone, si tratta di un brano che esiste veramente che era anche particolarmente popolare nei primi anni del Novecento. Il titolo è Come Josephine in My Flying Machine, ed era stata incisa e pubblicata nel 1910 dalla cantante americana Blanche Ring. Si tratta di una canzone che racconta la storia di un uomo che chiede alla sua fidanzata di «volare via con lui sulla sua macchina volante» e che celebra l’entusiasmo per il processo tecnologico tipico della Belle Époque. Il brano, infatti, è stato scritto nei primissimi anni della storia dell’aviazione e per un periodo si pensava fosse stata ispirata alla storia di Josephine Sarah Magner, considerata la prima donna paracadutista d’America, poi sposatasi con il pioniere dell’aviazione Leslie Burt Haddock, creatore del primo dirigibile militare utilizzato dall’esercito degli Stati Uniti.

    Fonte: giornalettismo.com
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    Titanic: ‘Sì, Jack si sarebbe potuto salvare’. Parola di Kate Winslet



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    E’ stata una delle domande (e pure degli sfottò, se vogliamo dirla tutta) più ricorrenti nella storia del cinema moderno e riguarda – neppure a farlo apposta – il film record d’incassi firmato da James Cameron: Titanic.
    Tutti si ricordano la scena in cui Jack – ehi, Leonardo Di Caprio – si sacrificò per la bella Rose (Kate Winslet) passando così a miglior vita nelle gelide acque dell’Atlantico.
    Chiunque abbia visto il celebre film ha pensato che in fondo pure Jack (Kate permettendo) avrebbe potuto salvarsi. Perché a ben vedere, un po’ di posto forse – e ribadiamo forse – c’era anche per lui. Insomma, bastava che Kate si facesse leggermente da parte: poco poco…
    Insomma, fosse stata una situazione reale, Di Caprio si sarebbe potuto salvare?
    E a domanda diretta, ecco la risposta diretta di Kate Winslet, intervistata al Jimmy Kimmel Live:

    -“Ma non ci potevate stare in due su quella porta?“.
    -“Sono d’accordo. Penso che avrebbe potuto effettivamente salire anche lui su quel pezzo di porta“.


    Insomma sì, Jack è vivo e lotta insieme a noi. O forse no, ma a detta della Winslet forse (e ribadiamo forse) un finale alternativo ci sarebbe potuto anche stare…



    Fonte: rds.it
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    La replica del Titanic sfiderà il mare



    Una nave identica a quella che affondò un secolo fa verrà varata nel 2018

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    Il varo avverrà tra due anni, nel 2018. Così il Titanic tornerà a sfidare i mari, idealmente, quando una replica del vascello sfiderà le onde.
    Praticamente identico all'originale, il Titanic II è della Blue Star Line di Clive Palmer, ma qualcosa di diverso rispetto alla nave del 1912 ce l'ha, a causa di ciò che nell'ultimo secolo è cambiato nelle regole per la navigazione.

    In più, rispetto all'imbarcazione del disastro nautico, ci sarà il giusto numero di scialuppe di salvataggio e sistemi moderni per scongiurare ogni possibile rischio. Lungo 270 metri, il Titanic II sarà alto 53, per 40.000 tonnellate. Sarà dotato di nove ponti, con 840 cabine e spazio per 2.400 passeggeri, ad aggiungersi a 900 uomini dell'equipaggio.

    A bordo della nave ci saranno anche una piscina, bagni turchi e palestre. Il primo viaggio inizierà a Jiangsu, nella Cina orientale, e si concluderà a Dubai. In questo non seguirà il "primo" Titanic, sulla rotta tra Southampton e New York.

    Fonte: ilgiornale.it
1429 replies since 20/2/2012
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