Posts written by Leggende Miti Misteri

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    EL SILBON, LO SPETTRO MALEDETTO



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    Fino a poche decenni fa in Italia la famiglia era uno dei valori più forti di una persona e ancora oggi in alcuni paesi tradire i propri parenti comporta punizioni tremende, spesso addirittura la morte. Non deve quindi stupire se in passato siano nate leggende, aneddoti e storie atte a spaventare la gente in modo da mantenere vivo quel senso di rispetto verso i propri cari.
    La leggenda di cui sto per parlarvi è proprio un esempio lampante di quanto la gente del Sudamerica tenga ancora a questi valori e sfrutti addirittura il paranormale pur di mantenerli vivi. Si racconta un po' in tutta l'America latina, ma è particolarmente viva in Venezuela e Colombia; riguarda lo spettro di un ragazzo condannato in eterno a vagare nelle pianure e nelle foreste con sulle spalle un sacco con all'interno le ossa del padre che lui stesso ha ucciso.
    Viene chiamato"El Silbon" ed è solito annunciarsi con un suono o un fischio che ripercorre la scala musicale dal DO al SI. La leggenda di El Silbon è vecchia di secoli e nel tempo a seconda della zone è stata adattata e arricchita di particolari; ne esistono diverse versioni, ma le principali sono tre, tutte molto simili.

    1- La versione più raccontata parla di un giovane capriccioso e viziato, abituato sin da bambino ad essere soddisfatto in tutto. Un giorno il ragazzo, appena adolescente, disse al padre che aveva voglia di mangiare frattaglie di cervo e come sempre il padre cercò di accontentarlo andando nel bosco a cacciare. Purtroppo quella fu una brutta giornata e di cervi non se ne videro, così il padre tornò a casa e disse al figlio che avrebbe riprovato il giorno dopo. Il ragazzo però non accettò quella risposta e con un coltello da caccia uccise il padre, prese i suoi intestini e li portò alla madre affinché li cucinasse. La madre, che non sapeva nulla dell'omicidio, ebbe però un sospetto quando non vide tornare il marito e così chiamò il suocero per avvertirlo di quella strana sensazione che provava. Il nonno del ragazzo in poco tempo scoprì il cadavere e decise di punire il nipote in maniera esemplare: lo legò ad un albero e lo frustò sulla schiena ripetutamente fino a farlo sanguinare; poi versò sulle sue ferite essenza di chili (alcuni dicono limoni spremuti) affinché soffrisse più dolore possibile e poi gli mise in spalla un sacco con dentro i resti del padre. Infine lo maledì e dopo averlo slegato gli mise alla calcagna il suo cane affinché lo mordesse ogni volta che si sarebbe fermato. El Silbon è destinato a vagare in eterno senza mai fermarsi, inseguito da un terribile cane mostruoso pronto a sbranarlo ogni volta che cerca di riposare. L'unico modo che ha El Silbon di rifiatare è fischiettare una melodia che segue la scala musicale tradizionale perché quel suono confonderebbe il suo inseguitore.

    2- El Silbon era un ragazzo viziato, cresciuto di eccessi sempre sminuiti dai genitori durante la sua adolescenza. Un giorno lasciò la sua casa per vedere il mondo e poter fare tutto quello che voleva: iniziò a vivere un'esistenza dissoluta fatta di eccessi, alcool e sesso promiscuo; divenne violento e uccise diverse persone per motivi futili in risse o semplici vendette e alla fine finì in carcere, dove ebbe modo di riflettere sui suoi errori. Quando venne rilasciato tornò a casa e lì, nonostante tutti i suoi atti atroci, venne accolto con gioia e affetto. Dopo pochi giorni il padre lo invitò con sé a caccia e quando furono in mezzo al bosco trovarono un albero sottile e contorto che bloccava la loro strada. A quel punto il ragazzo disse:
    «Papà, perché non raddrizzi quell'albero per passare dall'altra parte?»
    «Mi dispiace figlio mio, quell'albero non può più essere raddrizzato, doveva essere fatto quando era tenero e flessibile. Ora è cresciuto e non è più possibile.»
    «Ah, ecco! Se sapevi che le cose vanno raddrizzate quando sono piccole, perché non mi hai raddrizzato quando era il momento? Mi hai lasciato crescere male, contorto e capriccioso ... Ho ucciso tante persone e ora soffro per le colpe ogni giorno della mia vita!»
    Detto questo il figlio afferrò suo padre per il collo, lo pugnalò e lo privò degli intestini, che portò alla madre per fare un arrosto. Il finale è simile alla prima versione: la madre avvisò il nonno che lo punì frustandolo e lanciando su di lui una maledizione; gli mise in spalla una sacco con i resti del padre e lo condannò a vagare senza metà rincorso dal suo cane che lo avrebbe tormentato in eterno.

    3- El Silbon era un ragazzo pacato e buono che però un giorno scoprì che stava succedendo qualcosa di strano tra sua moglie e suo padre: alcune versioni dicono che la picchiava, altre che la violentò. Quando il ragazzo colse sul fatto suo padre, lo colpì con un bastone e lo strangolò. Il nonno, che aveva sentito i due litigare, corse a vedere cosa era successo e scoprì il parricidio. Scioccato, maledì il giovane, che aveva osato uccidere la sua stessa carne, colui che gli aveva trasmesso. Come per le altre versioni lo legò, lo frustò e gli mise in spalla il sacco con dentro suo padre, condannandolo a vagare per sempre inseguito dal suo cane che lo avrebbe tormentato ogni volta che si sarebbe fermato. Gli unici momenti di pace che avrebbe avuto sarebbero stati quelli in cui avrebbe fischiettato la scala musicale.
    Comunque si racconti la storia di El Silbon, sono molti in Colombia e Venezuela a credere nella sua esistenza e c'è addirittura che afferma di averlo visto nei boschi durante i periodi di siccità.

    El Silbon si siederebbe per alcuni istanti sui tronchi caduti degli alberi e ucciderebbe i drogati e gli ubriachi che incontrerebbe, colpevoli come lui di aver vissuto una vita dissoluta facendo soffrire la propria famiglia. Aspirerebbe la carne e il sangue dall'ombelico e metterebbe le ossa nel suo sacco assieme ai resti di suo padre. Viene descritto come un gigante alto oltre 4 m che emette un sibilo agghiacciante e fruscii (quando non fischietta), è vestito di stracci, è molto magro e pallido. Porterebbe un cappello e ovviamente un sacco sulle spalle.
    È convinzione di molti che i suoi fischi siano ingannevoli: se si sente una melodia nelle vicinanze non ci sarebbe alcun pericolo perché in realtà è lontano, ma più il suono è distante e più sarebbe. Alcuni pensano che sentire il suo fischio sia un presagio di morte, ma che può esse scongiurata se dopo si sentirebbe il latrato di un cane.
    Si dice anche che in certe notti il Silbon appaia nei pressi di una casa, dove poserebbe il sacco e si metterebbe a contare le ossa una per una; se una o più persone si fermerebbe od osservarlo e ad ascoltarlo non succederà nulla, ma se si scapperebbe all'alba un membro della famiglia morirà.
    La leggenda Silbon sembra essere nata nelle pianure di Guanarito, in Venezuela, per poi spostarsi verso le pianure di Barinas e Cojedes e infine spargersi a macchia d'olio in tutto il Sudamerica. Da qualche parte lo spettro di un ragazzo vaga per effetto di una maledizione per aver tradito la propria famiglia… Certo che se davvero esistesse e se ucciderebbe tutti quelli che fanno del male ai propri cari il suo sacco sarebbe davvero enorme!

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    I MOSTRI DEL LAGO MAGGIORE



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    Ogni lago che si rispetti nasconde misteri e segreti, e se anche così non fosse li si deve creare per il suo buon nome. Immaginate una creatura di almeno due metri e simile ad un serpente, descrivetela come mostruosa e pericolosa per la gente, aggiungete qualche scatto sfocato di qualche increspatura della superficie e il gioco è fatto.
    In questo modo più o meno sono nate quasi tutte le leggende sui mostri lacustri in giro per il mondo, dove luoghi turistici in difficoltà, spargendo la voce di un mostro nel lago, sono tornati ad ingenti guadagni attirando curiosi intenzionati a catturare o a riprendere il fatidico "mostro". E forse per lo stesso motivo negli ultimi anni si è fomentata la leggenda che vuole un mostro marino aggirarsi nel Lago Maggiore, pronto a ribaltare barche e ad assalire i turisti.
    Storielle quindi, dicerie studiate a tavolino da persone fantasiose o semplicemente burlone. Beh, quasi... Per quanto riguarda il Lago Maggiore forse non esisterà un "Nessie" italiano, ma qualcosa di strano sta succedendo già da un po' di tempo
    Dai primi anni del 2000 già in molti, sia pescatori locali che turisti, hanno affermato di aver visto una grossa ombra seguire la loro barca o la loro canoa e molti tedeschi, abituati a fare il bagno nella zona di Arona, ogni hanno si sentono minacciati da enormi pesci che si spingono spesso fino a riva spesso affiancandoli e urtandoli. Fino a qui non c'è nulla di strano, potremmo dire che sono casi di allucinazioni o burle, ma i misteri negli anni si sono moltiplicati.
    Nel 2003 alcuni pescatori segnalarono un mostro che per due giorni consecutivi aveva lacerato le loro reti e divorato tutti i pesci raccolti. Nel 2004 due sub avvisarono un pesce siluro gigante di oltre 2,5 m davanti a S.Caterina, a circa 50 m dalla riva. Altri due avvistamenti vennero segnalati l'anno dopo nei pressi di Ghiffa e un altro nel 2007 di nuovo a largo di S.Caterina.
    Ci sono diverse ipotesi sul fenomeno, che in mancanza di foto significative e di prove scientifiche molti considerano basato esclusivamente su esagerazioni e mistificazioni. Alcune teorie parlano di anguille giganti, alcuni dicono si tratti di storioni giganti, altri ancora pensano che i mostri avvistati siano una rara forma adulta di una specie di salamandre giganti.
    Pesci giganti quindi? Non solo.
    Il 25 ottobre 2010 nei pressi di Stresa una famiglia di turisti francesi disse che la loro barca era stata affiancata da un mostro lungo almeno 10 m e largo mezzo metro. Lo descrissero di colore marroncino con la scaglie sul dorso e piccole zampe, unica cosa che fece loro credere che non fosse un tronco o un enorme serpente. Quella non fu l'unica testimonianza di un mostro simile a Nessie e da molti decenni c'è il mito di Maggi. Eh sì, se Nessie è il nome familiare del mostro di Loch Ness, Maggi è il nome del biscione che si trova nel Lago Maggiore, o almeno così lo chiamano a Baveno. Proprio a Baverno, sul lungolago, è stata costruita una scultura del mitico mostro che infesterebbe le acque: troppo simpatico per poter essere definito “mostro”, è una realizzazione in granito rosa che permette di sviluppare la fantasia, oltre che i muscoli dei bambini che fanno a gara per arrampicarcisi sopra.
    Ma non è finita qui. Ci sarebbe il "giallo delle vongole giganti".
    Il 20 settembre del 2012 molte conchiglie giganti, grandi anche fino a 16 cm, sono state trovate sulla sponda angerese del lago creando curiosità tra i passanti e i turisti della zona. Una che ha suscitato anche un grande interesse. In molti si sono chiesti di cosa si trattasse e per quale motivo ne fossero presenti in così grande quantità proprio sulla sponda di Angera. Chi le ha notate spuntare dall'acqua non ha potuto non restare impressionato dalle loro dimensioni. A giustificarne la presenza sono intervenuti alcuni studiosi che l'hanno definita una mutazione della Anodonta woodiana, un mollusco bivalve asiatico che è stato immesso in Europa occidentale negli anni '80 e che nei fiumi del Nord Italia non è rarissimo. Peccato che nel Lago Maggiore non sono mai state avvistate prima...
    Non basta? Torniamo per un attimo ai pesci allora.
    Il 15 maggio 2013, nei pressi di Gambarogno, Giampaolo Codispoti, documentarista e sub esperto, era immerso ad una decina di metri di profondità per riprendere i molti relitti di barche e motoscafi inabissati.

    <<erano circa le 11 e c’era una discreta visibilità. D’un tratto abbiamo visto questo mostro che ha cominciato a ronzarci attorno. Benchè mi sia passato per un attimo in testa che potesse trattarsi dello squalo di turno che irrompe nel mezzo del documentario subacqueo, sono poi tornato alla ragione e ho potuto finalmente dare forma a quell'ombra che mi seguiva incuriosita: un pesce siluro di almeno due metri e mezzo! Sono 16 anni che faccio riprese subacquee, ma non mi è mai capitata un’avventura del genere.>>

    L'ultimo avvenimento misterioso in ordine di tempo è avvenuto il 18 ottobre 2013, quando un ragazzo che faceva una passeggiata sul lungomare ha avvistato nell'acqua strane macchie luminose. La segnalazione è stata riportata sul quotidiano novaratoday.it che ha pubblicato alcune immagini di un USO (Unidentified Submerged Objects, ovvero oggetto sottomarino non identificato) visto nelle acque del lago Maggiore davanti ad Arona. Ecco quanto riportato dal testimone:

    <<mi trovavo sul lungolago di Arona per una passeggiata serale quando all’improvviso ho visto una strana luce nel lago. Subito mi sono incuriosito e poichè avevo dietro il telefonino ho scattato alcune fotografie. Strane luci circolari di diverse dimensioni sono emerse dall’acqua all’improvviso. Non so spiegarmi il fenomeno, se non con il fatto che quelle luci siano ricollegabili alle entità superiori delle quali ogni tanto si sente parlare.>>

    Ora pare facile saltare alla conclusione di presenze aliene, ed è infatti così: l’entroterra del Lago Maggiore sembra essere al centro delle attenzioni di una intensa attività UFO e USO dagli anni '90 in avanti. Quella del 2013 non è la prima volta che nella zona si parla di avvistamenti del genere. E' di pochi mesi fa un'altra segnalazione ai giornali di una signora di Giffa che ha raccontato di aver visto nei cieli aronesi strane presenze nel cielo.
    Pesci giganti, molluschi sproporzionati, serpentoni e alieni. Le cose qui sono due: o la gente della zona è molto burlona oppure c'è davvero qualcosa di strano nelle acque del Lago Maggiore.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    I LAMPIONI CHE SI SPENGONO AL NOSTRO PASSAGGIO



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    Vi è mai capitato di avere l'impressione di interagire con le illuminazioni dei lampioni durante le sere in cui andate a passeggiare?
    A me a dire il vero sì e parecchie volte, ma finora ho sempre pensato che i lampioni fossero guasti, anche perchè mi capita solo a volte vedere un lampione che si spegne o cambia intensità di luce al mio passaggio. Invece pare che ci sia qualcosa di più che un semplice malfunzionamento.
    Alcune persone in tutto il mondo hanno notato che quando si avvicinano ai lampioni questi si spengono e poi passando oltre si riaccendono. Escludendo i casi in cui i lampioni sono mal funzionanti in effetti i casi di interferenza tra uomo a illuminazione stradale sono moltissimi.
    Hilary Evans, una tra i principali ricercatori di questo fenomeno ha ricevuto molte di queste testimonianze da persone di tutti i ceti sociali. Nel suo libro "The Sli Effect" ha anche osservato che a differenza di qualche altro fenomeno paranormale, questo non ha alcuna attinenza con qualche credenza di massa o implicazioni con benefici o meriti di qualche abilità soprannaturale. Le persone hanno quindi meno motivi per vantarsi di questa capacità.
    L'ingegnere elettrotecnico Bill Beaty ha spiegato la sua teoria in merito all'interferenza da lampione (Street light interference - Sli). Beaty pensa che le persone che sperimentano la Sli, soprannominati "Sliders", possono rivelarsi come dei generatori elettrici in movimento. Ha portato l'esempio dell'elettricità statica che trasmettiamo quando stropicciamo i piedi sul tappeto. Ha detto che potremmo condurre elettricità rubando gli elettroni dall'aria ogni volta che inspiriamo.
    Ma allora, se l'inalazione ci rende carichi di elettricità, perché non tutte le persone hanno lo stesso effetto sui lampioni? Beaty pensa che ci potrebbe esserci un'alterazione dei polmoni di alcune persone e renderle potenziali trasportatori di una carica.
    In poche parole alcune persone, senza saperlo, avrebbero la capacità di alterare i campi elettrici attorno a loro e inconsapevolmente i loro corpi fungono da schermo o da amplificatore di corrente elettrica. Il fenomeno dei lampioni è solo il più evidente: oltre a questo ci sono gli orologi che si fermano o vanno più veloci, alcune delle vecchie lampadine che tardano ad accendersi, televisori che via via mostrano interferenze fino a guastarsi.
    Un altro mistero celato nel corpo umano ancora ben lontano da essere svelato.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    THE FALLING BODY



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    Chi scredita questo genere di cose afferma che si tratta di una doppia esposizione o di un fotomontaggio, sta di fatto che questa foto ha fatto molto scalpore e purtroppo nessuno è stato in grado di verificare se sia vera o meno. Vi sto parlando delle fotografia diventata famosa come "The falling body" o "Il cadavere dei Cooper". Ho cercato rifermenti sul web ma ho trovato davvero poco perciò vi riporto quel che ho letto a riguardo.
    Siamo nel 1860 e la famiglia Cooper è una normalissima famiglia del Texas. I due genitori, molto premurosi verso i due figli, scelgono di trasferirsi in una casa di campagna, per scappare dalla città di Odessa, che è diventata pericolosa per chi vuol lavorare i campi onestamente. I Cooper sono benestanti, grazie ai nonni che erano pionieri alla ricerca di oro nelle valli, perciò il fatto di trasferirsi lontano dalla grande città non li turba più di tanto.
    Anzi, appena giusti nella nuova casa decidono di festeggiare e danno una festa assieme ai nuovi vicini. Una volta giunta sera e liberatisi della gente che aveva invaso casa, i Cooper decidono di immortalare quel primo giorno con una fotografia (a quel tempo le fotografie erano molto costose).
    Nessuno si accorge di niente: sembra che la foto sia una normalissima foto di famiglia, finché non viene sviluppata: un cadavere, o più plausibilmente un fantasma, sembra appeso al soffitto sul punto di cadere. Da qui il nome di "falling body".
    Tutti sorridenti e tutti messi bene a fuoco. Sarebbe una foto carina, che incornicia alla perfezione la famiglia ideale americana di quei tempi. Se non fosse per quella cosa in alto a sinistra, che rende tutto assia terrificante.
    La storia purtroppo finisce qui perchè, come ho detto, non ci sono riferimenti, ne alcun rappresentate dei Cooper ha mai voluto commentare la faccenda.
    E' quindi un falso? Possibile... Non sono però d'accordo con chi la reputa un falso a prescindere, anche perchè non è possibile verificare nulla a riguardo, pertanto il dubbio a me resta e per me questa foto è un mistero ancora da svelare.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    IL FANTASMA TORNATO A RIPRENDERE IL SUO CANE



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    Questa storia ancora oggi è molto raccontata negli USA, anche se appare più come una leggenda piuttosto che un caso realmente accaduto. Prendiamola quindi come un storiella, ma riflettiamoci comunque.
    Joe Benson era un uomo molto anziano e abitava nei pressi di Wendover,nello stato dello Utah. Era un vecchio buono e saggio e venne insignito del titolo di capo spirituale degli indiani Goshute, una tribù discendente dai più famosi Apaches.
    Oltre alla moglie e alla figlia nella sua famiglia c'era un altro componente, il suo cane Sky, che egli trattava come fosse un secondo figlio.
    Poco dopo i 60 anni Joe fu colpito da un virus molto aggressivo, che lo rese semicieco e lo debilitò nel fisico. Sky, un superbo pastore tedesco, da allora si prese cura di lui divenendo suo protettore e guida e accompagnandolo ovunque andasse il suo padrone.
    Ma la salute di Joe Benson era compromessa e negli anni a seguire continuò a peggiorare. Un giorno, verso la fine del 1962, all'età di 75 anni, egli annunciò a sua moglie Mable che sentiva che il suo tempo stava per finire e spese le sue ultime energie a mettere da parte il denaro necessario a permettere alla sua famiglia di continuare una vita dignitosa. Vendette le sue proprietà e infine, al posto del testamento, scrisse alla moglie una lettera di ringraziamento per avergli dato una vita felice e una figlia di cui era fiero.
    Dopo aver consegnato alla moglie la lettera andò a sdraiarsi nel suo letto e da quel momento il suo corpo sembrò svuotarsi delle energie rimaste. L'uomo da quel giorno non riuscì più nemmeno a scendere dal letto, ma sul suo volto c'era sempre un largo sorriso. Egli diceva di aver fatto tutto ciò che era giusto fare nella vita e per questo era pronto a raggiungere i suoi avi.
    La moglie Mable, che era anche molto saggia e buona, avvertì i parenti più cari a Joe, dicendo loro che era suo desiderio che facessero al marito un ultimo saluto.
    Alla sera stessa accorsero tutti e furono al suo capezzale, ma avendo abbandonato le tradizioni indiane da tempo per la vita di città, insistettero perché egli venisse portato all'ospedale. Nonostante le proteste del suo cane Sky, il vecchio Joe venen ricoverato nella vicina città di Owyhee, nel Nevada.
    Benson rimase all'ospedale solo per poche ore: quando i medici videro che non c'era più niente da fare, lo rimandarono a casa dove due giorni dopo, nel gennaio del 1963, morì.
    Dopo le cerimonie funebri, rigorosamente secondo el tradizioni indiane Goshute, parecchi degli amici e dei parenti di Joe chiesero di poter avere Sky, ma la signora Benson, vedendo che il cane sembrava ancora più prostrato di lei dal dolore, sentì che non era giusto cederlo, e così lo tenne con sé.
    Dieci giorni dopo, mentre faceva le faccende di casa, guardò per caso dalla finestra e vide che qualcuno stava dirigendosi verso la casa.
    Essendo sempre stati molto generosi e aperti a tutti, i coniugi Benson ricevevano sempre molte visite di vicini e amici, così, non badando molto a chi fosse quella figura, accese la stufa e mise a preparare del caffè.
    Quando alzò gli occhi comparve sull'uscio un uomo che riconobbe subito: era il suo defunto marito. Ora, chiunque si sarebbe spaventato alla vista un una persona defunta, anche del proprio marito. Ma il credo indiano è ben consapevole della presenza degli spiriti ed ella sapeva che se il marito era tornato, era per un buon motivo: o per un messaggio o per qualcosa che non aveva portato a termine.
    Fedele alle tradizioni del suo popolo, la donna lo fece entrare con molta calma e gli disse gentilmente che era morto e che non aveva niente da fare in questo mondo.
    Joe annuì e si limitò a dire:
    <<me ne vado subito, ma prima devo farmi perdonare per averti dato così tante preoccupazioni. E poi sono tornato a prendere il mio Sky. Ho bisogno di lui ancora una volta. E lui ha bisogno di me.>>
    Fece un fischio e Sky, scodinzolando gioioso arrivò di corsa nella cucina.
    <<dammi il mio guinzaglio...>> disse Benson.
    Sua moglie lo staccò dal solito gancio a cui lo appendeva alla sera e glielo porse, badando bene a non toccare il fantasma: gli indiani credono che toccare un'anima persa nel mondo terreno possa costringerla a rimanere bloccata in questa dimensione senza trovare la giusta pace.
    Joe allacciò il guinzaglio al collare di Sky e uscì dalla cucina, scese i tre scalini dell'ingresso e si avviò per il sentiero che circondava la collina.
    Dopo qualche minuto di stupore e di esitazione la signora Benson corse dall'altra parte della collina per poter vedere un'ultima volta il suo caro marito. Di Joe e Sky non c'era neanche l'ombra, ma la donna trovò a terra, alla base di un albero, il guinzaglio di Sky.
    Urban, la figlia di Joe e Mable, che abitava alla porta accanto, fu testimone della strana visita e lo confermò in una dichiarazione scritta e giurata.
    Nei giorni che seguirono i giovani del luogo cercarono il cane, ma senza risultato. Era come se Sky fosse svanito, col suo amato padrone, in un altro mondo...

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    LA BAMBOLA JOLIET



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    Di questa storia ci sono in giro pochissime notizie e piuttosto confuse, anche perchè non si riesce a risalire ne al luogo esatto dove sia la bambola ne il nome della donna che ha accettato di parlarne.
    Sfogliando i vari articoli ho scoperto che la bambola fece la sua comparsa nel marzo del 1945 in una cittadina del nord America. La città e lo stato non sono citati, ma si tratterebbe di un piccolo nucleo urbano che al tempo era prevalentemente popolano di contadini e contornato da grandi distese boschive.
    In ogni caso parliamo della bisnonna di Anna G., altro punto interrogativo perchè l'abbreviazione del cognome non permette di risalire all'identità dalla ragazza che ha raccontato la storia di Joliet.
    Nel 1945 la bisnonna aspettava un bambino e viveva tutto sommato una vita felice, soprattutto da quando il marito fu rimandato a casa dopo una missione di guerra in cui rimase ferito ad una gamba. La ferita ci mise parecchio a guarire e l'uomo rimase lievemente offeso, ma dato il momento critico la donna era felicissima di riaverlo a casa.
    Lo stesso non si poteva dire di molte altre famiglie che nella Seconda Guerra Mondiale persero uno o più membri della loro famiglia e in quel periodo piangevano la loro scomparsa. Tra di loro c'era una coppia amici della donna, che persero l'unico figlio proprio in guerra e non riuscivano a trovar pace per quell'immenso dolore che li affliggeva.
    Fino a qui non c'è nulla di strano, se non fosse che la madre del soldato morto si convinse che il responsabile della morte del figlio era l'uomo tornato a casa dall'amica: da ciò che traspare dalla testimonianza di Anna G. il bisnonno era a comando del battaglione a cui apparteneva il soldato ucciso in guerra e per quel motivo veniva ritenuto responsabile della sua morte.
    I bisnonni della ragazza avevano già una bambina di tre anni e l'amica della donna volle fare un regalo alla bambina, ma tutt'altro che per piacere: all'interno della bambola cucì un biglietti scritto a mano in cui recitava una delle più malvagie maledizioni.
    A dare il nome Joliet alla bambola fu la bambina (nonna di Anna G.). La bisnonna di Anna ignorava che quel dono non era un simbolo di gioia, bensì di profonda amarezza, ma lo scoprì alla nascita del figlio. Quando la bisnonna di Anna diede finalmente alla luce il suo secondogenito, un bambino maschio perfettamente sano, nella famiglia la felicità era raddoppiata e fu data una festa faraonica per i tempi. Ma senza alcun sintomo né malattia sospetta il neonato spirò il terzo giorno di vita.
    La cosa non fu di certo collegata alla bambola, ma la coppia non riuscì mai a spiegarsi il motivo di quella morte insensata. Joliet rimase sempre in possesso della nonna che crescendo la portò nella sua nuova casa e la regalò alla figlia. Destino volle che anche l nonna ebbe un figlio maschio e che anche lui, dopo pochissimi giorni di vita, fu trovato senza vita nella sua culla.
    Poco dopo la morte del bambino la nonna iniziò ad assistere ad alcuni fenomeni paranormali che sembravano provenire da Joliet: durante la notte si poteva sentire il pianto lacerante di un neonato, a volte sembravano due, e sembravano emessi proprio dalla bambola. Joliet si spostava nelle stanze e fu spesso trovata a terra a pancia sotto, stessa posizione in cui era morto il bambino poco tempo prima.
    La donna, terrorizzata da quegli eventi si affidò ad una medium che confermò la presenza di due entità all'interno della bambola. Joliet venne benedetta con un rituale di purificazione, ma tutto fu vano: la bambola, se messa su un mobile o un divano, durante la notte cadeva a terra senza apparente motivo e di tanto in tanto la si sentiva singhiozzare o emettere gemiti.
    La nonna allora le tolse i vestiti e la esaminò: fu allora che scoprì il terribile segreto che celava l'oggetto maledetto: trovò il biglietto inserito nella bambola e scoprì che la donna che regalò Joliet allo bisnonna le augurava di vedere persi tutti i figli maschi della famiglia. Oltre a questo malediceva la sua famiglia per generazioni auspicando anche alle future generazioni lo stesso destino: come lei aveva perso ingiustamente suo figlio a causa del marito così tutti i figli maschi della sua famiglia dovevano morire.
    La prima cosa a cui penserebbe una persona spaventata è di liberarsi della bambola regalandola o distruggendola, ma la nonna di Anna, al contrario, si fece un'altra idea e decise di tenere Joliet e addirittura di trattarla come un figlio: la donna, sentendo i lamenti della bambola, i suoi singhiozzi e vedendola in posizione sempre goffe, si convinse che Joliet fosse diventate un "contenitore" per le anime dei figli maschi della famiglia e lo dimostrava il fatto che le voci provenienti dalla bambola erano di neonati. Per quel motivo volle pensare che in realtà suo figlio fosse ancora lì con lei, anche se relegato in una bambola, e che fosse giusto dargli una stanza solo per lui, con giochi e addirittura una culla dove dormire.
    Anni dopo la bambola passò nelle mani della mamma di Anna che conosceva alla perfezione la storia del fratello e di Joliet. Decise di seguire l'usanza di sua madre e fu più volte testimone dei fenomeni paranormali legati alla bambola. Ella però non credeva ad una vera e propria maledizione e diede poco peso al fatto che fosse incinta. Anche lei fu vittima della medesima tragedia: pochi giorni dopo la nascita il proprio figlio morì aggiungendo il proprio pianto disperato a quello consueto dello zio e del prozio.
    Oggi la bambola Joliet è passata ad Anna, l’attuale proprietaria che ha deciso di parlare di lei perchè da poco ha perso il suo bambino. Anche lei è convinta che l'anima del suo bambino si sia aggiunto al pianto degli altri 3 neonati e che Joliet debba essere trattata come un figlio.
    A suo dire è convinta che quello sia il destino della sua famiglia e che il fantoccio debba essere regalato alla prima figlia femmina in modo che le anime dei maschi della famiglia possano continuare ad essere curati.
    Nonostante alcuni esperti di paranormale le abbiano consigliato di distruggere e sbarazzarsi per sempre di Joliet, Anna dice di non essere in grado di farlo perché, nonostante il dolore, la bambola "ha il diritto" di essere curata come un vero neonato, è distruggerla significherebbe uccidere i neonati maschi una seconda volta. Dall'inizio della maledizione nessuna della quattro donne ha voluto finora assumersi il pesante fardello di fare ciò che forse andrebbe fatto.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    IL DIPINTO DI DELPHINE LALAURIE



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    Nel 1832 il Dr. Luigi LaLaurie e sua moglie, Delphine si trasferirono al 1140 di Royal Street nella città di New Orleans. Erano entrambi di famiglia nobile e le loro ricchezze venivano sfoggiate in frequenti feste e inviti nella loro lussuosa abitazione. Avevano una particolare predilezione per i quadri e ne possedevano a centinaia sparsi in tutta la loro casa. Apparivano come persone eleganti e raffinate ed era inimmaginabile che dietro la loro facciata di gentilezza e cortesia si nascondessero persone crudeli e capaci di orrori indicibili.
    La signora LaLaurie, si dice che avesse anche una particolare predilezione per la pratica della schiavitù e aveva di proprietà molti schiavi che dovevano occuparsi di accontentare ogni suo piccolo desiderio e che spesso sostituiva comprandoli dai mercanti che provenivano dall'Africa. Sostituiva? Sì perchè molti sparivano nel nulla. Certo, gli schiavi non avevano alcun diritto, e nessuno si preoccupava se non li vedeva più in giro. Ma i suoi continui acquisti di "carne fresca" attirarono ben presto gli sguardi di alcuni curiosi.
    Gli schiavi novizi venivano metodicamente brutalizzati per renderli sottomessi e tenerli "sotto controllo". Erano seviziati a tal punto che spesso morivano per le torture, senza che si sapesse più nulla di loro. I loro cadaveri venivano seppelliti nelle cantine, murati in una lunga galleria sotterranea.
    Il 10 aprile 1834, scoppiò un incendio in casa LaLaurie mentre loro erano fuori per affari e quando i vigili del fuoco entrarono in casa scoprirono tutto l'orrore lì nascosto. Decine di schiavi erano stati incatenati al muro in un attico segreto a cui si accedeva tramite un passaggio segreto, che però fu svelato a causa dei danni del fuoco sulle pareti. Alcuni uomini erano in gabbia e parti di corpi erano sparsi a casaccio in tutta la stanza. Mutilazioni orribili erano state perpetrate sia ai viventi che ai deceduti e alcuni schiavi gridavano di porre fine alla loro vita di dolore.
    Era uno spettacolo che nessuno in città poteva comprendere e la popolazione, disgustata, chiese che Delphine fosse portata davanti alla giustizia e messa a morte. Ma lei era scomparsa nel nulla e non fece mai ritorno dopo quell'incendio, così come suo marito. Alcune persone sostennero che i due coniugi si resero conto dei sospetti di qualcuno dei vicini, così appiccarono loro stessi l'incendio e fuggirono in Francia.
    Una folla infuriata scaricò la rabbia dell’accaduto sulla casa, distruggendo tutto ciò che tra le sue mura. Dopo questi fatti rimase un luogo abbandonato per alcuni anni, poi divenne una scuola, un conservatorio, un condominio e un negozio di mobili.
    Le misteriose storie su questo luogo iniziarono ad essere immediatamente raccontate dai nuovi proprietari ai vicini ed ai successivi acquirenti: molti hanno raccontato di aver visto il fantasma di una giovane schiava in fuga attraverso il tetto della casa e urla agonizzanti provenienti dalla casa vuota erano all'ordine del giorno. Al volgere del secolo, un residente incontrò un uomo di colore in catene. L'entità lo attaccò sulla tromba delle scale per poi improvvisamente scomparire.
    Ho detto che la folla distrusse tutto ciò che c'era nella casa. In realtà non è vero: tutto tranne un quadro che venne trovato in soffitta di quella casa. Era un ritratto di Delphine, non firmato anche se di pregevole fattura. L'autore non avanzò mai alcun diritto e ad oggi non si conosce il suo nome.
    Ciò che si sa è che il quadro risulta essere stato dipinto nella prima metà dell'800.
    Oggi la casa è una residenza privata e l’attuale proprietario tiene appeso alla parete il quadro che la ritrae al tempo della vita a New Orleans.
    Il dipinto di Delphine LaLaurie ha la fama di essere maledetto e di racchiudere in se tutto il rancore della donna per aver dovuto abbandonare la sua casa e il suo "hobby". Chi si è avvicinato al quadro racconta di aver sentito l’odore di carne carbonizzata e il suono dello strisciare di catene. Per non parlare degli occhi della signora dipinta, occhi che guardano con durezza chiunque minacci di raccontare i segreti del suo passato sadico.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    LA CASA DEGLI SPECCHI



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    Questa è una di quelle storie che va prese con beneficio del dubbio, anche perché di riferimenti su nomi e date ce ne sono pochi. Come al solito vi racconto la vicenda come una creepypasta, sebbene il luogo e l'edificio siano ancora oggi meta di molti manti del paranormale e del brivido.
    A Cadice (in Spagna), nei pressi della Torre Tavira, c'è una casa ormai disabitata da almeno una cinquantina di anni che ad un turista non dice nulla di che, ma a cui gli abitanti della città evitano di avvicinarsi. È conosciuta come “La Casa de los Espejos” (La Casa degli Specchi) e solo i ragazzini in cerca di brividi o gli amanti del mistero provenienti da fuori città cercano di intrufolarsi al suo interno forzando le inferriate delle finestre.
    Dall'esterno è tutto sommato piuttosto curata e sembra che il tempo sia molto clemente nei suoi confronti: si tratta di un'elegante casa a tre piani con un'architettura barocca e pare davvero un peccato che sia lasciata all'incuria e in totale abbandono.
    Le voci vogliono che la casa sia infestata dallo spettro di una giovane e bellissima ragazza che uccide chiunque tocchi o rompa uno dei suoi specchi che ancora sarebbero appesi alle pareti in tutta la casa.
    La leggenda, perché di questo si deve parlare, narra che all'inizio del 1900 vi andò a vivere un ammiragli della marina spagnola assieme alla moglie e una figlia avuta da una relazione precedente al matrimonio. Il lavoro dell'uomo gli imponeva spesso lunghi viaggi e di conseguenza doveva stare lontano da casa per lunghi periodi; si dice che, almeno inizialmente, la moglie e la figliastra 15enne andassero tutto sommato d'accordo, o almeno accettarono di convivere per amore dello stesso uomo.
    L'amore dell'ammiraglio per sua figlia però era superiore ad ogni altro sentimento, persino quello per la sua consorte, e ciò ben presto fu chiaro anche a lei, nonostante cercasse in tutti i modi di assecondarlo quando era a casa. Ma l'ammiraglio aveva per la sua Liana (il nome gliel'ho dato io) una vera adorazione ed era solito vantarsi con i colleghi e amici di avere come figlia la ragazza più bella della Spagna; si dice che ogni volta che partiva per un viaggio le lacrime rigassero le sue guance e che ogni volta che tornava a casa le portava uno specchio come segno del suo profondo affetto per lei e affinchè Liana stessa si rendesse conto di quanto fosse bella.
    Col passare del tempo la casa si riempì di specchi, tutti costosi e fatti amano; la ragazza si divertiva a passeggiare per la sua casa e ad osservare la propria immagine riflessa in ogni specchio, ma la cosa iniziò a disturbare la matrigna che, al contrario, doveva fare i conti con gli effetti dell'età e la bellezza che iniziava a sfiorire.
    La donna odiava dover vedere se stessa in quegli specchi perché ogni giorno che passava mettevano in risalto una ruga che prima non c'era. Quella rabbia divenne depressione e poi gelosia per la giovane e bella Liana, che al contrario diventava sempre più bella e sempre più donna; tutto sfociò in risentimento e spesso in litigi anche per le cose più futili.
    Il rapporto tra matrigna e figlia fu irrimediabilmente compromesso e all'ennesima volta che l'ammiraglio si vantò con i vicina della bellezza delle figlia, la donna si convinse a liberarsi della bella Liana. Attese che l'ammiraglio ripartisse per il prossimo viaggio, e poi avvelenò la cena della figliastra: Liana soffrì per giorni in preda a dolori lancinanti, sanguinamenti dalla bocca e dagli occhi e infine morì. La donna era convinta che togliendo la figlia di mezzo lei e suo marito avrebbero riacceso il loro amore, ma al ritorno l'uomo non ebbe la reazione sperata.
    La donna disse che Liana aveva contratto una malattia orribile e, nonostante avesse tentato ogni cura, era morta mentre lui era via. L'ammiraglio fu completamente devastato dalla perdita: si ritirò a vita privata e trascorse gran parte dei suoi giorni seduto nella camera da letto di sua figlia piangendo amaramente.
    Una sera, mentre l'uomo si stava asciugando le lacrime di dolore, gli capitò di guardare in uno degli specchi appesi alla parete della camera da letto e ciò che vide lo fece tremare di paura: al di là dello specchio c'era la figura spettrale della sua amata figlia che gli mimò il modo in cui era stata uccisa dalla matrigna. Riflessa nello specchio, vide la moglie avvelenare un bicchiere e offrirlo a sua figlia; poi vide la figura di Liana, questa volta con sangue che fuoriusciva dalla bocca e dagli occhi e infine nuovamente la moglie che gongolava al capezzale della figlia morta.
    Scioccato e pieno di rabbia, l'ammiraglio prese la sua pistola, corse al piano di sotto e uccise la moglie, per poi andare a confessare tutto alla polizia. La casa da allora risulta abbandonata, ma al suo interno le pareti sarebbero ancora coperte di specchi.
    Le persone che vivevano nelle vicinanze hanno più volte affermato che a tarda notte si potevano sentire urla agghiaccianti e pianti provenire dal vecchio edificio: dicevano che erano urla di dolore di una ragazza e che erano talmente spaventose da far loro cercare un'altra sistemazione. Alcuni affermano di ombre vaganti e di una figura eterea che di tanto in tanto si mostrerebbe attraverso le fessure delle persiane e di movimenti non ben definiti visibili attraverso le fessure nel legno degli scudi e delle finestre del terzo piano.
    Negli ultimi anni, nonostante la casa sia recintata da un muro piuttosto alto, in molti hanno scavalcato e hanno forzato le inferiate del piano terra; alcuni hanno affermato che all'interno ci siano ancora degli specchi, sebbene la maggior parte sia distrutta e in frantumi sul pavimento, ma la cosa più inquietante è che più di un curioso si è presentato in chiesa scosso affermando di aver "disturbato" l'anima di Liana.
    Qui ci sono due aneddoti che di solito si raccontano a riguardo: il primo dice che un ragazzino si intrufolò in casa per rubare qualcosa di valore, ma accidentalmente ruppe uno degli specchi e quando osservò la sua immagine nei frammenti a terra vide il volto di una ragazza morta arrabbiata che lo fece scappare a gambe levate; il secondo invece parla della sensazione di essere osservati quando si entra in casa e di poter vedere con al coda dell'occhio una figura femminile che osserva da oltre gli specchi appesi alle pareti.
    A Cadice la storia della Casa degli Specchi è molto famosa e la maggior parte di quelli che vivono nella zona non ci si avvicinano, specialmente di notte; per contro la leggenda stuzzica molti giovani e non è raro che qualcuno sfidi qualcun'altro a dimostrare il proprio coraggio nel rimanere più a lungo possibile all'interno della casa.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    FANTASMI DEL CASTELLO DI BOSA



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    Bosa è un bellissimo borgo della provincia di Oristano, nel nord della Sardegna: la parte più antica, chiamata Sa Costa, è arroccata sulle pendici del colle di Serravalle, in cima al quale si trova il Castello dei Malaspina, edificato tra il XII e il XIII secolo.
    Proprio il castello, che dall'alto domina la foce del Temo e la cittadina di Bosa, è stata protagonista di truci storie di amori negati, adulteri e omicidi ed oggi sembra che al suo interno si aggirino ancora le anime dannate che non riescono a trovare pace. Ad alimentare la fama di rocca infestata c'è poi il vicino cimitero che richiama da subito immagini tetre e soprattutto di notte si immerge alla perfezione in una ambiente molto suggestivo.
    Ci sono almeno tre leggende che aleggiano attorno al castello dei Malaspina di Bosa e tutte terminano nel peggiore dei modi.
    La più famosa parla della marchesa Malaspina, una ragazza giovane e bellissima, ma sposata ad un uomo molto geloso e iracondo che ogni volta che organizzava una festa al castello la costringeva a coprirsi il volto affinchè nessuno potesse godere della sua bellezza. Per il marchese però si presentava il problema di doverla lasciare sola quando era fuori per controllare le sue terre o per le riunioni politiche; così, non fidandosi nemmeno delle sue stesse guardie, era solito chiudere la moglie nelle sue stanze e permettere solo al personale femminile di avvicinarla.
    La ragazza, sempre più infelice e provata da quella clausura, trovò un parziale sollievo nella preghiera, ma non riuscendo a raggiungere la chiesa se non insieme al marito, si rivolse al vescovo con una lettera affinchè lo convincesse a concederle un po' di libertà. Il marchese allora fece scavare un cunicolo sotto il castello, affinchè la bella moglie potesse raggiungere la cattedrale senza incrociare lo sguardo di nessuno e ordinò alle due guardie più fidate di scortarla e di riferirgli ogni atteggiamento strano della sua consorte.
    A questo punto la leggenda prende diverse versioni: c'è chi dice che la marchesa corruppe le guardie e fece scavare un passaggio segreto affinchè lei potesse entrare ed uscire dal castello senza esser vista e successivamente si "consolò" con diversi contadini della zona; c'è chi dice che il marito era così geloso da avere il sospetto che lei lo tradisse con le guardie anche se non era vero.
    Sta di fatto che il marito si insospettì del comportamento allegro e spensierato della sua bella e un giorno la accusò di tradimento; nonostante lei negasse ogni suo sospetto, l'uomo preso dall’ira per punizione le mozzò le dita delle mani. L'uomo raccolse le dita della moglie e le avvolse in un fazzoletto che mise in tasca, poi rinchiuse la moglie nelle sue stanze ed uscì per incontrare alcuni amici. Senza rendersene conto estrasse il fazzoletto davanti a tutti e le dita rotolarono per terra rivelando le sue colpe.
    Il marchese fu imprigionato e condannato a morte, ma della marchesa non si ebbero più notizie. Alcuni dicono che sia morta poco per un'infezione, alcuni pensano che il marchese l'abbia fatta murare viva per vendetta e che sia morta di stenti; sta di fatto che negli anni a seguire e ancora oggi c’è chi giura di aver sentito una donna piangere all’interno del castello, a conferma che lo spirito di quella bella e sfortunata dama si trovi ancora imprigionato fra quelle mura.
    Una seconda leggenda, meno nota, parla di un triangolo amoroso di cui furono protagonisti un uomo e due donne di nome Letizia, Giovanni e Tonia ( i nomi sono indicativi e l'esistenza non è certa).
    Letizia divenne la baronessa di Bosa e tra lei e suo marito Giovanni chi portava i pantaloni era lei: donna avida, cinica e sanguinaria, spingeva il marito a reprimere nel sangue ogni tentativo di ribellione da parte del popolo e spremeva le caste più basse con tasse pesantissime. Si dice che non fosse molto bella e che Giovanni, uno più mite e goliardico, amasse intrattenersi con le molte fanciulle di corte. Letizia accettò quel suo modo di fare finchè le voci sulle scappatelle del marito non giunsero oltre confine e quando la donna venne screditata dagli altri signorotti e sbeffeggiata davanti alla alta aristocrazia, decise di porre fine alla questione nel peggiore dei modi.
    In quel periodo il marito Giovanni si era invaghito della giovane cortigiana Tonia e usava compiere le sue scappatelle di notte sulle rive del Temo. Probabilmente usava proprio il cunicolo segreto della marchesa Malaspina e come a lei anche a lui risultò fatale: Lucrezia fece seguire Giovanni dalle sue più fidate guardie e lo raggiunse in un prato, proprio mentre amoreggiava con la bella Tonia. Con un solo cenno del capo decretò la morte dei due e le guardie li afferrarono, li legarono a dei pesanti massi e li gettarono in acqua facendoli annegare.
    Infine l'ultima leggenda la racconta Riccardo Mostallino Murgia nel suo libro "Bosa e la Planargia" e riguarda due amanti torturati e uccisi da uno dei Signori del castello. Il signore era un uomo vecchio, brutto e zoppo, ma come ogni uomo di potere poteva vantare di splendide fanciulle con cui sollazzarsi. Un giorno, mentre si fermò nel borgo a valle dopo una battuta di caccia, vide una splendida ragazza del luogo e fece pressione su di lei affinchè lo sposasse. In principio la ragazza si rifìutò, ma al tempo a decidere chi doveva sposare era il padre, che al contrario vide ottime prospettive di guadagno e sociali.
    Costretta ad un matrimonio non voluto e con nessuna prospettiva di amore nei confronti di un uomo così brutto, la ragazza fece buon viso a cattivo gioco e si lasciò ricoprire di regali e attenzioni. Ciò che non sapeva il signore del castello era che a farle regali e donarle attenzioni era anche un giovane rampollo preso come cavaliere a palazzo. La loro passione si consumava in tutti gli angoli segreti del castello, soprattutto quando l'uomo dormiva o era fuori per le faccende politiche e sociali.
    Dopo mesi di relazioni adultere, un servo li colse sul fatto e andò ad avvertire il suo padrone, che catturati entrambi li sottopose a tortura finchè non confessarono la loro relazione. L'anziano signore, forse realmente innamorato della sua sposa, subì un duro colpo, tanto che non riuscì ad uccidere i due amanti e si limitò a rinchiuderli nelle prigioni, uno accanto all'altra, e ogni giorno si recava dai due per convincerli a giurare davanti a Dio che non si sarebbero mai più rivisti.
    Per giorni e giorni i due amanti si lamentarono, ma mai accettarono l'imposizione del loro signore. E venne il giorno in cui la rabbia prese il posto dell'amore per la sua sposa, così l'uomo, stanco di quel loro sguardo innamorato, fece condurre i due amanti sull’orlo di un precipizio e li scaraventò giù.
    La leggenda vuole che i lamenti strazianti dei due, dilaniati dalla caduta, risuonerebbero di notte su tutto il colle di Serravalle e che dopo la mezzanotte una processione di defunti lasci il cimitero per raggiungerli. Oggi c'è chi dice che tra le fila di quelle anime perse si vedano già quelle di chi, senza saperlo, morirà entro l’anno.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    IL MISTERO DI WINCHESTER HOUSE



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    <<la casa è il nostro riparo, è ciò che avvolgiamo intorno al nostro corpo e quando il nostro corpo invecchia la casa invecchia insieme a lui, quando il nostro corpo si ammala la casa si ammala insieme a lui...>>

    Chi ha visto il film o letto il romanzo di Stephen King "Rose Red"?
    Un storia davvero intrigante che parla di una casa (chiamata Rose Red) che cresce continuamente da sola e fa sparire le persone. Non mi soffermo sulla storia, ma vi dico solo che moltissimi aspetti sono stati tratti da una costruzione realmente esistente, chiamata Winchester House.
    La Winchester House è un palazzo iniziato nell'800 e si trova a San Jose, in California. Tutta la costruzione è un'immensa raccolta di stranezze ed enigmi, tanto che le sue singolarità ne fanno un palazzo unico al mondo. Porte che non conducono da nessuna parte, gradini alti 5 cm, finestre che si affacciano su altre stanze, scale che terminano contro i muri: sembra l'opera di un folle, ma sotto sotto un motivo c'è, anche non piace certamente a chi "ha i piedi per terra".
    Come ho detto questa stranissima costruzione risale all’800, un periodo nel quale la superstizione e le credenze nel paranormale erano molto diffuse; se poi venivano unite con un'ingente quantità di denaro, spesso sfociavano in costruzioni quanto meno insolite, ideate con lo scopo di scacciare o sfuggire agli "spiriti". La donna che diede la sua impronta sulla tenuta vittoriana fu la vedova Winchester, che da molti fu additata come pazza.
    Sarah Lockwood Pardee nacque nel 1837 a New Haven, nel Connecticut, in una famiglia già piuttosto agiata. Alla fortuna si associò la sua rara bellezza (era conosciuta come “la bella di New Haven”), la sua spiccata intelligenza e la sua vivacità vivacità (parlava 4 lingue e suonava il pianoforte divinamente). Una donna baciata dalla buona sorte, soprattutto quando la sua ricchezza divenne immensa il 30 Settembre 1862.
    Quel giorno infatti sposò William Wirt Winchester, erede della compagnia che producevale famose armi Winchester. Era un periodo quanto mai propizio per gli affari: la Guerra Civile era in pieno svolgimento e la Winchester Repeating Arms Company aveva sviluppato e messo in commercio il fucile Henry, il primo vero fucile a ripetizione della storia.
    Le vendite ebbero talmente successo che la ricchezza dei Winchenster in quel periodo non fu nemmeno calcolabile.
    Quattro anni dopo il matrimonio, nel 1866, Sarah diede alla luce la loro unica figlia, Anna, che però contrasse il marasma infantile e morì poco dopo essere nata. Sarah reagì nel peggiore dei modi, rasentando la pazzia. Purtroppo dopo qualche anno anche William Winchester morì a causa della tubercolosi. La salute mentale della donna fu irrimediabilmente compromessa.
    Era il 1881 quando donna si trovò seduta su un impero d’oro con pochi rivali al mondo. La donna aveva oltre 20 milioni di dollari e una rendita giornaliera di 1.000 dollari, qualcosa di paragonabile a circa 25 mila euro al giorno odierni.
    La salute mentale della donna, straziata dai lutti, peggiorò ulteriormente nei mesi successivi e un’amica le suggerì di incontrare una medium di Boston. Questa rivelò a Sarah che sulla famiglia Winchester pesava una maledizione e che gli spiriti di tutte le persone che erano state uccise con le armi da fuoco Winchester erano infuriate e gridavano vendetta. La medium le consigliò quindi di trasferirsi e di costruire una casa che avrebbe ospitato non solo lei, ma anche gli spiriti. Le raccomandò poi di non interromperne mai la costruzione, pena la sua stessa vita.
    Sarah allora si trasferì nella Santa Clara Valley in California, acquistando un casale grezzo che cominciò a costruire in un cantiere che non si fermò mai, neanche di notte, fino al giorno della sua morte.
    Non furono mai redatte mappe su cui lavorare: Sarah faceva degli schizzi su un foglietto delle stanze e dei particolari che aveva in mente e lo passava ai carpentieri che, per quanto irrazionali fossero, si adoperavano al meglio per soddisfare le sue bizzarrie (e chi non lo avrebbe fatto, con tutti i soldi che lei era disposta a spendere?).
    La donna si giustificava con gli amici e i conoscenti che erano gli spiriti a dirle di costruire la casa in quel modo. La donna, infatti, sempre seguita dalla medium, aveva imparato a contattare gli spiriti dei defunti, tra cui quello del marito, che le indicava come costruire le stanze, come arredarle e come orientarle.
    Incredibilmente la donna ascoltò e seguì i consigli dei defunti fino a far erigere una costruzione incredibilmente ampia. La Winchester House arrivò a contare 160 stanze, 2 sale da ballo, 40 camere da letto, 6 cucine, 1247 finestre e 13 bagni.
    Winchester House sembra uscita da un film di Tim Burton: colonne costruite al contrario con i capitelli a terra, finestre nel pavimento, passaggi segreti attraverso cui scomparire, porte che si aprono su pareti, scale che finiscono contro il soffitto, lucernai costruiti l’uno sull’altro, un ascensore a pistoni orizzontale, stanze completamente arredate senza accesso, un bagno accessibile soltanto dall’esterno. Il motivo? Sarah Pardee diceva che lo faceva per ingannare gli spiriti cattivi e farli perdere nei meandri della casa.
    La donna pare avesse anche un'ossessione per il numero 13, che è molto ricorrente nei dettagli della costruzione:

    •candelabri modificati a 13 bracci
    •ganci appendiabiti in multipli di 13
    •vetrate in stile Tiffany con 13 pietre colorate
    •13 fori nel copri-sifone del lavandino del bagno
    •scale con 13 gradini
    •porte con 13 pannelli
    •una grande campana che suona ogni venerdì 13, 13 volte alle 13 in punto (quando tutte le campane al mondo suonano soltanto una volta indicando l’una di pomeriggio)

    Sarah Winchester ingaggiò un esercito di lavoratori e diresse l’intero progetto da sé. Non consultò mai né architetti né ingegneri, e il risultato fu un edificio in molte parti senza senso che vennero edificate fino alla morte della donna, nel 1922.
    Le caratteristiche stranezze sono diventate il motivo per cui la Winchester House è giunta ai giorni nostri intatta e oggi rappresenta un monumento nazionale degli Stati Uniti, visitata ogni anno da decine di migliaia di persone. Sicuramente un luogo da visitare per gli appassionati di misteri.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    LA BARA ERRANTE



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    A volte nel mondo accadono cose talmente strane da superare la fantasia anche dei più fervidi sognatori. Uni questi casi accadde circa un secolo fa e il protagonista fu un uomo, o meglio... il suo cadavere.
    Charles Coughlan nacque a Prince Edward Island, sulla costa nord orientale del Canada. La sua famiglia non era ricca e lui ben presto per sbarcare il lunario si unì ad una compagnia di attori in cerca di spiccioli in cambio di spettacoli per strada. Alla fine dell'800 la compagnia si spostò a Galveston, sulla costa del Texas, per recitare in una serie di spettacoli finanziati da un ricco proprietario terriero. Proprio allo scadere del secolo, nel 1899, Coughlan si ammalò di meningite tropicale, portata da alcuni vascelli che andavano e venivano dal Brasile per commercio. Morì pochi giorni dopo aver contratto un'altissima febbre che lo portò al delirio fino alla fine.
    Coughlan non venne mai cercato dai parenti e date le precarie condizioni in cui viveva fu collocato in una bara piombata di poco valore e sepolto nel cimitero locale. Galveston, a quei tempi era una città fulcro del Texas, dove i cercatori di oro si accampavano a migliaia nella speranza di far fortuna.
    Ma la città aveva le fondamenta costruite su un terreno sabbioso e instabile e i numerosi uragani spesso creavano veri e propri disastri, costringendo molti degli abitanti a ricostruire case e baracche da capo.
    L'8 settembre 1900 fu uno di quei casi e un uragano si abbattè sulla costa creando una terribile tsunami che sommerse tutto fuorché le ville dei più ricchi, che astutamente si erano aggiudicati i posti più in alto sulla collina. La città fu completamente distrutta e morirono circa settemila abitanti.
    Molti corpi vennero trasportati dalle onde e risucchiati in mare aperto dal riflusso. Nemmeno i morti seppelliti nel cimitero poterono riposare in pace: le mura crollarono sotto la spinta dell'acqua e le bare furono strappate dalle tombe e portate via dalla corrente.
    Per otto anni la salma di Coughlan vagò, nella sua bara di legno piombato, nelle calde acque della Corrente del Golfo. Raggiunse l'estremità della Scogliera della Florida ed entrò nell'Atlantico, dove le correnti la trasportarono a nord lungo il Sud e il Nord Carolina e la costa della Nuova Inghilterra.
    Nell'ottobre del 1908, un piccolo peschereccio al largo di Prince Edward Island avvistò la malconcia cassa mortuaria galleggiante sui flutti. Qualcuno dell'equipaggio la issò a bordo servendosi di un gancio. Una targhetta di rame col nome del defunto rivelò chi fosse la salma racchiusa in quella bara erosa dall'acqua e dalla salsedine. La bara era stata tirata in secco a circa un chilometro dalla chiesetta dove un tempo Charles Coughlan era stato battezzato. Le sue spoglie furono poste in un altro feretro e ricevettero una nuova sepoltura, proprio dove il viaggio di Coughlan era cominciato tanti anni prima.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    SUCCUBI ED INCUBI, I DEMONI DEL SONNO



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    Nella nostra sconfinata mania di onnipotenza crediamo spesso che l'essere umano sia "perfetto" o quasi e lo dimostrerebbe l'incontrastata dominazione del pianeta a scapito di tutte le altre specie viventi. La realtà è molto diversa e siamo molto lontani dall'essere una creatura perfetta: l'uomo ha moltissimi limiti, sia fisici che psicologici, ma sopratutto è un essere debole, che si danneggia facilmente e che non può rigenerarsi se non in minima percentuale.
    La medicina e le migliori condizioni di vita nell'ultimo secolo ci hanno permesso di allungare la nostra vita, ma ci portiamo dietro "problemi" sin dalla nostra apparizione sulla faccia della Terra. Ci avete mai fatto caso che per ogni malattia debellata o scomparsa ne appaiono almeno una decina di nuove? Vogliamo parlare poi delle sindromi? Dei difetti genetici? Delle allergie? Dei disturbi psicologici?
    Oggi, forse anche per il fatto che stiamo superando di 7,5 miliardi di individui, molte patologie vengono a galla e gli studiosi hanno modo di confrontarsi con loro e studiarle; ciò purtroppo non sempre significa trovare una soluzione. E seppure la medicina abbia sconfitto molti morbi mortali come la peste , il vaiolo, dal difterite e la tubercolosi oggi resta ancora disarmata di fronte a molti disturbi psicologici che ci affliggono.
    Capitano a molti di noi e, nonostante oggi i dottori ci imbottiscano di medicine, spesso alcuni disturbi non riescono ad essere cancellati; parlo dei disturbi notturni, manifestazioni indesiderate nel sonno e che in alcuni soggetti possono causare gravi traumi psicologici.
    Vi è mai capitato di svegliarvi durante la notte e essere completamente immobilizzati, nonostante siate completamente coscienti? La scienza dice che soffrite di "paralisi ipnopompiche", spesso accompagnate da allucinazioni uditive o visive che possono durare da pochi secondi a parecchi minuti.
    Anche la medicina in questi casi può poco e soprattutto ne sa poco: si tratta di esperienze vivide a contenuto bizzarro e spaventoso,che si verificano all’addormentamento (ipnagogiche) o in seguito ad un risveglio (ipnopompiche). E non vuol dire che se ci capiti una cosa del genere siamo "malati": avvengono anche in soggetti perfettamente sani e almeno 40% della popolazione ha sperimentato una paralisi del sonno almeno una volta nella vita.
    Si tratterebbe di allucinazioni visive, ma possono essere anche uditive, tattili, gustative o olfattive. Ma siamo sicuri che siano solo allucinazioni?
    Sin dall'antica Roma (ma le storie sui demoni notturni giungono sin dall'alba dei tempi) si parla di creature malefiche che tormenterebbero il sonno e i sogni delle persone, causando loro non solo problemi fisici, dolori e malattie, ma addirittura la morte. Inizialmente venivano temuti, ma restavano pur sempre nelle credenze e nei sospetti della gente, ma nel medioevi presero forma come "succubi" e "incubi" e perfino al Chiesa stessa prese una posizione inequivocabile nei loro confronti.
    Nel "Malleus maleficarum" (Martello delle streghe), il terribile libro usato dagli inquisitori come linea guida nei processi alle streghe c'è una parte proprio dedicata alla casistica di queste entità malvagie che colpirebbero gli esseri umani nel sonno. Qui vi riporto un breve stralcio:

    «Nel compiere l'atto sessuale i demoni maschi sono Incubi e le femmine Succubi e questo è giudizio comune di tutti i filosofi di tutti i tempi ed è comprovato dall'esperienza delle nazioni. (...) Noi diciamo pertanto tre cose: in primo luogo che questi diavoli commettono sconcissimi atti venerei non per godimento, ma per infettare l’anima e il corpo di coloro dei quali sono succubi o incubi; in secondo luogo che, con un atto simile, ci può essere una completa concezione o generazione da parte delle donne, perché i diavoli possono portare il seme umano nel luogo conveniente del ventre della donna e accanto alla materia qui predisposta e adatta al seme. (...) In terzo luogo, nella generazione di siffatte cose ciò che avviene attribuito ai diavoli è solo il moto locale e non la stessa generazione, il cui principio non è una della capacità del diavolo o del corpo da lui assunto ma di colui al quale appartenne il seme, per cui chi è generato non è figlio del diavolo ma di un uomo.»

    Da quel momento, forse per la forte influenza esercitata dalla Chiesa con la violenza e il terrorismo psicologico, succubi e incubi sono entrati a far parte del folclore e delle credenze popolari e ancora oggi "si teme" che queste entità esistano per davvero.
    Analizziamoli un po' più in dettaglio.

    «Le succubi prendono, gli incubi danno.»

    Si potrebbe riassumere in questa breve frase la descrizione dei demoni notturni perché la succubi, ritenute entità maligne femminili, sono descritte come bellissime fanciulle formose e dallo sguardo irresistibile (a volte dotate di ali) che travierebbero gli uomini giacendo con loro e rubando loro il seme per custodirlo e maledirlo con influssi diabolici; gli incubi, descritti come la versione maschile, sarebbero invece uomini tutt'altro che belli, a volte descritti come entità umanoidi nere dalla forza immensa, con artigli e zanne che rapirebbero le donne e farebbero loro del male in maniera orribile al solo scopo di stuprarle e inserire nel loro ventre il seme "guastato" rubato dalle succubi e generare una prole in apparenza umana ma in realtà diabolica.
    Tutto ciò avverrebbe perché l'opinione comune, sin dal medioevo, era quella questi demoni della notte siano sterili e che da tali accoppiamenti riuscirebbero a creare progenie e allo stesso tempo sia "infettare " l'anima del concupito, sia generare creature più sensibili alle influenze del demonio.
    Quando l'Inquisizione perse potere e iniziò il suo declino anche la gente comune iniziò a tratte uno sospiro di sollievo e alcune figure demonizzate cambiarono lentamente aspetto: un esempio lampante furono gli incubi che nei letti d'Europa e dell'Asia occidentale divennero i famosi vampiri, affascinanti, irresistibili, bramosi di piacere e di sangue; le succubi bene o male restarono le stesse perché sin dall'inizio venivano viste come creature bellissime con cui "era un piacere" giacere.
    Oggi le figure delle succubi e dei demoni stanno perdendo un po' di significato, ma non è raro che qualcuno di notte si svegli e con al coda dell'occhio veda ombre sopra o di fianco al proprio corpo, spesso associate a paralisi notturna. La scienza afferma che si tratta di fenomeni normali, dovuti ad allucinazioni e che se la notte doveste sentire un peso sullo stomaco non c'è da preoccuparsi; c'è chi invece qualche dubbio lo nutre ancora e crede che i demoni che dalla ì infestino davvero il sonno di uomini e donne.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    LA SCOMPARSA NEL NULLA DI ORION WILLIAMSON



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    Anche se la cosa può far sorridere, perfino gli scienziati da un decennio a questa parte hanno iniziato a parlare di mondi paralleli. Si parla di "multiverso", ovvero di infiniti universi paralleli uno vicino all'altro (c'è chi li vede come "bolle" chi come piani) dove le leggi fisiche ed esistenziali possono essere diverse dalle nostre; in pratica c'è la possibilità che esistano infinite nostre copie con una vita propria e diversa dalla nostra.
    In un altro universo io potrei essere un'astronauta, in un altro un musicista, in un altro una ballerina flamenco, in un altro ancora sposato con 12 figli, ecc..
    C'è poi una variante della teoria che vuole che gli universi paralleli siano uno sovrapposto all'altro, separati da in velo invisibile e invalicabile: quindi non si tratterebbe di universi fisici ma di diverse dimensioni di esistenza, che potremmo raggiungere anche sul nostro pianeta se sapessimo come fare.
    Oggi lo dice la scienza, ma quando le gente e i giornali parlavano di persone apparse dal nulla nessuno studioso credeva fosse possibile ed etichettava il caso come allucinazione o semplicemente un falso. Invece ora si ammette il fatto che possano esistere luoghi della nostra Terra dove quella barriera tra due mondi paralleli sia molto sottile e che a volte si creino dei buchi nei quali alcune persone scompaiono o appaiono.
    I casi più eclatanti di cui si è discusso in passato sono l'uomo venuto da Taured, Rudolph Fenz, Kaspar Hauser, Jophar Vorin, Lerina Garcia, ma ce ne sono tantissimi di casi di persone sbucate dal nulla che hanno affermato di non riconoscere questo mondo come il loro.
    Qui invece voglio parlarvi del contrario, cioè del caso di una persona svanita nel nulla davanti agli occhi di parecchi testimoni.
    Selma oggi è una cittadina dell'Alabama di circa 20.000 abitanti, ma nel 1800 era poco più che un agglomerato di case di contadini e allevatori di bestiame. Nel 1954 uno dei contadini con più possedimenti era Orion Williamson, un brav'uomo amato da tutti e sempre disponibile a dare una mano alla comunità.
    Il lavoro alla fattoria era duro, ma grazie all'aiuto della moglie e del figlio riusciva a terminare le sue faccende prima del tramonto. Era un afoso pomeriggio di giugno e Orion se ne stava seduto nella sua veranda assieme alla sua famiglia e alcuni amici. Tra di loro c'erano i suoi vicini Armour Wren e suo figlio James, che ogni giorno passavano a trovare Orion per bere qualcosa assieme e far due parole dopo gli impegni nei campi.
    Il contadino di tanto in tanto dava un'occhiata al prato davanti casa. dove aveva lasciato pascolare alcuni cavalli: ogni tanto tendevano a separarsi e qualcuno si allontanava troppo per cercare un po' di ombra sotto le fronde di alcuni alberi che segnavano il confine con altre proprietà. Temendo che qualcuno di loro sconfinasse Williamson si alzò dalla sua sedia e disse a tutti che voleva radunare i cavalli e condurli nella stalla, così prese il suo bastone e lentamente iniziò a dirigersi verso il prato.
    Tutti potevano vederlo: la moglie, il figlio, gli ospiti, i vicini e perfino gli altri contadini nei campi: in fondo l'uomo era si e no a un centinaio di metri da casa e l'erba più alta arrivava al massimo alle sue caviglie.
    Orion però nel campo iniziò a comportarsi in maniera strana: più volte si fermò, come se stesse parlando con qualcuno che in realtà non c'era; a volte faceva qualche passo deciso e a volte più lentamente e sopratutto da quando era entrato nel campo sembrava non badare più al problema dei cavalli, ma avanzava in linea retta davanti a se.
    Tutti alla fattoria notarono quel suo strano comportamento e ci fu anche chi tentò di richiamare la sua attenzione per capire cosa stesse facendo, ma l'uomo, giunto a circa tre quarti dell'appezzamento, si voltò e fissò nella loro direzione per poi sollevare una braccio come in cenno di saluto. Fu l'ultima volta che lo videro perchè subito dopo l'uomo svanì davanti ai loro occhi"
    Sia Williamsons che i Wrens stentarono a credere ai loro occhi; il figlio di Orion e James Wren si precipitarono nel campo, ma l'uomo sembrava essersi smaterializzato senza lasciare traccia. Armour Wren chiamò a gran voce gli altri contadini nei campi e poi andò a chiamare lo sceriffo informandolo della cosa; iniziarono ore e ore di ricerca inutile perchè il campo non aveva erba alta o buche e la gente si spinse avanti per chilometri credendo che l'uomo avesse in realtà proseguito per chissà dove.
    Lo sceriffo in realtà trovò una serie di impronte che potevano essere ricondotte a Orion Williamson: vennero usati dei cani a cui fu fatto annusare un indumento del contadino per un certo tratto seguirono una traccia in mezzo al campo, ma tutti si fermarono dove finivano quelle impronte e apparvero confusi e disorientati, senza riuscire più ad andare avanti. Quel punto era esattamente quello dove tutti videro l'uomo svanire nel nulla.
    Oltre 300 persone cercarono l'uomo fino a notte fonda, ma non ci fu nulla da fare e quando la notizia della sparizione inspiegabile giunse ai giornali giunsero persino dei geologi alla fattoria ad ipotizzare di cedimenti del terreno nel campo. Venne scavata una grossa porzione di terreno per controllare si il campo fosse in qualche modo instabile o inusuale, ma ciò che trovarono fu C'era solida roccia, senza buchi, fessure o crolli. Nulla che potesse spiegare l'evento.
    La cosa più inquietante (se già la scomparsa non fosse abbastanza scioccante) fu che secondo quanto riferito dalla signora Williamson e suo figlio, per diverse settimane in quel campo si poteva sentire la voce di Orion che chiedeva aiuto, una voce che coi giorni diventò sempre più debole fino a svanire definitivamente. Ogni volta che lei o suo figlio la sentivano si precipitavano nel campo, ma senza mai trovare nulla. A poco a poco, la voce di Orion divenne un sussurro, poi scomparve per sempre.
    Dopo 10 giorni di ricerche infruttuose il giudice dichiarò Orion Williamson morto.
    Ma la vicenda aveva ancora in serbo un altro evento raccapricciante e misterioso: l'anno dopo, e per diversi anni a seguire, nello stesso punto dove i testimoni videro Orion scomparire, l'erba crebbe in modo anomalo o non crebbe affatto, lasciando un cerchio di erba morta che sembrava segnare il punto della scomparsa del contadino sfortunato.
    Lo scienziato tedesco Massimiliano Hern ipotizzò che Orion sia entrato in una sorta di "etere universale", cioè un buco dimensionale che si aprirebbe solo per pochi secondi distruggendo la materia che lo attraversa per ricomporla chissà dove. Un altro scienziato abbracciò in parte questa teoria e ha teorizzato un campo magnetico anomalo che abbia aperto un varco per un'altra dimensione, da cui si potrebbe tornare solo se si avesse la fortuna di imbattersi in un altro di questi campi anomali che "bucano" la barriera tra due dimensione diverse.
    C'è poi chi ha imputato il fenomeno a folletti e fate (ricordate la teoria dei "cerchi della fate", secondo cui questi spiritelli genererebbero dei portali circolare per il loro mondo?).
    Fatto sta che Orion Williamson non fece mai più ritorno.
    Molti anni dopo la storia di Williamson ispirò un autore di nome McHatten che riscrisse la scomparsa ambientandola nel 1880, cambiando il nome del protagonista in David Lang e cambiando il luogo in Gallatin.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    I FANTASMI DEL CASTELLO DI LARI



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    Chi ama visitare i castelli medievali avrà sicuramente sentito parlare del magnifico Castello dei Vicari di Lari, situato nel borgo omonimo a circa 30 km da Pisa. L'esatta data di costruzione è andata persa nei secoli, ma il castello è presente addirittura in un documento datato 732 d.C.
    Nella sua lunga storia la fortezza è passata sotto diverse famiglie proprietarie, è stata in parte distrutta e ricostruita, a volte ristrutturata e usata per diversi scopi.
    In particolare è utile sapere che a partire dal 1289 divenne un'importante roccaforte della Repubblica di Pisa che combatteva contro la Repubblica di Firenze e che per oltre un secolo seppe reggere i numerosi assalti nemici senza mai essere espugnata. Nel 1406 però Firenze conquistò Pisa e il castello di Lari divenne così dimora dei Vicari, governatori fiorentini e membri delle più nobili famiglie fiorentine che lo trasformarono nei secoli in una lussuosa residenza per i regnanti di Toscana. Fu allora che prese il nome di "Castello dei Vicari di Lari".
    La storia del castello è molto lunga e spiegata nei dettagli in molti libri, perciò io non mi soffermo oltre e vado diritto allo scopo dell'articolo; se ne volete sapere di più basta fare un ricerca sul web per avere tutte le informazioni necessarie.
    Sembra che il Castello dei Vicari sia infestato da almeno due anime in pena: si potrebbe giustificare la cosa con il fatto che la fortezza nel medioevo fu teatro di numerose e sanguinose battaglie, che venne utilizzata dai Vicari come sede del tribunale con tanto di sala delle torture, le prigioni e la sala dove chi veniva ritenuto colpevole finiva giustiziato, che è rimasto un carcere fino al 1934 e che al suo interno furono rinchiusi e martoriati centinai di prigionieri. In ogni caso tra le sale e i corridoi del castello si aggirerebbero una donna vissuta nel 1500 e un uomo morto in carcere nel 1900.
    Tra i manoscritti giunti fino a noi c'è quello di un processo epr stregoneria avvenuto nel 1594 ai danni di Gostanza da Libbiano, una donna che provò sulla sua pelle le atrocità perpetrate nelle tetre prigioni. Nella zona molti contadini e artigiani si rivolgevano a lei per un rimedio contro i malanni e le malattie: a donna infatti conosceva l’arte curativa delle erbe ed era solita mescere alcuni ingredienti naturali per alleviare i patimenti di chi non aveva altra scelta se non le sue cure.
    Nel 1594 fu inquisita per stregoneria dalla Santa Inquisizione e fu accusata di avere ucciso un giovane con i suoi trattamenti e di intrattenere rapporti con il demonio. La presunta strega fu rinchiusa per lungo tempo in una cella del castello di Lari dove i carcerieri tentarono ogni violenza possibile per farle confessare ciò che non aveva in effetti fatto. Ma a differenza di molte migliaia di prigionieri il suo spirito era forte e non cedette mai al dolore delle torture.
    Non ci fu modo di estorcerle un'ammissione di colpevolezza e in seguito alle pressioni della Chiesa di Pisa venne rilasciata per non creare un'altra martire ed inimicarsi il popolo già sul piede di guerra. La donna però subì torture talmente distruttive che rimase menomata e provata mentalmente. Venne liberata, ma confinata a tre miglia di distanza dalla sua casa, sotto pena del carcere e della frusta. Morì poco dopo in preda alla pazzia.
    Si crede che il suo fantasma ogni tanto torni nella cella dove fu tenuta prigioniera e in molti giurano di aver udito echeggiare in tutta la valle le sue urla strazianti per la disperazione. C'è anche chi parla dello spettro di una donna vestita di cenci e in catene che si trascina nelle prigioni attraversando i muri in silenzio e con al testa chinata al suolo.
    L'altro spirito dannato sembra essere quello di Giovanni Princi detto "il Rosso della Paola", rinchiuso come cospiratore e nemico politico nella cella numero 5 del castello. Era un semplice bracciante, ma finì in carcere all'inizio del 1922 perché oppositore accanito del fascismo.
    Princi fu trovato morto la mattina del 16 dicembre 1922, impiccato alle inferriate della finestra.
    La sua morte fu considerata un suicidio, nonostante sul corpo dell’uomo vennero trovati segni inequivocabili di percosse e un'evidente ferita alla testa.
    A distanza di oltre 50 anni nella sua cella fece la comparsa il fantasma di Giovanni Princi e i primi testimoni furono l’ex guardiano del castello e la sua famiglia. Si dice che la notte a cavallo tra il 15 e il 16 di dicembre di ogni anno, lo spettro del Rosso della Paola torni a manifestarsi nel castello di Lari. Molti testimoni, soprattutto tra il personale del castello afferma che di tanto in tanto si minifesta la figura di un uomo avvolto da una densa nebbia che dopo alcuni passi si dilegua nelle ombre dei corridoi del castello.
    Numerose sono le testimonianze di avvistamenti e fatti inspiegabili avvenuti all’interno del maniero, anche perchè il Castello dei Vicari di Lari oggi è un museo civico e può essere nei festivi visitato con tanto di guida. Sicuramente è un luogo denso di misteri che vale la pena visitare.

    Fonte: misteridalmondo.net
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    QUADRI MALEDETTI: THE HANDS RESIST HIM



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    Nella casistica degli oggetti maledetti sicuramente un posto d'onore ce l'hanno i quadri e di tutti i quadri che si crede maledetti questo sembra esserne il simbolo.
    Il quadro è intitolato "The hands resist him" e ha fatto molto parlare di sé a partire dal febbraio 2000, quando venne messo all'asta sul sito di eBay, presentato come un dipinto stregato portatore di una maledizione. La fama che avvolge quest'opera è talmente diffusa che anche la serie TV "Supernatural" ha omaggiato in una puntata la leggenda metropolitana del quadro maledetto, presentandolo come un ritratto di famiglia portatore di sciagure.
    Diciamolo chiaramente: il quadro è piuttosto inquietante, anche se molto curato nei dettagli; anche se non intendo di quadri non credo che sia un capolavoro artistico, ma è famoso come se lo fosse.
    Analizzandolo da "profani" possiamo suddividere il contenuto in tre parti:

    1. Sicuramente la prima cosa che balza agli occhi è il bambino dalla testa decisamente sproporzionata. Oltre a sembrare un piccolo mostro di Frankenstein, la cosa che colpisce è quella strana, penetrante espressione che ha sul viso. Un'espressione cupa, riflessiva e indagatrice che sembra entrarci nell'animo se lo fissiamo troppo a lungo. Più lo si guarda e più si ha l'impressione che anche lui ci stia guardando, e anche spostandosi in altre posizioni non c'è modo di sfuggire ai suoi occhi. E' difficile descrivere cosa si prova nel fissare la testa di quel bambino: forse paura, forse sconcerto, ma sta di fatto che quella sensazione si fa strada nel nostro animo abbastanza in fretta. Basta fissarlo un paio di minuti.

    2. Accanto al bambino c'è una bimba, almeno questa è la prima impressione che da. Osservandola meglio ci si accorge che con è una bimba in carne e ossa, ma una bambola. E' davvero strano come a prima vista si sia portati a pensare che si tratti della sorellina del bambino capoccione. E qui inizia anche lei ad inquietare: la bambola non ha gli occhi perchè le sue due orbite sono vuote e non ci sono nemmeno le ciglia. Che sia un bambola non c'è dubbio, ma cosa ha in mano? E come mai ha una posizione eretta perfetta come il bambino? La cosa fa pensare a quelle bambole assassine dei film horror.

    3. L'ultima cosa di cui di solito ci si accorge è lo sfondo, ovvero la porta a vetri. Ed è proprio osservandola che il quadro, se non lo ha già fatto prima, inizia ad inquietarci e a metterci un certo disagio. Alle spalle dei due soggetti l'assoluta oscurità è "bucata" da tante piccole manine che, a giudicare dalle varie posizioni, bussano o cercano di afferrare qualcosa... O qualcuno. Ma i due bambini dove sono? All'interno di una casa, o all'esterno? Ebbene, ce ne accorgiamo solo ora che in realtà il bambino e la bambola sono all'esterno e lo scopriamo da un piccolo particolare: i due ciuffi d'erba al suolo in fondo al quadro. Eh sì, immagino che molti di voi lo abbiano notato solo ora che quelle manine in realtà vogliono uscire e non entrare... E che sensazione vi lasciano quelle piccole mani senza padroni? Manine dal colorito grigiastro.... Manine da fantasma....

    A questo punto, dopo aver analizzato il quadro, ci potremmo chiedere:

    <<se fossi nel quadro, sarei più al sicuro all'esterno con il piccolo maniaco che ti fissa e la sinistra bambola, oppure dentro, con tutte quelle manine e i rispettivi proprietari?>>

    Personalmente non saprei rispondere.
    Bene, il proprietario del quadro lo mise all'asta su eBay nel febbraio del 2000, ovviamente con una breve motivazione: dopo averlo trovato in una vecchia fabbrica abbandonata e averlo appeso per rendergli giustizia, cambiò rapidamente opinione a causa di sua figlia di 4 anni che ogni volta che si avvicinava scoppiava a piangere e scappava via. Disse quindi di aver notato che i due bambini ( chiamiamoli così) durante la notte sembravano muoversi, così programmò una macchina fotografica per fare alcuni scatti notturni ad un tot di tempo di distanza tra uno scatto e l'altro. I due protagonisti nelle foto sembrano voler evadere dalla cornice!
    E non solo. In particolare condizioni di luce notturna sembrerebbe che la batteria tenuta in mano dalla bambola ( più avanti vi spiego perchè si è saputo che è una batteria) si fonda con una parte della porta-finestra e si trasformi una rivoltella, con cui il giocattolo antropomorfo minaccia il bambino alla sua destra costringendolo ad uscire dal dipinto, tanto che sembra che egli emerga dalla tela!
    Gli ultimi consigli del venditore furono questi:

    <<non usate l'immagine come wallpaper del computer e non mostratela ai bambini, i soggetti notoriamente più sensibili al soprannaturale. Consiglio inoltre all'acquirente di essere certo che sia sano fisicamente e psicologicamente e che possegga conoscenze, seppur rudimentali, in materia di sovrannaturale. Il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità sugli eventi futuri legati a quest'opera. >>

    Nonostante la lugubre storia e i duri avvertimenti, il dipinto trovò il suo acquirente, un misterioso “Lucky Bidder” (volle essere ricordato così) per la somma di 1.025 $ (l'offerta iniziale era di 199 $).
    Brevemente vi spiego cosa disse l'autore del quadro in un'intervista a riguardo.
    Bill Stoneham spiegò che il bambino del quadro era egli stesso, ritratto basandosi su una sua foto all'età di 5 anni; la porta dietro di lui rappresenta la linea che divide il mondo reale da quello onirico e delle possibilità; la bambola alla sinistra regge fra le mani la batteria che serve ad alimentarla ed è la guida che deve scortare il ragazzo attraverso questo mondo; infine le mani minacciose dietro il vetro rappresentano le infinite possibilità e le varie alternative di vita.
    Il “quadro maledetto”, quindi, non è altro che una metafora delle fanciullezza. Eppure Stoneham, nella stessa intervista, ricordò che sia il proprietario della galleria in cui il quadro fu esposto la prima volta che il critico d'arte che lo aveva recensito per il giornale L.A. Times, morirono entro un anno. Che il dipinto porti sul serio un po' sfiga o ci troviamo di fronte a coincidenze fortuite e poco simpatiche?
    C'è da dire che se il quadro è davvero maledetto l'acquirente vuole proprio farsi del male: a Stoneham sono stati commissionati altri due quadri che sarebbero il seguito di "The hands resist him". Il secondo quadro è intitolato "Resistance at the Threshold" che raffigura i personaggi a 40 anni di distanza, ed il terzo ha come titolo "Threshold of Revelation" come a voler configurare una sorta di trittico. L'artista sembrerebbe anche aver stipulato un accordo con l'acquirente del primo quadro per poter venderne copie autografate in tre diverse dimensioni.
    Come si dice in questi casi: non tutto il male viene per nuocere!
    E lasciatemelo dire, lo spero anche per me che mi trovo a raccontare di questo dipinto!

    Fonte: misteridalmondo.net
604 replies since 27/5/2014
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