Posts written by Leggende Miti Misteri

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    IL BAMBINO ZOMBIE



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    Questo articolo cade un po' nel macabro, perciò qualora possa disturbarvi (il titolo dice praticamente tutto) saltatelo tranquillamente. Personalmente non scrivo mai i dettagli troppo crudi, quindi già per conto mio pongo sempre delle censure a ciò che scrivo.
    Tra le molte epidemie che hanno quasi sterminato l'umanità una delle più recenti fu quella della tubercolosi che colpì Europa e America a cavallo tra il 1800 e il 1900. Al tempo la malattia era inarrestabile e tutto ciò che si poteva fare una volta contratto il morbo era assistere all'inevitabile decorso. Spesso la tubercolosi esauriva la linfa vitale dei malati e li costringeva a giorni di come prima della morte.
    Oggi gli strumenti medici permettono di capire più facilmente se una persona sia effettivamente deceduta o meno, ciò nonostante sono noti casi odierni in cui alcuni pazienti ritenuti morti si risvegliano in obitorio. Non potremo mai sapere se questo caso sia stato un madornale errore di valutazione o se effettivamente sia stato un fenomeno paranormale, ma da molti è considerato l'unico caso accertato di zombie.
    Precisiamo: non sto parlando del fenomeno cinematografico che oggi è diventato un cult: qui si intende un essere umano, un bambino per essere precisi, che pur essendo dichiarato morto, sopravvisse 5 giorni senza alcun segno vitale per poi spirare e finalmente raggiungere la pace eterna.
    Tutto iniziò nel dicembre del 1879 a Pincherville, in Pennsylvania; oggi la città non si chiama più così ma Orange, ma a noi questo importa poco. Il figlio della famiglia Bellingan contrasse la devastante tubercolosi e, nonostante i genitori fossero facoltosi e si affidarono a dei luminari, ci fui poco da fare per lui e i medici riuscirono solo ad alleviare un po' le sue sofferenze.
    Il ragazzino venne curato con medicine a base di zinco e piombo, non solo inutili, ma perfino velenose (ma allora la medicina era pressochè inesistente) e l'11 gennaio il suo cuore smise di battere. la disperazione dei genitori fu inimmaginabile ed entrambi decisero di comune accordo di non seppellirlo finchè tutti i parenti non fossero giunti per porre omaggio al loro bambino.
    Ci si aspettava, come accade sempre, che il corpo deteriorasse e che mostrasse i prima segni di decomposizione, ma dopo 3 giorni la pelle del bambino era ancora rosa, non vi era segno di rigidità del corpo e i tessuti erano ancora flessibili e morbidi. Ci fu chi gridò al miracolo e nel cuore dei Bellingan si insinuò la speranza che il bambino potesse riaprire gli occhi e tornare a vivere.
    Fu convocato il medico legale che ne aveva attestato il decesso, nuovamente l'uomo affermò che il bambino era morto, sebbene la pupilla rispondeva leggermente a fonti di luce, il che suggeriva che poteva esserci ancora un’attività cardiaco/cerebrale. Il corpo era caldo e non c'era segno di rigor mortis, eppure, nonostante i numerosi tentativi per rianimare quel corpicino, on ci fu nulla da fare. Il medico, forse interessato a documentare il caso, chiese al sindaco di Pincherville un permesso per ritardare la sepoltura perché lo considerava una situazione straordinaria.
    Il quinto giorno però avvenne una delle scene più strazianti a cui si possa assistere: il bambino improvvisamente fu scosso da forti convulsioni e quegli spasmi involontari terrorizzarono presenti. Ancora più orribile fu il fatto che in concomitanza con quegli spasmi il corpo del bambino degenerò in pochissimi minuti, assumendo un colorito cadaverico e i primi segni di sangue coagulato.
    Purtroppo, dopo quella sorta di crisi epilettica, seguirono due giorni di inevitabile orrore nel vedere il bambino irrigidirsi e diventare viola: il corpo aveva iniziato a decomporsi e fu imposta la tumulazione. Quel giorno, 18 gennaio 1880, il figlio dei Bellingan venne seppellito nel cimitero del paese, tra le urla della madre che sosteneva che fosse ancora vivo.
    Cosa successe veramente al bambino? Beh, dopo tanto tempo non è possibile rispondere, ma si pensa che sia stato un caso di morte apparente associata ad un profondo ictus; oggi forse si sarebbe potuta tentare una rianimazione efficace, ma sono solo congetture.
    Nei tempi moderni sono noti e documentati casi di morte apparente, ma questo pare sia stato il più terrificante.

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    I LAMENTI NEL CASTELLO DI GROPPARELLO



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    L'Emilia Romagna, forse per il fatto che è quasi completamente pianeggiante, è stata una delle regioni più popolate del passato e non stupisce che molti castelli, monasteri e costruzioni antiche risalgano anche a prima del medioevo. Ovviamente datare questi edifici diventa difficile e spesso ci si attiene ai documenti ritrovati nei quali essi apparvero la prima volta.
    Uno dei castelli più belli di questa regione è quello di Gropparello, che ricade proprio nella categoria di difficile datazione. Si molto della sua storia a partire dall'anno 1000 d.C. perché fu al centro di numerose battaglie, specialmente quelle tra Guelfi e Ghibellini, ma si sa per certo che fu di proprietà della Chiesa sin dall'anno 840.
    Costruito in posizione soprelevata rispetto al paesino, fu una rocca difficile da conquistare perche permetteva di scorgere in lontananza gli eserciti di nemici e prepararsi all'assedio con largo anticipo. Tra le battaglie più aspre di cui fu testimone ci fu l'assedio da parte dei Ghibellini del 1255, che vide le sue difese soccombere: agli ordini di Oberto II Pallavicino l'esercito irruppe e distrusse parte della rocca, che però venne subito ricostruita.
    Oggi Gropparello, il piccolo comune della provincia di Piacenza, conta poco più di 2.300 abitanti e tutti, anche i bambini, conoscono sia la sua storia che la leggenda del fantasma di Rosania. No, non è una battuta: il castello oggi è di proprietà della famiglia Gibelli che lo sfrutta sia per visite guidate che a scopo didattico per i bambini.
    La leggenda che si racconta vuole che nel castello si aggiri il fantasma Rosania Fulgosio, un bellissima ragazza colpevole di adulterio che venne punita nel peggiore dei modi. Anche in questo caso la data è di difficile collocazione, ma si pensa che il misfatto avvenne alla fine del 1200. A quel tempo il signore del castello era Pietrone da Cagnano, sposato alla bellissima Rosania Fulgosio.
    Come era solito a quei tempi, Rosania era stata data in sposa a Pietrone dal padre, ovviamente per fini di prestigio; la storia però si discosta dalla maggior parte delle vicende simili per il feudatario non era così brutto e vecchio come accadeva di solito. Rosania non era innamorata di Pietrone per il semplice fatto che il suo cuore era da tempo di un altro uomo, tale Lancillotto Anguissola, un capitano di ventura fedele al marchese Pallavicino.
    Rosania e Lancillotto si conoscevano sin da piccoli, ma le due famiglie erano di rango diverso e il padre di Rosania non accettò mai che i due si frequentassero, sebbene il loro amore era palese. Quando Rosania divenne castellana di Gropparello i due si persero di vista e Lancillotto segui il percorso del cavaliere a Piacenza.
    Cosa riavvicinò i due? Beh i lunghi viaggi di Pietrone che veniva costantemente chiamato a fronteggiare i nemici in battaglia. Rosania per lunghi periodi rimaneva sola al castello e la voce giunse a Lancillotto che segretamente tornò a frequentarla. L'amore di gioventù tra i due si riaccese e scoppiò un'intensa passione che si consumava ogni volta che Pietrone partiva da Gropparello.
    Le loro scappatelle però furono notate dai servi e qualcuno fece la spia a Pietrone che era la fronte in battaglia. La sorte volle che Lancillotto dovette partire per combattere una rivolta e quando pietrone tornò a casa c'era solo una persona da punire: Rosania.
    Accecato dalla rabbia, forse più per il fatto che le voci della moglie adultera erano giunte fino a Piacenza piuttosto che del tradimento in se, Pietrone meditò una vendetta tremenda: fece costruire nei sotterranei una stanza segreta, poi organizzò un sontuoso banchetto a cui invitò tutta l'aristocrazia emiliana e lì, di fronte a tutti, mostrò la sua vendetta per chi si prendeva gioco di lui. La splendida Rosania Fulgosio morì di stenti e disperazione, ma nessuno trovò mai ne lei ne la stanza segreta.
    Oggi si crede che il suo spirito inquieto ancora abiti le stanze del castello e in special modo i sotterranei. A differenza degli altri castelli infestati qui non è mai stata avvistata alcuna ombra, non una nebbiolina o figure evanescenti, ma si dice che nelle notti di vento si possa sentire una voce invocare aiuto o che piange sommessamente. Tutti credono che sia lo spirito di Rosania che chieda aiuto dalla sua stanza di morte.


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    IL GATTO-LUPO, SOLI VENTI ESEMPLARI ESISTENTI



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    Avete mai visto un lupo mannaro vero? No, certo che no!
    Allora probabilmente vi piacerà vedere qualcosa che ci assomigli e per chi di voi vuol spendere qualcosetta lo può anche acquistare e tenerlo in casa come migliore amico.
    Si chiamano "gatti Lykoi" e sembrano dei piccoli lupi mannari; ma non solo: si comportano come cani!
    Vi sto per parlare di una razza felina piuttosto recente, ma non ottenuta con chissà quale strano incrocio. Il primo esemplare è nato nel 2011 nella fattoria dell'allevatore del Tennessee Lycoi Johnny Gobble. L'uomo afferma che si tratta di una mutazione spontanea del gatto domestico e assieme alla moglie ha deciso di selezionare la razza. Sul primo gattino sono stati effettuati dei test per escludere malattie genetiche. Ne è risultata una piena saluta, ma l'individuazione di un gene che impedisce di sviluppare una piena copertura del manto.
    Questa mutazione naturale fa sì che i gatti Lykoi non abbiano i peli intorno agli occhi, il naso, le orecchie e muso e nella maggior parte del corpo il pelo rimane a chiazze.
    Ne risulta un aspetto da lupo mannaro e infatti questi gatti sono anche conosciuti come "gatti-lupo" o "gatti mannari"
    Ma questi felini non si limitano a sembrare dei piccoli lupi mannari: assumono un comportamento molto simile a quello dei cani e una personalità simile ad un cane segugio. Come i cani sono affettuosi, fedeli e sono guidati dagli odori più che la vista. Come i lupi amano cacciare tutto ciò che si muove balzando sulla preda e non tendendo agguati; si muovono spesso in gruppo e uno di loro assume il ruolo di "gatto alfa" guidando gli altri.
    Al momento sono nati una ventina di esemplari al mondo, ma nel Tennessee ci sono già 7 allevatori che stanno pensando alla loro riproduzione. Oggi sono molto rari e il prezzo dei gattini Lykoi si aggira sui 2.000 $.
    Data la difficile reperibilità è stata stilata una vera e propria lista d'attesa alla quale gli amanti degli animali interessati dovranno iscriversi sul sito internet della Gobbles per poter acquistarne uno. Si pensa però che nel giro di qualche anno questa bizzarra razza aumenti considerevolmente di numero, facendo calare anche il prezzo e permettendo l'acquisto in tutto il mondo.


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    STRATHMORE, LA FAMIGLIA MALEDETTA



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    Sì, lo so: ogni volta che parlo di un castello del Regno Unito scrivo che è uno dei più infestati del mondo. In realtà non me lo invento io, ma lo affermano giornali e credenze comuni locali. Questa volta siamo a Glamis, un piccolo villaggio scozzese situato nella contea dell'Angus, a 200 km a nord di Edimburgo.
    Di Glamis chi non è di quelle zona ricorda solo l'imponente castello, di cui la data di costruzione è andata perduta nel tempo, ma si penso molto prima dell'anno 1000. Oggi è di proprietà della famiglia Strathmore, che avrebbero ereditato una terribile maledizione gravante sui precedenti proprietari.
    Per arrivare alla maledizione bisogna andare parecchio indietro nel tempo: esattamente non è chiaro, ma forse il primo indizio risale addirittura al 1372, quando Sir John Lyon acquistò il castello di Glamis. Lyon giungeva da Forteviot, da dove ovviamente si portò alcuni effetti personali e una serie di oggetti costosi o di grande valore. Tra questi vi era uno strano calice che, secondo i documenti della famiglia, era stato trovato in una grotta nei suoi possedimenti che si era parte in seguito ad un tremendo terremoto.
    Quel calice sembra fosse al centro di strani avvenimenti e lo stesso Lyon più volte aveva affermato che nei suoi pressi venne trovata un'incisione nel terreno in cui era lanciata una tremenda maledizione: chiunque avesse spostato il calice dal luogo in cui era conservato avrebbe sofferto calamità, malattia e con la morte su tutta la stirpe. Qualcuno lo ha addirittura accostato al Sacro Graal, ma io preferisco discostarmi da questa ipotesi.
    Alla base delle sventure della famiglia Strathmore ci sarebbe quindi un maleficio molto più antico di quello che colpì la famiglia oltre 4 secoli più tardi.
    I Lyon e gli Strathmore sono esattamente la stessa famiglia: nel 1677 Patrick Lyon ricevette il titolo di Lord Glamis e quello di Conte di Strathmore e Kinghorne. Da allora il castello di Glamis fu ereditato da Patrick Strathmore che iniziò una nuova dinastia.
    Si dice che fosse uomo violento e dissoluto, ma soprattutto ossessionato dal gioco, dal bere e dalle donne. Il conte era solito selezionare personalmente la servitù femminile e spesso ne testava le capacità a letto: da una relazione con una serva nacque però un figlio deforme, un figlio bastardo che sarebbe dovuto morire come tutti quelli di altri nobili del tempo. Tuttavia proprio la deformità era al tempo considerata una cosa sovrannaturale e si credeva che uccidere una creatura mostruosa causasse sciagure e morte a tutta la famiglia.
    La leggenda dice che il bambino fosse privo del collo, gli arti deformi, ma una forza incredibile. Strathmore, terrorizzato da quella vista, ordinò che fosse rinchiuso in una stanza all'ultimo piano e che solo la madre del bambino, lui e pochissimi altri potessero entrarvi. Sempre la leggenda vuole che il "mostro di Glamis" morì solo nel 1921.
    Si dice che lo stesso conte Strathmore sia morto in una stanza attigua: una sera Patrick Lyon invitò alcuni sui creditori a giocare una partita a carte, convinto di ridurre in qualche modo i debiti di gioco che aveva accumulato. Li condusse nei sotterranei e lì giocarono per un'intera notte: qualcuno dice che avesse trovato un modo per barare dato che obbligò anche uno dei servi più fidati ad unirsi al tavolo. Sta di fatto che effettivamente riuscì a rifarsi dei suoi maggiori debiti e addirittura a guadagnare una cospicua cifra, ma il conte sembrava non voler sprecare quella fortuna improvvisa e si vantò di essere imbattibile, sfidando perfino alcuni guardia spalle dei suoi sfidanti a batterlo. Mentre i giocatori recuperavano i loro cappotti per andarsene, un uomo ammantato di nero, rimasto sempre in disparte e nell'ombra, accettò la sfida e iniziò così una sfida molto accesa al tavolo. La posta del gioco rimase un mistero, ma il padrone di casa perse la partita e dopo quella notte sparì nel nulla, così come quell'enigmatico individuo vestito di nero.
    Si potrebbe (si dovrebbe) parlare di un baro più esperto, di un uomo più attento degli altri alle mani del conte sotto il tavolo o di un aguzzino scaltro e pericoloso con cui il conte scelse di non imbrogliare, ma si dice (anche questo non è verificato), che prima che l'uomo uscisse dall'ombra il conte disse che era talmente abile al gioco da riuscire a battere perfino il diavolo in persona.
    Al di là della leggenda e delle credenze in effetti da quella sparizione iniziò nuovamente una sorta di maledizione sulla famiglia, una bizzarra serie di coincidenze che terrorizzarono chi la frequentava da vicino: ci sarebbe un segreto che deve essere tramandato solo ed esclusivamente dai padri ai figli e solo quando questi compiono 21 anni.
    Nell'anno 1900 l'allora contessa Strathmore, annoiata per le continue assenza del marito per cause politiche, volle indire un sontuoso banchetto con tanto di gara ballo. Per concludere la serata già ben riuscita ed appassionare i suoi ospiti organizzò con alcuni ospiti una gara di abilità in cui i maschi più atletici si sfidavano a raggiungere per primi ogni finestra del castello ed appendervi un lenzuolo bianco. Alla fine del gioco, quando tutti erano convinti di aver "conquistato" tutte le finestre del castello, nel cortile notarono che 7 finestre non erano contrassegnate: quella sera la contessa scoprì che alcune stanze del castello erano state murate e non erano accessibili.
    Quando il conte tornò a casa e scoprì il gioco organizzato dalla moglie, non solo reagì in maniera esagerata e violenta, ma divorziò addirittura dalla moglie.
    Pochi anni dopo, nel 1904 Claude Bowes-Lyon confessò pubblicamente che esisteva un terribile segreto che la famiglia Strathmore non dovevano e non potevano rivelare ad nessuno: solo i primogeniti maschi potevano conoscerlo e ognuno di loro faceva giuramento di non condividerlo con nessuno.
    Qui torna in auge la leggenda secondo cui il figlio di Claude, essendo più debole psicologicamente, non riuscendo più a sopportare il pesante fardello rivelò il segreto ad un giardiniere. L' uomo fuggì dal castello e non vi rimise più piede.
    Oggi l'attuale proprietaria e la discendente degli Strathmore è rimasta (forse) allo scuro della maledizione di famiglia: la discendenza maschile si è estinta ed essendo una donna non le stato rivelato del segreto maledetto. Cercò di conoscerlo e per farlo fece visita all'anziano giardiniere, ma nonostante laute ricompense e molta pressione, l' uomo non cedette e si limitò a dirle:
    «Siete fortunata a non conoscerlo. E non lo saprete mai perché altrimenti diventereste la più infelice delle donne.»
    Ultima considerazione (non mia, ma addirittura del famoso David Icke): non è detto che la maledizione si sia arrestata perché non sappiamo se i discendenti maschi delle donne di casa Lyon-Strathmore non possano essere obbligati ad averci a che fare. Giusto per capirci, la madre dell'attuale regina Elisabetta era una Lyon-Strathmore e il principe Carlo sarebbe quindi un discendente diretto. Lo scrittore cospirazionista Icke poi divaga sulla questione parlando di nobili non del tutto umani, ma sarebbero una specie di razza umanoide.
    Certo è che nell'ultimo secolo Che il numero di suicidi in questa famiglia è notevolmente alto: che ci sia ancora una strana terribile maledizione in agguato in famiglia?


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    LA RAGAZZA INTRAPPOLATA NELLA PIETRA



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    Si chiama "illusione pareidolitica" (o più semplicemente pareidolia) ed è un'illusione del nostro cervello che trasforma oggetti o profili casuali ad una forma o un volto. Capita a tutti di vedere figure, volti umani o animali nelle nuvole che ci passano sulla testa, ma la pareidolia non è una patologia, bensì la tendenza inconscia che ha l'essere umano a vedere cose a lui sconosciute in una forma più armoniosa e soprattutto nota.
    Quello di cui sto per raccontarvi è sicuramente un caso di pareidolia, ma a differenza di tutti gli altri casi c'è addirittura un'antica leggenda a supporto della insolita forma che ha assunto la pietra nei secoli.
    Siamo nella provincia di Trento, in una valle contesa dai comuni di Canazei e di Pozza di Fassa; il nome esatto è Val Contrin ed è una valle delle Dolomiti che rientra nel bacino idrografico della Val di Fassa. Parliamo di quote piuttosto importanti, dai 1700 m in su. Qui la natura è pressochè incontrastata e il paesaggio che si può ammirare è unico al mondo: torrenti, cascate, prati a perdita d'occhio, tutto contornato dall'immensa parete rocciosa della Marmolada.
    La Val Contrin è al centro di una leggenda molto conosciuta in Trentino che parla di Conturina, una ragazza talmente bella da diventare vittima dell'invidia e dell'odio.
    Un po' come la fiaba di Cenerentola, la storia di Conturina parla di una matrigna che, dopo la morte del suo ricco marito, si è trovata a crescere due sue figlie naturali, brutte e viziate, e una bellissima ragazza, ma figlia di un precedente matrimonio del defunto. L'uomo, di nobile e ricca casata, le lasciò una cospicua eredità e perfino un castello, ma le impose l'obbligo di crescere Conturina come se fosse una delle sue figlie.
    La donna, pur non risposandosi nonostante i molti cacciatori di dote, organizzava spesso feste e cerimonie al castello con l'intenzione di trovare un marito per le sue figlie: per le figlie, non per la sua figliastra.
    Molti rampolli di famiglia aristocratica giungevano alle feste e ai ritrovi, ma la maggior parte di loro non aveva occhi che per Conturina, mentre le due sorellastre erano quasi sempre al centro di sotterfugi e di burle. Ciò fece indispettire la castellana che iniziò a punire la giovane ragazza per ogni inezia e ad ogni festa che dava le ordinò di non pronunciare nessuna parola in presenza degli ospiti e di restare sempre in silenzio e con gli occhi bassi.
    In quel modo sperava di convincere i suoi ospiti che Conturina era caduta per le scale e da quel momento era diventata muta e ritardata, la contrario delle sue figlie che era fin troppo chiacchierone, a volte fino ad annoiare.
    La trovata della donna però non ebbe il successo sperato e, malgrado Conturina eseguisse i suoi ordini e non parlasse, tutti i cavalieri e i giovani in età da matrimonio non avevano occhi che per lei.
    La matrigna allora calcò la mano e aggiunse al già esagerato ordine di non parlare e non guardare nessuno in volto anche quello di non muoversi e vestire solo abiti della servitù. Iniziò anche a spargere la voce che Conturina, oltre ad essere stupida e muta, era diventata paralitica. Ma nuovamente i giovani visitatori ammiravano solo quella bellissima ragazza.
    La castellana, furente per non riuscire a trovare marito per le sue figlie che già rasentavano i vent'anni, chiese allora aiuto ad una fattucchiera di quella zone, che lanciò un potente incantesimo su Conturina trasformandola in una statua di pietra. La statua fu fatta mettere dalla matrigna in mezzo al giardino e la donna disse a tutti che la figliastra era morta cadendo nuovamente per le scale e che quella statua era stata messa lì in suo ricordo.
    Ebbene, anche così tutti i suoi ospiti non facevano altro che ammirare la statua della bella Conturina, a discapito della altre due ragazze che venivano sempre più emarginate. Data la "morte" della bella fanciulla gli ospiti al castello iniziarono a non venire più e le feste che dava la castellana divennero uno spunto per vecchi uomini viscidi e brutti per ritrovarsi e sparlare di questo e di quello: nessuno era intenzionato a prendere in moglie una delle due figlie e la castellana si convinse che era proprio Conturina a portarle sfortuna.
    Diede ordine ai suoi servitori che la fanciulla trasformata in pietra fosse trasportata sopra l’altissima rupe che domina il Passo di Ombretta e che venisse calata in una fessura della roccia e abbandonata lassù, in balia delle intemperie.
    Passarono gli anni e sia il suo ricordo che la sua tanto decantata bellezza divennero un ricordo sfocato, finchè tra i pastori, gli unici che osavano salire a fino a quella quota d'estate, si cominciò a vociferare che nella Valle Ombretta qualche volta si udisse un canto di donna.
    Si dice che una notte un soldato che faceva la sentinella sul passo udì quel leggiadro canto e riuscì a parlare con lo spirito dalla bella Conturina che gli raccontò la sua triste storia. Il soldato si offrì di aiutarla e liberarla dalla roccia, ma la giovane sventurata gli disse che la maledizione lanciata su di lei oramai non poteva più essere sciolta e nessuna forza umana avrebbe potuto liberarla da quella rupe dove sarebbe rimasta per sempre.
    Ancora oggi, gli escursionisti e i pastori che passano nella Valle Ombretta possono udire un dolce canto provenire dall'immenso costone di roccia, in ricordo della sventurata Conturina che come unica colpa ha avuto quella di essere troppo bella.
    La sua statua è ancora nascosta tra quelle rocce, ma nessuno sa trovarla.

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    LO STRANO RUMORE BIOLOGICO NELLA FOSSA DELLE MARIANNE



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    La Fossa delle Marianne è la parte più profonda attualmente conosciuta degli oceani del mondo. Perché ho scritto "attualmente conosciuta"? perché noi degli oceani conosciamo molto poco e ancor meno dei fondali oceanici. Ad oggi risolta esplorato meno del 10% dei nostri fondali.
    Questa profonda "spaccatura" della crosta terrestre si trova ad est delle isole Marianne, tra Giappone, Filippine e Nuova Guinea; è lunga circa 2.550 km, larga 69 km e con una profondità massima di 10.994 m.
    Il 26 marzo 2012 il regista canadese James Cameron ha pilotato il sommergibile Deepsea Challenger raggiungendo il fondo della Fossa delle Marianne. Cameron ha raggiunto il punto più profondo del mare, l'Abisso Challenger, dopo circa due ore di discesa dalla superficie, entrando nella storia come il terzo uomo nella storia a compiere l'impresa, il primo in solitaria e il primo civile.
    Esistono filmati e immagini di questa impresa e, come ci si aspettava, a quasi 11 km di profondità lo scenario è desolato e molto simile al panorama lunare. Cameron sperava di immortalare creature marine anche sul fondale della fossa, ma inizialmente restò molto deluso dal fatto che ci fosse solo roccia. Tutto fino a quando il registratore audio-digitale di bordo ha catturato un misterioso suono metallico.
    I ricercatori hanno analizzato la traccia audio misteriosa che rappresenta un suono forte in espansione mai sentito prima della durata di circa 3 secondi. Questo suono è suddiviso in 5 parti e comprende gemiti profondi a frequenze molto basse (38 hertz) che culminano in un suono metallico della frequenza di 8.000 hertz.
    Le analisi portano ad un'unica teoria: si tratta di un suono di origine biologica mai registrato prima e ad emetterlo è stata una creatura vivente di grandi dimensioni. Gli scienziati della Hatfield Marine Science Center di OSU, lo hanno chiamato “Western Pacific Biotwang” e pensano che si tratti di un nuovo tipo di balena mai individuata prima.
    Da questa ipotesi però molti biologi marini si sono discostati perché, a loro dire, un andamento del genere non corrisponde a nessun verso di cetacei conosciuto: il suono ha picchi di frequenza diversi rispetto alle emissioni sonore dei cetacei e ciò fa pensare che si tratti di un'altra creatura vivente.
    Allora di cosa si tratta?
    Solo in poche occasioni gli scienziati usano questa dicitura, ma a quanto apre sono convinti che il suono appartenga ad "una forma di vita aliena nascosta" nella profondità della Fossa delle Marianne, qualcosa di diverso da qualsiasi cosa mai vista prima.
    A questo punto potrei fornire decine di spunti per migliaia di casi registrati in tutto il globo, primo tra tutti il "Bloop" ( il famosissimo suono registrato che riporterebbe di una creatura gigantesca presente ne Pacifico); io però proseguo qui, nella Fossa delle Marianne, perché quel suono "alieno", a differenza di molti altri, si è ripetuto ed è stato registrato nuovamente nel 2014 sempre qui, al largo delle coste di Guam.
    Nuovamente gli scienziati hanno registrato uno strano rumore in una delle parti più profonde della Fossa delle Marianne, questa volta grazie a droni sottomarini autonomi equipaggiati con idrofoni. Anche questa volta gli studiosi sono convinti che quel suono complesso sia stato prodotto da una fonte biologica, che qualcuno ha associato ai mysticeti ( tra cui ci sono le balenottere e le megattere), ma sia nel 2012 che nel 2014 il dubbio che si tratti di un cetaceo è molto convincente: la profondità massima che una cetaceo raggiunge si aggira sui 3.000 m di profondità; anche ammettendo che qualche esemplare si inabissi ancora più a fondo, non dimentichiamo che deve respirare aria e ci impiega quasi due ore solo a scendere e risalire dai 3 km. E poi c'è il fattore pressione che è proibitivo per tutte le specie di grandi cetacei finora conosciute: ogni 10.33 m di profondità la pressione aumenta di 1 atmosfera, quindi se a 3.000 m siamo a meno di 300 atmosfere, sul fondo della Fossa delle Marianne si arriva a oltre 1.000 atmosfere, una valore insostenibile per chiunque.
    La pressione è infatti un limite anche per l'uomo ed è per questo che non monitoriamo al Fossa delle Marianne costantemente per capire chi emetta quel misterioso suono. Ci sono meno di una decina di sottomarini in grado di scendere nell'Abisso Challenger e di questi solo 3 attualmente in grado di sopportare la pressione a 10.994 m di profondità; l'autonomia è limitata e i pericoli sono immensi a quella pressione.
    Ad oggi il mistero su cosa viva là sotto permane, nonostante siamo nel 2017. L'uomo sta già pensando di andare a colonizzare mondi alieni distanti anni luce, ma ignora il fatto di non conoscere nemmeno a fondo il suo pianeta. In futuro, forse, troveremo gli alieni proprio sul nostro pianeta.


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    IL DIPINTO



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    Una creepypasta è una storiella a sfondo horror che si racconta in rete, solitamente molto realistica ma inventata di sana pianta. Ci sono moltissime pagine e forum in rete dove si possono leggere migliaia di creepypasta e qualcuna ne ho inventata anche io tempo fa. Sul sito reddit.com ne ho trovata una molto interessante, che però ho voluto fare mia prendendo l'argomento e sfruttandolo per crearne una personale. Questa volta quindi vi racconto una storiella, di quelle che si raccontano per spaventare un amico pauroso.
    Emanuele era sempre stato un ragazzo avventuroso e da ragazzino, quando vide per la prima volta in TV il film "I Goonies" si immedesimò in quei personaggi al punto da formare un groppo di amichetti e andare ad esplorare gli edifici abbandonati e i sotterranei della città. Crescendo aveva dovuto per forze di cose smettere, ma in cuor suo lo spirito d'avventura lo aveva solo accantonato, ma mai represso.
    Aveva 36 anni quando il suo capo gli disse che era necessario andare a fare dei rilievi nel vecchio Hotel Italia chiuso 56 anni prima dopo un devastante incendio e abbandonato a se stesso da molto tempo: il comune aveva deciso di ristrutturare l'edificio e trasformarlo in uffici per il Catasto.
    Assieme ai suoi colleghi Emanuele passò diversi giorni a fare misurazioni e ogni volta che metteva piede nel cortile di quel vecchio hotel c'era qualcosa che sembrava chiamarlo dall'interno. Non riuscì a resistere alla tentazione di esplorarlo, così una sera fece finta di aver dimenticato uno strumento e disse ai colleghi che sarebbe tornato indietro a recuperarlo.
    Finalmente da solo, prese dalla tasca il suo smartphone, accese la torcia incorporata, e si inoltrò nell'edificio. Porte rotte, sedie distrutte, mobili rovesciati: chissà quanti curiosi e quanti barboni frequentavano quel luogo! Nulla di interessante comunque, nulla che lo stimolasse, se non… un quadro, uno strano quadro appeso in un lungo corridoio buio che pareva stranamente intatto e in perfette condizioni, nonostante i muri erano umidi e rovinati dal molto tempo.
    Emanuele lo guardò attentamente: non che fosse un capolavoro di pittura, ma seppur dipinto con tonalità di rosso sgargianti era in fondo un bel quadro e come oggetto aveva proprio quel corridoio, con porte a sinistra e a destra e una in fondo al centro. Per un attimo ebbe l'impressione che quel quadro volesse ricordare che li guardava come era l'hotel ai bei tempi, quando era il più prestigioso della città.
    Non aveva mai rubato Emanuele, ma quello non lo reputava certo un furto: in fondo l'edificio era fatiscente e quasi ogni cosa ormai era da buttare. Nessuno se ne sarebbe accorto se lo avesse preso. Lo portò con se a casa e, dopo averlo spolverato con cura, lo appese nella sala da pranzo.
    Lo osservò con più cura: il dipinto era un disegno a colori acrilici e rappresentava un lungo corridoio con delle porte, proprio come si vedrebbe in un hotel di lusso. Le pareti erano ricoperte da una moquette tra il marrone e il rosso e a terra c'era un tappeto color rosso cremisi che copriva tutto il pavimento fino in fondo al corridoio.
    Tra una porta e l'altra c'era un lampadario in stile molto antico che emanava una luce giallastra e in fondo al corridoio il dipinto lasciava intendere che, oltre alla porta, ci fosse un altro corridoio perpendicolare ad esso che spariva dietro un angolo.
    Indubbiamente il quadro era molto realistico e se non fosse stato per la cornice in grezzo legno dorato pareva proprio una scena tridimensionale, quasi come se si potesse penetrare la superficie ed entrare effettivamente nel corridoio. L'opera non portava alcuna firma.
    Ogni volta che Emanuele andava nella sala non poteva non guardarlo: c'era qualcosa in quel quadro che attirava la sua attenzione, ma ancora non capiva che cosa. Ne era affascinato e non seppe dire quando tutto cominciò. Forse iniziò quella sera quando Sabrina e Giorgio andarono a trovarlo, forse prima; sta di fatto che solo quel giorno Emanuele si accorse che il quadro era cambiato.
    «Dove l'hai preso?»
    «L'ho trovato in un vecchio edificio abbandonato. Era coperto di polvere e ragnatele.»
    «È davvero inquietante.»
    «Inquietante? Che cosa avrebbe di inquietante?»
    «Non lo so… ha qualcosa di… ipnotico.»
    Emanuele si voltò a guardare il quadro, non capendo cosa intendesse Sabrina. Solo allora si rese conto di quella luce proveniente da dietro l'angolo in fondo e di quell'ombra sul pavimento. Si alzò dalla sedia e si avvicinò alla tela: possibile che non ricordasse quella luce e quell'ombra? Sembrava una luce come le altre, ma l'ombra era quasi certo di non averla mai vista prima.
    Toccò la superficie per assicurarsi che non era un'illusione ottica della luce nella camera, ma non c'erano dubbi: l'ombra era disegnata sul dipinto.
    «Capisci ora cosa intendo? Quell'ombra ha un non so che di inquietante… come se da dietro quell'angolo stia per uscire qualcosa…»
    "Perché non l'ho mai notata prima?" si chiese tra se e se Emanuele.
    Una settimana più tardi, mentre stava innaffiando le piante nel salone, Emanuele si voltò come suo solito ad osservare il quadro e per poco non inciampò nel suo tappeto. Aveva guardato il dipinto un centinaio di volte e questa volta ne era sicuro: il corridoio aveva esattamente 7 porte; se lo ricordava perché le aveva contate il giorno prima. Tre a sinistra, tre a destra e una al centro in fondo, tutte di legno scuro e con maniglia scintillante. Ora erano 8. Tre porte a sinistra, quattro a destra… Non aveva senso!
    "Che diavolo sta succedendo?"
    Andò in cucina, prese dell'acqua fredda dal frigo e ne mandò giù molti sorsi; poi tornò nella sala e si stropicciò gli occhi prima di ricontrollare: doveva assicurarsi che suoi occhi non gli stavano giocando brutti scherzi. Nulla, il numero delle porte era 8.
    Quella cosa lo stava mandando fuori di testa: doveva capire se stava impazzendo oppure no. Chiamò Sabrina e Giorgio e con insistenza quasi sospetta li invitò nuovamente a casa, dicendo loro che li voleva assolutamente a cena quella sera.
    «Quante porte ci sono?» chiese a Giorgio.
    «Otto.»
    «L'ultima volta che siete venuti quante erano?»
    Lui lo guardò interdetto. «Non ne ho idea. Non ricordo, ma sicuramente erano 8 come ora…»
    «Erano 7! Ne sono certo!» affermò nervosamente Emanuele.
    «Mi stai dicendo che è apparsa magicamente una porta?»
    Sabrina a quella battuta rise divertita e poi gli diede una pacca sulla spalla.
    «Emanuele, quando la smetterai di prendermi in giro? Lo sai che queste cose mi spaventano! Sì, certo, ammetto che è strano, ma non vorrai davvero farci credere che il dipinto sia cambiato in questi giorni?»
    «Eppure giurerei che fino a ieri ho contato 7 porte…» disse Emanuele sconfortato.
    «Lo vuoi un consiglio, Emanuele? Scatta una foto al dipinto in modo da poter dimostrare che non cambia nel tempo. Comunque credo tu abbia bisogno di una vacanza: forse stai lavorando troppo negli ultimi tempi e l'immaginazione ti sta facendo brutti scherzi.»
    «Ottima idea Sabrina!»
    Emanuele prese il telefonino e scattò una foto del dipinto.
    Ogni giorno Emanuele controllò il quadro. Nulla, non cambiava nulla: per tre settimane il quadro rimase lo stesso: 8 porte, una luce in fondo che lui non ricordava e un'ombra che la prima volta non aveva visto.
    Ventitre giorni dopo, mentre guardava la TV seduto sul divano, volse lo sguardo a quell'enigmatico dipinto e notò che nel corridoio in fondo c'era qualcuno! Gli si rizzarono i peli sulle braccia: questa volta ne era certo. il quadro aveva qualcosa che non andava.
    Si alzò in piedi e, stando ben lontano dal quadro, lo fissò attentamente: non riusciva a capire di che si trattasse, se fosse una donna o un uomo, ma quella figura stilizzata era in fondo al corridoio e sembrava disegnata in modo da avanzare verso la superficie del dipinto. Le forme erano appena accennate, i bordi evanescenti e il colore grigio scuro, ma quella cosa era indubbiamente apparse sul dipinto. E a conferma di ciò, dove prima c'era l'ombra, ora non c'era che luce.
    Quella figura spaventò Emanuele più di ogni altra cosa avesse provato nella sua vita, tanto che non aveva nemmeno il coraggio di passare davanti a quella figura per andare in camera. Una figura tozza, un po' sbilenca, come alcuni disegni affrettati di un fumettista: era avvolta nell'ombra e non si capiva che volto avesse, ma Emanuele si convinse che fosse il diavolo o qualcosa di estremamente pericoloso.
    Prese il cellulare dalla tasca, aprì le foto salvate: non c'era più alcun dubbio, il quadro si arricchiva di particolari ma mano che passava il tempo! Scattò un'altra foto al quadro, poi trovò il coraggio di correre in camera e lì rimase tutta la note seduto sul letto a riflettere sulla sua sanità mentale. Che cosa doveva fare? liberarsi del quadro? E se quel qualcosa si fosse vendicato? E fosse invece uscito dal dipinto per ucciderlo nel sonno? No… non poteva addormentarsi… Ma era certo di dover far qualcosa.
    La mattina, ancora prima di uscire dalla camera, Emanuele mandò una e-mail a Giorgio e gli allegò due foto: una scattata davanti a loro e una scattata la sera prima, con la figura nel corridoio.
    Dopo nemmeno 5 minuti gli giunse un sms dell'amico:
    "Il file è danneggiato. Non riesco a vedere la seconda foto."
    Emanuele cercò di mandarglielo tramite il telefonino, ma Giorgio aveva ragione: ogni volta che provava a mandargli l'immagine, in qualche modo l'invio falliva.
    Trovò le forze di tornare nella sala a con terrore alzò lo sguardo a fissare il quadro: la figura aveva fatto alcuni passi e ora era a metà del corridoio, decisa ad uscirne! I colori erano cambiati e tutto lso fondo ora era più brillante e di un misto di rosso e arancione accesi, quasi come se tutto dovesse prendere fuoco da un momento all'altro.
    La figura nel corridoio ora si stava delineando: capelli lunghi o e neri, in apparenza dipinti da una punta fine; gli occhi erano poco più che punti neri opachi sotto l'ombreggiatura della fronte; quella cosa sorrideva ed erano visibili i denti bianchi aperti in un sorriso aperto come quello dei bambini. Le braccia erano ora aperte a toccare le pareti del corridoio e un piede era avanti dell'altro, chiaramente a confermarne l'intenzione di continuare a camminare.
    Emanuele non ce la fece: quella scena aveva superato il suo limite di autocontrollo e vide tutto appannato. Si appoggiò ad una sedia, ma il suo peso lo fece cadere a terra e perse i sensi.
    Riaprì gli occhi e la luce entrava intensa dalla finestra della sala. Era tardi, forse oltre mezzogiorno. Emanuele si alzò a fatica da terra, sollevò la sedia e la mise al suo posto. Non aveva il coraggio di voltare lo sguardo al dipinto, ma qualcosa gli diceva che doveva farlo.
    La figura era in primo piano e il suo viso ora quasi completamente delineato: un uomo dai capelli lunghi, con occhi neri come la pece, un sorriso diabolico stampato in viso e le mani con lunghi artigli. Ora la figura era in posizione ferma, con entrambe le gambe allo stesso livello e aveva un braccio piegato e la mano destra chiusa a pugno come se stesse bussando contro il vetro del quadro.
    La base del quadro ora aveva i bordi bluastri, che assieme al rosso acceso dello sfondo creava un effetto violetto.
    Stava per arrivare l'ultimo cambiamento, di questo Emanuele ne era sicuro. Il prossimo sarebbe stato l'uscita dal quadro. Emanuele decise di scappare di casa: non sapeva se sarebbe mai più tornato, ma era certo che doveva andarsene.
    Corse in camera, si vestì velocemente e prese le chiavi, poi velocemente andò alla porta. Mise la mano sulla serratura quando… quando la vide: da sotto la porta, dal pianerottolo, proveniva una luce bluastra, a tratti color violetto intenso.
    «Il mio nome è Emanuele e ciò che sto scrivendo è quello che mi è accaduto fino ad oggi…»
    Così inizia il foglio scritto a amano trovato nell'appartamento di Emanuele. Non venne mai più rivisto e ciò che vi ho raccontato è ciò che lui scrisse su quel foglio. Quando la polizia entrò in casa chiamata dai suoi amici Sabrina e Giorgio di lui non c'era più traccia, solo un mazzo di chiavi a terra nel corridoio.
    Vi chiederete del quadro. Beh… Il quadro è un dipinto normalissimo: un corridoio simile a quelli degli alberghi di lusso, con uno svincolo al fondo; ci sono 7 porte, tre a sinistra, tre a destra e una in fondo al centro; le pareti sono ricoperte da una moquette tra il marrone e il rosso e tra una porta e l'altra c'è un lampadario illuminato in stile antico. Non è nulla di che; ora è appeso in casa mia, ma c'è qualcosa di strano e vorrei tanto che qualcuno venisse a dargli un'occhiata…

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    LA RANA DEL LEGNO, L'ANFIBIO CHE SI IBERNA



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    Recentemente è tornato a far notizia un vecchio video caricato in rete nel quale si vede un pesce congelato che, dopo essere stato rimesso in acqua, torna "magicamente" alla vita, riprendendo apparentemente tutte le sue funzioni vitali.
    Pur destando i sospetti di molti perché caricato su diversi siti di intrattenimento e non scientifici, chi lo ha controllato in modo più accurato è del'opinione che sia genuino e che non vi sia manipolazione delle immagini e che in effetti quel pesce abbia riacquistato la vita nonostante fosse congelato.
    C'è un trucco? Sì, ma è spiegabile scientificamente.
    Il pesce in questione è un esemplare che vive in mari caldi e venduto nei supermercati e non un pesce dell'Artico o Antartico ( riprendo il discorso verso la fine dell'articolo), quindi non possiede caratteristiche particolari da permettergli di vivere a basse temperature; tuttavia è molto probabile che prima del video fosse vivo in una bacinella e che si stato messo in un abbattitore il tempo necessario a far gelare lo strato superficiale.
    Si parla quindi di pochi istanti a parecchi gradi sotto zero, il che non causerebbe la morte, ma solo un blocco delle attività che il pesce ha ripreso lentamente quando è stato immerso nuovamente nell'acqua. Ciò che è molto probabile è che prima l'inserimento nell'abbattitore e poi nuovamente un'immersione in acqua abbia causato due grandi sbalzi termici devastanti sul suo corpo ed è altrettanto probabile che non sia sopravvissuto più di qualche minuto.
    Un piccolo trucco per creare un video di sorprendente effetto quindi. Ma la natura è ancora più sorprendente e in effetti esistono creature in grado di sopravvivere a temperature sotto zero anche per mesi. Tra di esse ce n'è una che sembrerebbe la più improbabile, ma anche la più specializzata.
    Il suo nome scientifico è "Lithobates sylvaticus", ma è anche conosciuta come "rana sylvatica" o "rana del legno".
    Vive soprattutto in Canada e Alaska, dove con l'arrivo dell'inverno le temperature calano drasticamente rendendo praticamente impossibile la vita normale a gran parte delle creature che abitano a quelle latitudini.
    Per eludere la morte questa rana trascorre gran parte della sua vita in uno stato di "quasi congelamento" per superare al meglio l’inverno. La rana del legno ha infatti sviluppato la capacità di interrompere il proprio ciclo vitale all’approssimarsi dell’inverno, per poi all’arrivo della primavera e ovviare anche al problema della scarsità cibo.
    Ma come riesce a sopravvivere in queste condizioni per mesi?
    Quando la temperatura si fa troppo bassa per il suo standard di vita normale, il suo corpo reagisce liberando una sorta di antigelo in tutto il sistema circolatorio; ciò è possibile trasformando il glicoceno del fegato, una sostanza di riserva appositamente accumulata dal corpo dell'anfibio nei mesi più caldi. In questo modo lo zucchero fa da antigelo vero e proprio e la rana non gela nemmeno a temperature intorno allo zero. Ma non basta: questa rana è specializzata anche per affrontare temperature ben più basse (può sopportare fino a -8 °C senza subire danni) e se la temperatura si abbassa sotto lo zero essa può letteralmente ibernarsi diventando dura come legno ( da cui l'appellativo).
    Durante il rigido inverno la rana del legno azzera i parametri vitali: nessuna respirazione, niente battito cardiaco né circolazione, totale mancanza di attività cerebrale. Con il sopraggiungere dalla primavera e il conseguente innalzamento della temperatura nel corpo avviene il processo di scongelamento e le normali attività fisiologiche riprendono nel giro di qualche ora.
    Questo anfibio negli ultimi anni è oggetto di studi di molti biologi che cercano di carpirne i segreti per ricrearne in futuro l'effetto anche nell’uomo in previsione di viaggi spaziali o nell'attesa che qualcuno scopra la cura per una malattia mortale o l’elisir di immortalità.
    La rana del legno è la specie più conosciuta a ibernarsi quando le temperature scendono, ma molti altri animali hanno escogitato trucchi simili per non morire a causa delle base temperature: alcune specie di insetti sviluppano anticongelanti naturali, come glicerolo o sorbitolo che consentono di abbassare il punto di congelamento dei fluidi corporei e resistere al di sotto dello zero. I pesci-ghiaccio dell’Antartide della famiglia Channichthyidae invece producono proteine antigelo che si legano ai microcristalli di ghiaccio in formazione impedendo danni alle cellule.
    La natura cela ancora moltissimi segreti, alcuni dei quali potrebbero aiutarci a diventare creature migliori e soprattutto permetterci di rimediare a gravi torti che commettiamo ogni giorno nei suoi confronti.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    NECRONOMICON, IL LIBRO PROIBITO



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    Il Necronomicon non è mai esistito! Eppure il suo nome è conosciuto in ogni angolo del mondo.
    Il Necronomicon non è mai esistito! Eppure esistono moltissime versioni (romanzate) acquistabili.
    Il Necronomicon non è mai esistito! Eppure studiosi, occultisti e perfino la Chiesa stessa cala in un profondo imbarazzo quando lo si cita.
    Ma il Necronomicon non è mai esistito…


    Quanti di noi hanno sentito parlare di Necronomicon? Sono certo tantissimi, ma cosa è realmente? Beh, qui si fa un po' di confusione in effetti.
    Scienza e religione in casi come questo trovano un accordo: l'essere umano è una creatura evoluta, razionale e concreta e non può credere che esista un libro che parla di demoni, di formule per evocarli e di strani rituali per ricevere protezione o servigi da creature ultraterrene…
    Mmmm… Fosse solo un pensiero scientifico ci potrebbe anche stare, ma quando è la Chiesa a scagliarsi fortemente contro libri del genere la cosa fa riflettere. Ci arriverò alla religione, ma voglio procedere per passi.
    È opinione di tantissima gente che il Necronomicon sia uno "pseudobiblium", cioè un libro mai scritto ma citato come se fosse vero in libri realmente esistenti: in pratica sarebbe un oggetto fittizio creato dallo scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft per dare una maggiore incisione ai propri racconti.
    A dimostrare questa teoria (questa è storia e andò effettivamente così) lo stesso Lovecraft fu quasi costretto, a un certo punto, a confessare che il Necronomicon era una sua invenzione quando si accorse che troppi suoi lettori lo avevano preso sul serio; si dice addirittura che fosse perseguitato da studiosi di tutto il mondo che lo assalivano ogni volta che provava ad uscire di casa.
    Io sono un credulone e non faccio testo, ma per dovere di cronaca devo raccontarvi anche l'altra versione, quella fantasiosa, quella impossibile da accettare.
    Lo stesso Lovecraft affermò che il Necronomicon sarebbe un testo di magia nera redatto da Abdul Alhazred, vissuto nello Yemen nell'VIII secolo. Il titolo originale del libro era "Al Azif". A differenza di quello che si dice oggi, ovvero che significhi "Libro dei Nomi dei Morti", lui ha sempre affermato che significhi "La descrizione delle Leggi dei Morti", dalle parole greche "nekros" (cadavere), "nomos" (legge) ed "eikon" (immagine, descrizione).
    Se volessimo tracciare una linea storica del libro dovremmo cominciare dall'anno 730, quando Abdul Alhazred iniziò a scriverlo. Il titolo originale dell'opera era "Al Azif" e venne scritta dopo un viaggio di Alhazred fra le rovine di Babilonia e le catacombe segrete di Memphis, ma soprattutto dopo aver trascorso 10 anni in completa solitudine nel grande deserto dell'Arabia meridionale, il Raba El Khaliyeh, creduto dagli arabi un luogo di spiriti malvagi.
    Alhazred poi si trasferì a Damasco e sulla sua morte, nel 738 d.C., si racconta un aneddoto orribile: Ibn Khallikan, un biografo del XII secolo, scrisse:
    «Venne afferrato in pieno giorno da un mostro invisibile e divorato in maniera agghiacciante di fronte ad un gran numero di testimoni gelati dal terrore.»
    Abdul Alhazred fu spesso additato come pazzo o vaneggiatore, soprattutto per il fatto che dopo aver scritto l'Al Azif iniziò da adorare divinità sconosciute che lui chiamava con nomi mai sentiti fino ad allora, come Yog e Cthulhu.
    Dopo la sua morte il libro ebbe un destino travagliato, ma venne considerato abbastanza attendibile da essere tradotto dapprima in greco e poi in latino. Molti si prodigarono nella stesura del Necronomicon e di copie nei secoli a seguire ne furono fatte circa una ventina, fino al 1228, quando l'ennesima fu redatta dal danese Olaus Wormius, che ne fece una traduzione latina basata sulla versione greca di Fileta.
    L'idea non fu affatto felice perché il suo tentativo di diffusione fu aspramente represso della Chiesa, che addirittura lo condannò al rogo per eresia. Quattro anni più tardi, nel 1232, Papa Gregorio IX ordinò la distruzione di molte opere ritenute eretiche e tra queste tutte le copie in greco e latino del Necronomicon.
    Le copie originali in arabo però si salvarono e videro due nuove traduzioni: una alla fine del XV secolo in caratteri gotici (probabilmente in Germania) e una nel XVII secolo (probabilmente in Spagna).
    Per non annoiarvi arrivo quasi alla fine, ovvero al padre di H.P. Lovecraft. All'inizio del 1900
    Winfield Lovecraft era membro della Massoneria Egiziana, che ancora oggi conserva una tradizione occulta piuttosto antica espressa in rituali molto diversi da quelli della massoneria comune. Al padre di Lovecraft venne insegnato a leggere gli estratti del Necronomicon ottenuti dai capi del culto dai seguaci di Cagliostro.
    Howard Phillips Lovercraft, nato nel 1890 a Providence nel Rhode Island, ebbe modo di consultarli più volte e di radunarli in un tomo che prese appunto il nome "Necronimicon".
    Nel 1927 Lovecraft lo terminò e qui vi riporto la prefazione:
    «Ascolta ciò che ti dice Abdul Alhazred:
    gli Antichi Dèi han posto i Maledetti
    in sonno. E chi manipola i sigilli
    e i dormienti ridesta, è maledetto anch'egli.
    E dico ancora: qui chiuse son le càbale
    in cui s'asconde il torbido potere
    d'infrangere i sigilli millenari
    che serrarono Cthulhu e la sua orda.
    Ho perso
    tutta la vita per delucidarle.
    La notte s'apre sull'orlo dell'abisso.
    Le porte dell'inferno sono chiuse:
    a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo
    si desterà qualcosa per risponderti.
    Questo regalo lascio all'umanità:
    ecco le chiavi.
    Cerca le serrature: sii soddisfatto.
    Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred:
    per primo io le ho trovate: e sono matto.
    Abdul Alhazred»

    In realtà Howard Phillips Lovercraft morì a 46 anni e molte delle sue opere non erano ancor state pubblicate: il libro uscì alla ribalta nel 1941, quando un antiquario di New York, Philip Duchesne, mise nel proprio catalogo un riferimento al Necronomicon, di cui forniva la descrizione e fissava il prezzo a 900 $.
    Da allora la crescente popolarità del libro e l'enorme domanda registrata presso i bibliotecari convinse molti scrittori a reinventarlo. Nonostante chi li scrisse studiò la vita di Lovecraft, la storia e le sue opere, ciò che è giunto nelle nostre biblioteche sono solo versioni personalizzate del testo reale (un po' come i miei articoli che sono una rivisitazione di argomenti già scritti).
    Si dice che una copia, unica vera traduzione esistente dell'edizione originale araba, si troi nella biblioteca della grande lamaseria della Città Senza Nome, in Mongolia.
    Si dice che due delle copie rivisitate siano nella Biblioteca Vaticana a Città del Vaticano: un'edizione tedesca in caratteri gotici della traduzione di Olaus Wormius e un manoscritto greco traduzione di Teofilatto dell'Al Azif.
    Si dice… Si dice… Ma come mai tanto interesse per un libro che potrebbe essere considerato ne più ne meno che un libro di fiabe o di fantascienza?
    Perché nel secolo scorso sono state fatte alcune scoperte sconcertanti che sembrano essere più che semplici coincidenze. Ora qui vi riporto nuovamente pochissime righe a riguardo, ma di riferimenti storici in rete e nelle biblioteche se ne trovano parecchi.
    Tra il 1987 e il 1990 a Kut-al-Amara, un piccolo centro abitato dell'Iraq sud-orientale sul fiume Tigri, gli archeologi rinvennero un tempio sotterraneo perfettamente conservato; dentro questo tempio, che aveva la forma di uno ziqqurat rovesciato è stata rinvenuta una grande quantità di tavolette di argilla in lingua sumera. Ribattezzate immediatamente "tavolette di Kutu", sono state tradotte dal professor Venustiano Carranza dell'Università di Città del Messico, una delle massime autorità mondiali nel campo della storia assira. I risultati a cui ha portato questa traduzione sono stati a dir poco sconvolgenti: i Miti di Chtulhu, collegati al Necronomicon di Lovecraft, facevano parte della religione e mitologia sumero-babilonese.
    Fu anche trovata un'edizione danneggiata dell'Enuma Elish, il Poema della Creazione babilonese, e numerosi riferimenti ai cosiddetti "Grandi Antichi" del Necronimicon: Azatoth, Yogsothoth, Hastur, Nyarlathotep, Shub-Niggurath, ecc.
    Il contenuto delle tavole di Kutu, secondo l'eminente studioso messicano, si era irradiato nella cultura occidentale ben prima dell'VIII secolo d.C., secolo a cui Lovecraft aveva datato la scrittura dell'Al Azif da parte di Abdul Alhazred.
    In poche parole quelle scoperta hanno dimostrato l'esistenza di un culto di Dei molto simili a quelli citati da Lovecraft e, andando a ritroso nel tempo, viene da pensare che la storia di Abdul Alhazred possa essere in qualche modo.. vera!
    Cosa conterrebbe il Necronomicon? Come ho scritto all'inizio preghiere, riti di evocazione e la storia di creature aliene identificate come potentissime, al pari degli Dei. All'interno del libro originale ci sarebbe tutta una serie di formule magiche per evocare i demoni e altre forze diaboliche per ottenere benefici terreni e addirittura evocare entità di altri piani sulla Terra.
    Attualmente il Necronomicon è ritenuto esistente e molte scuole esoteriche evocano Cthulhu, Yog-Sothoth, Shub-Niggurath e tutte le altre entità citate da Lovecraft, impiegando ogni rituale conosciuto.
    Ma secondo "chi ha la testa sulle spalle" si tratta di tempo sprecato perché… Il Necronomicon non è mai esistito!

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    WICCADEMOUS GRAVE, LA TOMBA DELLA STREGA



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    Alla fine del XV secolo in Europa ebbe origine la famosa caccia alle streghe, una persecuzione atroce contro chiunque fosse anche solo sospettato di atti di magia o pratiche non cristiane. In Occidente perdurò fino all'inizio del XVIII secolo, ma nelle colonie si prolungò anche fino agli inizi del 1900 e certamente la repressione non fu meno dura che da noi.
    In tutti gli USA si raccontano aneddoti e leggende riguardo a streghe locali e alcuni di questi sono spesso accompagnati da una presunto attività paranormale. In Florida una delle leggende più conosciute sulle streghe è quella che vide protagonista Fernandina Beach, una piccola città di circa 11.000 abitanti nella Contea di Nassau.
    Nella seconda metà del 1600 le malattie portate dai colini e dagli schiavi africani esplosero in tutta America in terribili epidemie e la Florida non fece eccezione. Al tempo la medicina era ridotta a poco più che supposizioni e spesso si moriva anche di un semplice raffreddore. Sebbene si conoscesse l'utilità e l'efficacia di alcune erbe quasi nessuno si azzardava a creare pozioni o intrugli perché, come ho detto, l'occhio vigile del clero sorvegliava anche quei lontani insediamenti.
    C'era però chi, specialmente massaie o levatrici, in segreto mesceva intrugli naturali con la speranza di salvare i propri cari e, al pari dei contrabbandieri di qualche secolo dopo, vendeva i propri rimedi a chi ne aveva bisogno.
    Una di quelle che si prodigava per aiutare gli altri e tentare una cura era una ragazzina adolescente che, forse istruita dalla madre, consegnava i medicamenti alle persone ammalate. Quando in Florida però scoppiò una terribile pandemia di tubercolosi gli stessi "guaritori" vennero accusati di essere stregoni e in qualche modo portatori del morbo con lo scopo di arricchirsi; la ragazza fu la vittima sacrificale del centro abitato di Fernandina Beach.
    In realtà la gente del tempo era molto credulona e superstiziosa: prima del 1800 la tubercolosi veniva associata al vampirismo e alla stregoneria perchè nelle famiglie in cui viveva un malato spesso anche gli altri finivano per ammalarsi e si pensava che il primo contagiato fosse stato maledetto in modo che pian piano rubasse le forze altrui fino a procurarne la morte.
    La ragazzina, il cui nome è andato perduto nel tempo, venne subito sospettata di stregoneria. Al tempo bastavano due testimoni per iniziare un processo, ma furono in molti ad accusarla di aver scatenato la malattia; come ogni processo per stregoneria le testimonianze furono spesso forzate da minacce o promesse di benefici e si passò ad accusarla anche di pratiche innaturali e rituali.
    Nonostante la sua giovane età, la ragazza venne condannata a morte e venne impiccata il 12 settembre (l'anno non è più leggibile sulla tomba). Poiché considerata una strega non poteva essere seppellita nel cimitero del paese, così si scavò una buca nel bosco alla periferia del paese nei pressi di una quercia (allora la quercia era considerata albero sacro) e il cadavere venne coperto da una lapide molto rozza.
    Si dice che fino agli inizi del 1900 la zona sterrata fosse addirittura recintata da un'inferriata perché si temeva che la strega, se disturbata, potesse tornare in vita e nuovamente colpire la popolazione.
    Verso metà degli anni '50 la tomba venne rinvenuta in prossimità della Fernandina Beach High School e la storia della ragazza, conosciuta solo da pochi studiosi degli archivi storici, si diffuse a macchia d'olio; ciò comportò (e comporta ancora oggi) un afflusso non indifferente di curiosi e la zona di terra dove c'è la lapide è stata chiamata "Wiccademous Grave".
    Oggi non solo i superstiziosi, ma anche gente comune crede che il terreno di sepoltura sia effettivamente scenario di molti eventi strani, per non dire paranormali.
    Molti hanno affermato che chiunque calpesti il fazzoletto di terre del Wiccademous Grave possa sentire un scuotimento sotto i piedi che aumenta di intensità avvicinandosi alla tomba.
    Ci sono poi storie di persone che si sono perse nel bosco e non sono mai state ritrovate, affermazioni di persone del luogo secondo cui a volte lo spirito di Wiccademous Grave segue i curiosi a casa, di incubi ricorrenti dopo aver visitato a tomba; alcuni ragazzi hanno affermato di essere stati "tenuti fermi" da una forza invisibile, qualcosa di così potente da paralizzarli sul posto per diversi secondi. posto. Altri dicono che la zona boschiva sia un punto di ritrovo per le streghe sin dal 1700 e che i loro influssi generino eventi misteriosi e minacciosi nella foresta.
    Dicerie, testimonianze non confermate e non confermabili, ma per la maggior parte i residenti di Fernandina Beach la ragazza era una vera strega e il suo spirito malvagio ancora dimori nel bosco.
    Concludo l'articolo con una testimonianza che ho trovato davvero interessante: si tratta dell'ex preside della scuola vicino alla tomba.
    «Ho cercato di dimostrare che tutta la leggenda fosse una sciocchezza, sperando di risolvere la questione e far smettere il pellegrinaggio di persone nei pressi dell'istituto. Così, assieme ad un gruppo di studenti dell'ultimo anno, a mezzanotte sono andato dove inizia il sito del Wiccademous Grave. Si erano attrezzati con cellulari e telecamere, convinti che avremmo registrato chissà quale evento paranormale.
    Mi sono fermato davanti alla lapide e sono rimasto lì per quasi un'ora, chiedendo alla strega di rivelarsi e dimostrare che ero in torto. Ho urlato, ho supplicato, ho ballato intorno alla tomba ... Ma non è successo proprio nulla!
    Siamo tornati alle macchine e, soddisfatto di me stesso, ho salutato i miei studenti e ho guidato fino a casa mia, parcheggiando la mia auto al solito posto dall'altra parte della strada. Stavo per raggiungere il portico quando ho notato una giovane ragazza seduta sui gradini di fronte a me.
    Aveva un vestito bianco sporco e mi guardava con un'espressione arrabbiata. Più la guardavo, più mi rendevo conto che la sua pelle sembrava sfaldasi dal suo corpo, e c'era sicuramente qualcosa di malsano dei suoi occhi.
    Le chiesi se avesse bisogno di aiuto e lei mi rispose:
    «Mi hai convocato.»
    Mi guardò con il sorriso più raccapricciante che abbia mai visto in vita mia.
    «Vuoi morire?» mi ha chiesto.
    Mi sono voltato per raggiungere in fretta la mia auto e chiamare la polizia, ma quando ho alzato lo sguardo al portico lei non c'era più.
    Non so se la storia della strega del Wiccademous Grave sia vera, non so se ho visto la ragazza sepolta, ma sono certo di non aver sognato e quella visione, qualunque cosa fosse, mi ha terrorizzato.»

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    LA VILLA DEGLI AMANTI MALEDETTI DI LOMELLO



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    Prima ancora che vi racconti la storia di questa casa infestata lasciate che vi dica che potrebbe essere inventata ad arte e ambientata qui perché è un posticino piuttosto isolato e lugubre. Perché affermo questo?
    Beh, a partire dal fatto che ogni mistero per alcuni ha un fondo irrazionale, qui c'è proprio una grossa contraddizione sulle date della vicenda. La casa appare per la prima volta (con tanto di foto certificata) nel 1931, mentre la storia riguarda un presunto omicidio-suicidio avvenuto nel 1912.
    Ora le cose possono essere tre:
    - la storia dell'infestazione è un clamoroso falso e "nessuno" di quelli che la racconta si è accorto del divario di quasi 20 anni;
    - il crimine è avvenuto, ma per un errore di trascrizione (e quindi di divulgazione) si dovrebbe sposare la data al 1932 e non 1912;
    - non c'è alcun errore, ma semplicemente prima della casa costruita nel 1931 potrebbe essercene stata un'altra un po' meno appariscente in cui vivevano i protagonisti.
    Ok, detto questo andiamo alla vicenda.
    Lomello è un piccolo centro abitato di circa 2.300 abitanti in provincia di Pavia e la villa protagonista delle vicende è nella sua periferia, nei pressi di una zona boschiva, ma comunque ancora oggi è chiaramente visibile da chi percorre la strada in quella zona.
    Il proprietario Pietro Cerri, fece per costruire Villa Cerri alla fine degli anni ’20 e quando l'edificio fu terminato fu incorniciato in una cartolina giunta ad uno scrittore locale di nome Gian Franco Magenta. Era datata 1931. La famiglia Cerri decise di venderla quando negli anni '50 il figlio Alberto morì in un incidente. Fu acquistata da Francesco Sempio e la sua famiglia ne è ancora la proprietaria, anche se di recente è stata un po' trascurata.
    Poiché non ho altre informazioni sulle date prendiamo per un attimo per buono che tutto iniziò nel 1912 ( e per un attimo dimentichiamoci del 1931).
    Villa Cerri è conosciuta anche come la "villa degli amanti maledetti" perché allora vi viveva una coppia sposata abbastanza facoltosa da permettersi un servo che facesse la faccende di casa. Un mattino il padrone di casa, come era solito fare, si unì ad una battuta di caccia, ma per un contrattempo tornò a casa prima del solito e sorprese la moglie a letto con il servo nella torretta della casa. Vinto dalla rabbia uccise la giovane moglie e il servo, ma poi, forse per vergogna o per pentimento, prese il fucile e fece fuoco verso di sé, morendo sul colpo.
    Da allora si dice che nelle notti estive, passando nei pressi della villa, si possano scorgere delle figure eteree alle finestre e nel cortile adiacente alla casa e sentire lamenti e grida provenire dall'interno delle mura. Molti hanno affermati che anche dalla strada che passa vicino alla proprietà si vedano spesso, anche di giorno, delle strane ombre muoversi lungo i muri, anche quando non c'è vento o non passi nessun uccello in zona.
    Questa storia negli anni è tornata più volte in auge quando successero degli strani incidenti che coinvolsero i proprietari e le persone nelle vicinanze. A quanto pare negli anni '60 la famiglia che l'abitava sentiva quasi ogni notte lamenti, sussurri e pianti giungere dalla camere all'ultimo piano della villa, pur non avendo ospiti. Quella fastidiosa situazione andò peggiorando e iniziarono diversi fenomeni paranormali che spaventarono a tal punto i coniugi da farli impazzire e un giorno giunsero addirittura a suicidarsi. Il loro figlio rimase molto scosso, ma fu sempre scettico e negò ogni attività paranormale. Qualche anno dopo fu trovato impiccato nell'androne della villa.
    Cosa c'è di vero?
    Beh, sono quasi tutti d'accordo sul fatto che probabilmente l'omicidio-suicidio degli amanti di Lomello sia avvenuto, anche se molto prima della costruzione della villa attuale (c'è addirittura chi pensa sia avvenuto alla fine del 1800); il figlio dei proprietari morì effettivamente vicino casa, ma a causa di un incidente e non impiccato e ciò farebbe pensare che anche il suicidio dei genitori sia stato inventato; esiste però un fatto tragico che indirettamente coinvolgerebbe la villa.
    A poca distanza dalla villa c'era un vecchio mulino e la cronaca riporta che in passato la famiglia che vi risiedeva venne sterminata a pugnalate da un brigante che in segreto si incontrava con la moglie del mugnaio. L'uomo venne catturato e fu giustiziato sulle sponde del torrente Agogna, poco distante dalla villa.
    Oggi sembra che la villa degli amanti maledetti a Lomello sia stata abbandonata dai proprietari e alcune malelingue sostengono che nessuno la voglia comprare per la leggenda maledetta che aleggia su di essa.
    In effetti ancora oggi l'edificio è di interesse di gruppi di ghost hunters e di curiosi e gli abitanti delle zone limitrofe sono convinti che la villa sia pervasa da un'energia malvagia che porterebbe chi la abita al suicidio.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    HAT-P-7b, IL PIANETA DOVE PIOVONO ZAFFIRI E RUBINI



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    Il secolo scorso è stato eccezionale dal punto di vista delle scoperte scientifiche: l'intera umanità ha compiuto balzi in avanti in tutti i settori e oggi la vita è notevolmente migliorata rispetto a soli 100 anni fa. Oggi, benchè le scoperte continuino a susseguirsi numerose, alcuni campi si stanno assestando e il progresso è tornato a livelli consueti, ma uno dei rami della scienza più in fermento è l'astronomia che è solo all'inizio di un lunghissima serie di scoperte.
    Tra le scoperte più incredibili ( e sarebbero troppe da elencare), una delle più curiose è quella del telescopio Kepler che nel 2008 ha individuato un pianeta davvero particolare: ci sono voluti 5 anni per capire bene la sua conformazione, ma alla fine si è arrivato a sostenere che le nuvole presenti su di esso facciano piovere gocce di zaffiro e di rubino.
    Nel 2013 tutti i pianeti e le stelle scoperti dal progetto HATNet hanno assunto la desinenza HAT-P, di conseguenza abbiamo una serie di sigle molto simili che rappresentano sistemi stellari anche molto lontani tra di loro. Il pianeta in questione è stato chiamato HAT-P-7b ed è uno dei due pianeti che ruota attorno alla stella HAT-P-7 ( in realtà è un sistema binario perché c'è un'altra stella nei pressi che influisce sui pianeti) , che si trova a circa 1040 anni luce da noi nella costellazione del Cigno ( perciò scordatevi di andare a raccogliere rubini e zaffiri!).
    HAT-P-7b è circa 16 volte più grande della Terra e 500 volte più massiccio; orbita attorno a una stella grande due volte il nostro Sole e si pensa sia un pianeta gassoso sul quale le temperature raggiungono i 1.927 °C. Questo pianeta è il primo corpo celeste extrasolare gassoso di cui sia stato possibile individuare perturbazioni atmosferiche.
    La domanda che mi sono posto io è stata: come hanno fatto gli astronomi a vedere le nuvole su un pianeta così lontano se nemmeno sappiamo cosa c'è dopo Plutone?
    David Armstrong, astrofisico dell'università di Warwick, ci è riuscito studiando le variazioni di luminosità nell'atmosfera del pianeta rintracciabili in quattro anni di osservazioni del telescopio spaziale Kepler. Anche gli stessi pianeti vengono localizzati in maniera indiretta: la nostra tecnologia è ancora troppo rudimentale per vedere direttamente un pianete extrasolare, quindi lo si rileva quando la sua interseca la stella, che quindi in un punto perde di luminosità.
    Ma Armstrong è andato oltre e nei suoi studi ha rilevato addirittura che le nubi sono molto diverse da quelle terrestri perché sarebbero a base di corindone, il minerale alla base di zaffiri e rubini.
    HAT-P-7b orbita molto vicino alla sua stella (un anno dura soli due giorni) e durante la sua rivoluzione rivolge sempre la stessa faccia alla sua stella (come la nostra Luna rispetto alla Terra). La stella HAT-P-7 inoltre è grande il doppio del Sole e assieme al fattore di vicinanza genera una differenza di temperatura fra il lato illuminato e quello buio è molto grande.
    Mostrando alla sua stella sempre la stessa faccia, sul pianeta si genera conseguente fortissima escursione termica tra il giorno e la notte e di conseguenza venti fortissimi che cambiano continuamente, costituendo periodicamente grandi ammassi di nuvole a base di corindonite. Uragani e tramonti, se fossimo in grado di vederli, ci apparirebbero forse con delicate tonalità di rosso e blu.
    Hat-P-7b è solo uno dei moltissimi pianeti extrasolari scoperti satellite della NASA Keplero, che è solo uno dei telescopi puntati al cielo in scansione della volta celeste. Immaginate cosa scopriremo in futuro!

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    MERRYLIN CRYPTID MUSEUM, IL MUSEO DEGLI ANIMALI INCREDIBILI



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    Nel 2006, quando venne fatta la scoperta di cui vi sto per parlare, tutti i criptozoologi del mondo sono sobbalzati sulla loro sedia.
    In un ex orfanotrofio di Londra in fase di demolizione alcuni operai mandati per un'ispezione hanno trovato dietro una finta parete centinaia di scatole di legno sigillate appartenenti al naturalista Thomas Theodore Merrylin, a sua volta figlio di un noto biologo del 1700. Quando hanno aperto alcune delle scatole sono rimasti di stucco: perfettamente conservate sin dal 1940, le casse contenevano oltre 5000 esemplari di flora e fauna, assieme a moltissimi reperti e alcune relazioni firmate da diversi scienziati del tempo.
    Fin qui, pur essendo già di per se una scoperta eccezionale, sarebbe tutto normale: il fatto è che molti di quegli esemplari mummificati e conservati non sono mai stati certificati ed alcuni appartengono alle leggende di tutto il mondo. Scheletri di fate, un gigante, licantropi, vampiri e perfino draghi!
    Sì lo so, sicuramente penserete che si tratti di uno scherzo o di una campagna pubblicitaria ben organizzata; ma non è così: molte creature ritenute leggendarie sono oggi perfettamente conservate ed esposte al pubblico nel Merrylin Cryptid Museum di Londra, curato da un giovane londinese di nome Alex CF che ha deciso di allestire un museo itinerante dove sono raccolti i reperti di Merrylin.
    La prima cosa che ho cercato quando ho letto la notizia è stata la prova che fossero dei falsi e a dirvi la verità ho trovato un sito che accusava Alex CF di aver creato le carcasse ad oc solo per farsi pubblicità. Ho continuato cercare poiché chi ha scritto quello non ha portato prove a sostegno che fossero dei falsi, ma solo l'idea di molti internauti, e fino ad ora pare (il pare è d'obbligo) che non ci siano anomalie nella collezione, se non al collezione stessa. Ancora oggi a distanza di 10 anni i reperti sono fonte di interesse di molti studiosi, ma fino ad oggi nessuno si è ancora espresso ne per smentire ne per confermare che si tratta di creature vere.
    Per un attimo tralasciamo le incredibili creature e parliamo di Thomas Theodore Merrylin. Il professore nacque nel 1782 da una famiglia aristocratica e per questo, diciamolo, non dovette rompersi la schiena per procurarsi di che vivere. Impegnò gran parte della sua vita negli studi di biologia e viaggiando per il mondo alla scoperta dei luoghi ancora bianchi della mappa. Si unì molte volte a gruppi di esploratori e si inoltrò nei luoghi dimenticati di tutti i continenti, tenendo sempre con se un resoconto dettagliati e numerosi reperti delle spedizioni.
    Nella vecchiaia l'uomo si ritirò a vita privata stendendo una lunga relazione dei suoi viaggi e delle sue scoperte e comprò l’edificio nel centro di Londra e lì lasciò ai posteri il frutto delle sue ricerche.
    Quando divenne troppo vecchio per riuscire a vivere da solo donò l'edificio alla città dei Londra affinché venisse adibito ad orfanotrofio, mentre lui andò a vivere assieme al figlio. Nelle clausole della notazione pare ce ne fosse una un po’ insolita: l’intero edificio sarebbe stato a disposizione della casa per bambini orfani a patto che nessuno avesse mai messo piede nella cantina, che fu da lui murata per precauzione.
    Il patto fu rispettato fino al momento della demolizione dello stabile, avvenuta nel 2006. Un fatto davvero curioso ed inquietante è che esiste negli archivi di Londra una foto di Thomas Theodore Merrylin all’atto di consegna dell’edificio al sindaco di Londra: l'uomo, che affermava di essere proprio l'esploratore che aveva raccolto tutti i reperti, aveva poco più di 40 anni. Il fatto è che era il 1942 e ciò vuol dire che se fosse stato davvero lui doveva avere 160 anni!
    Qualcuno disse che fu una burla organizzata da un suo successore; altri pensarono che, come scrisse lui stesso in una relazione del tempo, durante uno dei suoi viaggi avesse scoperto il segreto di un tribù del Sud America per allungare la sua vita.
    La serie di mummie e di scheletri di creature mai documentate è davvero incredibile: ominidi alati, anfibi, draghi e addirittura crani di vampiri. Proprio per questo molti scienziati, ancora prima di analizzarla, hanno etichettato la cosa come una frode. D'altra parte chiunque a vederla penserebbe la stessa cosa. Finora però non c'è ancora condanna a livello internazionale della meravigliosa collezione.


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    Edited by Leggende Miti Misteri - 2/5/2018, 14:55
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    IL MOSTRO DELL'ISOLA CHATHAM



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    Le Isole Chatham due isole situate a 950 km ad est della Nuova Zelanda con una popolazione di circa 600 abitanti; delle due la più importante è l'isola Chatham che è anche la maggiore come estensione. Quest'isola sarebbe pressochè sconosciuta a noi dall'altra parte del mondo se non fosse che attorno all'isola si dice che viva un enorme mostro acquatico che, secondo alcuni turisti che di tanto in tanto si godono lo splendido mare, apparirebbe in prossimità della coste soprattutto d'estate.
    Da oltre due secoli gli abitanti delle due isole si tramandano leggende su un enorme serpente marino che sorveglierebbe l'arcipelago e lo proteggerebbe da altre enormi creature dei mari: si tratterebbe quindi di un mostro buono, una specie di sentinella che tiene lontano squali, calamari giganti e molti mostri mitologici che secondo i neozelandesi abiterebbero gli abissi del Pacifico e che sarebbero la causa di molti affondamenti a largo delle coste della nazione.
    Un conferma, se così si può dire, della presenza di creature abissali misteriose e di grosse dimensioni ci sono i molti ritrovamenti lungo le coste di globsters (una sorta di ammasso molliccio di origine animale) e di molti calamari giganti pescati non molto lontano dalle coste. L'esempio più eclatante fu quello del 31 dicembre 1995, quando poco distante dell'isola Chatham, nella rete di un peschereccio cadde una calamaro femmina lungo 8 m.
    Ma torniamo al nostro mostro.
    La testimonianza forse più attendibile è degli anni '30 e fu riportata nel diario di F.W. Kemp, un ufficiale della British Columbia. Il 10 agosto 1932 Kemp, assieme alla moglie e al figlio 16enne, stava attraversando lo stretto di Juan de Fuca quando la sua compagna notò in acqua, nei pressi della scogliere qualcosa di scuro e molto lungo.
    Dalla loro barca videro con stupore emergere dall'acqua una testa che Kemp definì di serpente, solo grande oltre un metro di larghezza. La creatura aveva la cresta come le iguane marine, ma il corpo, a suo dire, era lungo oltre 20 m, tanto che il mostro salì sulla scogliera, ma una buona parte del suo corpo rimase in acqua.
    Appuntò anche che la creatura non era un vero e proprio serpente perché in realtà aveva 2 zampe che assomigliavano a pinne (ne ipotizzò 4 non riuscendo a vedere l'intero corpo), ma quegli arti sembravano atrofizzati e, nonostante avesse fatto una certa fatica a salire sugli scogli, la creatura non li aveva utilizzati. Aggiunse che la coda era simile a quella dei serpenti a sonagli e terminava con una sorta di flagello.
    Il mostro rimase sulle rocce pochi secondi e poi tornò in acqua, probabilmente spaventato dal motore della barca. Kemp disse che quel giorno il mare era molto calmo e gli permise di seguirle la creatura con lo sguardo anche quando entrò in acqua: affermò che le movenze non erano quelle di un serpente, ovvero a zig zag, ma molto più simili a quelle di un coccodrillo. ovvero una traiettoria dritta e a pelo d'acqua.
    Disse di non aver mai visto un animale del genere, sebbene lo accostò ad un'iguana gigantesca. Sulla lunghezza della creatura Kemp fu molto sicuro di se, affermando di averla dedotta per confronto con alcuni tronchi di palme che galleggiavano tra le alghe dello stretto e sulla terra ferma al suo arrivo a destinazione.
    Credere che esistita un rettile così lungo è molto difficile al giorno d'oggi poiché il coccodrillo preistorico più grande conosciuto arrivava a 15 m di lunghezza. C'è da dire che nel Pacifico, non molto lontano dalla Nuova Zelanda, in passato ci sono stati molti esperimenti nucleari (anche se ufficialmente il primo test nucleare fu nel 1945); ci sarebbero anche alcune scoperte degli anni '90 che riportano di zone di oceano in cui, non si sa il perché, molte creature sono affette da gigantismo…
    Possono queste ipotesi farci credere che ci sia un mostro attorno alle Isole Chatham? Le testimonianze sono parecchie, ma a supporto non ci sono ancora fotografie o video affidabili, pertanto ad oggi è u mistero sul quale si dovrebbe investigare.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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    IL TANZERLOCH



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    Oggi giorno siamo sempre più portati a fare affidamento alla scienza e a fidarci solo di ciò che è dimostrato. La realtà però è fatta di sfumature e la stessa scienza si basa su definizioni, prese di posizione e ipotesi. Ciò porterebbe a pensare che la passione per i misteri, il paranormale e le leggende stiano svanendo; eppure è esattamente il contrario: sempre più persone si stanno interessando al folclore, ai miti e a tutto ciò che non è effettivamente come ce lo descrive la ragione.
    Le leggende nascono ogni giorno, ma ovviamente quelle più belle ci giungono dal passato e per un motivo ben preciso: più tempo passa e più una storia si arricchisce di particolari, viene migliorata o resa più interessante, fino ad assumere un'aura mistica, come le moltissime leggende italiane in cui sono protagonisti i santi o la Vergine Maria.
    Ebbene, questa volta vi parlo di un luogo impervio, misterioso, lugubre e pauroso di cui a giustificarne la fama ci sono giunte addirittura due leggende. Ma come al solito partiamo da cosa, dove e quando…
    In provincia di Vicenza c'è un piccolo comune chiamato Roana di circa 4.300 abitanti, a pochi chilometri dalla più famosa Asiago. A noi interessa una sua frazione chiamata Camporovere, un piccolo centro abitato a 1057 m di altitudine teatro di molte battaglie durante le due guerre, ma anche un luogo ameno immerso nella natura incontaminata e dai paesaggi idilliaci.
    Uscendo da Camporovere e prendendo la direzione di Lavarone inizia un sentiero percorribile solamente a piedi che in una decina di minuti conduce alla Voragine Tanzerloch, conosciuta semplicemente come Tanzerloch. non so se ho reso l'idea di quanto sia impervio il luogo dove si trova il Tanzerloch, ma per rendere un'immagine più realistica immaginate un crinale scosceso sul quale ad un certo punto si apre un baratro alto parecchi metri contornato da fitta vegetazione.
    Il Tanzerloch è lì da secoli e gli unici ad avvicinarsi sono i curiosi che non sono delle zone limitrofe: si dice che sia un luogo spettrale attorno al quale in certe notti è possibile vedere processioni di anime dannate, udire lamenti e grida strazianti, vedere fiamme che si innalzano dal fondo e strane luci verdastre risalire lungo il crepaccio. Un luogo amato dai curiosi, ma temuto dagli abitanti di quelle valli.
    Come ho scritto prima, su di esso si narrano ben due leggende distinte e per ognuna ci sono diverse varianti a seconda della località in cui ci si reca per ascoltarle. In entrambe appare la figura di S. Michele Arcangelo a dimostrazione che qui il credo religioso ha radici molto antiche ed è molto forte.
    Iniziamo con la leggenda più antica, ambientata tra il 568 e il 756 d.C., quando i Longobardi si insediarono sul territorio vicentino. Il Tanzerloch allora non esisteva e c'era un unico grande altopiano dove i pagani si riunivano per i loro culti pre-cristiani che comprendevano grandi feste, falò e riti orgiastici. Quando i Longobardi giunsero nella regione avevano già parzialmente assorbito il credo cristiano che entrava in netto contrasto con quei culti e li relegava nell'eresia.
    I cristiani Longobardi portavano la loro fede in S. Michele Arcangelo, che ovviamente i pagani non intendevano seguire e preferirono continuare con i loro riti. I Longobardi, da bravi cristiani, iniziarono ad imprigionare, torturare e uccidere ogni abitante che non accettava la conversione, finchè un folto gruppo di pagani riuscirono ad organizzarsi e mettere in atto la loro vendetta. In uno dei giorni sacri diedero luogo a una grande celebrazione pagana, già sapendo che le voci si sarebbero sparse e che i cristiani avrebbero cercato di interromperla.
    Un manipolo di Longobardi giunse sull'altopiano armato fino ai denti, ma gli assalitori vennero affrontati sia dai pagani che dalle creature del bosco (ninfe, gnomi, satiri e folletti, che ancora oggi da queste parti sono al centro delle tradizioni). I Longobardi vennero sconfitti, legati agli alberi e costretti ad assistere ai riti eretici dei pagani. I cristiani si resero conto che per loro stava per compiersi un terribile destino, così invocarono l'aiuto del loro patrono: fu allora che un fulmine squarciò la terra, liberando i Longobardi e precipitando i pagani e i loro alleati demoniaci nelle viscere profonde della terra. Il Tanzerloch sarebbe quindi la fenditura creata da S.Michele per relegare gli eretici all'inferno.
    La seconda leggenda è un po' può simile ad una fiaba dei fratelli Grimm, forse più diversificata a seconda delle frazioni in cui al sia ascolta. La versione più conosciuta parla di due giovani pastorelli che erano soliti condurre il loro gregge sul pendio dove c'era il Tanzerloch.
    La mamma si era premurata più volte di metterli in guardia da quei luoghi, ed in particolar modo di non oltrepassare un preciso punto di bosco perché da quel luogo non tornava indietro più nessuno e c'erano mostri terribili che uccidevano chiunque si avvicinasse. Tutti sapevano che oltre quella macchia di alberi nelle notti di luna piena si ritrovavano diavoli e creature orribili e nemmeno i cacciatori avevano il coraggio di inoltrarsi in quel luogo.
    Un giorno di primavera la bambina si allontanò dal gregge per raccogliere le fragoline di bosco, ma giunta al bordo della boscaglia proibita non riuscì a resistere alla curiosità e all'insaputa del fratello, che sonnecchiava su un masso vicino al gregge, si inoltrò nel bosco misterioso. Non fece più ritorno e quando il fratello avvisò gli abitanti nessuno osò oltrepassare la zona sicura per cercare la bambina.
    Il giovane pastore un mattino decise di lasciare le pecore alla sorveglianza del suo cane e volle seguire il sentiero che aveva percorso al sorella. Vinse la paura e penetrò nella fitta boscaglia proibita, armato solo di una rozza croce di legno presa vicino ad una chiesetta poco distante. Passò l'intero giorno alla ricerca della sorella e quando i raggi calarono perse l'orientamento e si smarrì. La sera scendeva veloce, così il ragazzino si sedette ai piedi di un grosso abete e si addormentò.
    Nella notte fu svegliato da rumori e versi infernali e ai suoi occhi apparve una scena terribile: illuminato dalla luna piena davanti a lui c'era uno spiazzo erboso al centro del quale c'era un essere mostruoso con corna, artigli e zoccoli seduto su un tronco tagliato; attorno a lui danzava una dozzina di streghe orribili e gracchianti e davanti a tera c'era il corpo ormai senza vita della sorellina.
    Il pastorello, preso dalla rabbia, uscì allo scoperto e interruppe il sabba delle creature infernali; scagliò la sua croce di legno in mezzo alle streghe danzanti e all'improvviso la terra si aprì con un boato inghiottendo tutte le creature demoniache. Dove c'era lo spiazzo erboso si era aperta una voragine immensa, il Tanzerloch appunto.
    Il ragazzino si abbracciò ad un abete e riuscì a salvarsi dal crollo; il giorno seguente fu trovato dai montanari accorsi in seguito al boato e fu tratto in salvo. Era solo svenuto, ma i suoi capelli erano diventati candidi come la neve.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
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