AUTOCOMBUSTIONE UMANA

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    AUTOCOMBUSTIONE UMANA



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    L'autocombustione (o combustione umana spontanea) è uno dei fenomeni più controversi che la scienza ha dovuto affrontare: ancora oggi alcuni scienziati rifiutano categoricamente l'ipotesi che un corpo umano possa prendere fuoco da solo senza un catalizzatore e senza una sorgente di fiamma; altri invece stanno cominciando a convincersi che in rari casi il corpo umano possa effettivamente incendiarsi da solo.
    Chi propende per l'impossibilità che il fenomeno si verifichi tira in ballo il fatto che il corpo umano per oltre 70% è costituito da acqua e che per cremare un corpo sono necessari almeno 1.000 °C. Per la maggior parte dei medici quando una persona viene trovata carbonizzata non si tratta di una combustione spontanea, ma dell'accensione di una fiamma accidentale che brucia per primi i vestiti e poi, solo una volta che la fiamma ha attecchito, passa a bruciare il corpo. A sostegno di questa ipotesi viene spesso fatto notare che le presunte autocombustioni riguardano persone inferme o impossibilitate a muoversi, i cui vestiti non solo possono prendere facilmente fuoco senza che i malcapitati se ne accorgano, ma avrebbero anche difficoltà nel reagire. In molti casi inoltre le vittime vengono trovate nei pressi di caminetti, lampade, sigarette o altre fonti di fiamma.
    Chi invece pensa che in alcuni casi possa avvenire la combustione spontanea fa notare che in tutti i casi documentati, circa 120, le persone trovate incenerite sono state le uniche ad essere colpite: in molti casi il fuoco non si è esteso al resto degli oggetti intorno ai resti del corpo, il che porta a credere che la combustione parta spontaneamente dall’interno del corpo e che si arresti una volta consumato il "carburante", ovvero il grasso umano.
    Molte delle possibili combustioni spontanee hanno risparmiato i piedi e le gambe è ciò ha portato alla teoria che nel corpo umano si verifichi il cosiddetto "effetto candela": tra i maggiori sostenitori ci sono Joe Nickell e John F. Fisher che hanno studiato il fenomeno per due anni sui maiali e affermano che, fermo restando che serve un'accensione esterna della fiamma, una volta che un corpo umano ha preso fuoco il grasso comincia sciogliersi e a impregnare i vestiti della vittima, alimentando in questo modo le fiamme come farebbe la cera fusa con lo stoppino. In questo modo si raggiungono temperature tali da distruggere anche le ossa. Le parti che non vengono bruciate sono anch'esse spiegabili perché molte delle vittime erano sedute e il fuoco tende a salire verso l’alto.
    Uno dei primi casi documentati fu Nicole Millet nel 1725. Il marito era il proprietario di una locanda di Reims, in Francia, e una notte di febbraio fu svegliato da un forte odore di bruciato. Scese al piano terra e vide con orrore a terra un mucchietto nero fumante da cui usciva solo una parte del cranio, alcune vertebre e le gambe della moglie, mentre i resto era completamente carbonizzato. La donna era anziana, e sovrappeso e per questo era costretta a dormire su una poltrona nella reception, ma nelle sue vicinanze non c'era alcuna fonte di scintille o fiamme. Tutti sapevano che la signora Millet era troppo spesso attaccata alla bottiglia e il caso venne chiuso ipotizzando che l’alcool ne aveva reso il corpo combustibile. Ma da dove era partita la combustione?
    Nel 1776 un sacerdote fiorentino, don G. Maria Bertoli, prese fuoco mentre era raccolto in preghiera; nel 1939 Peter Seaton, un bambino di 11 mesi di Londra,venne trovato incenerito nella sua culla e senza nessuna traccia di incendio nelle vicinanze; il 5 dicembre del 1966 a Coudersport, in Pennsylvania, venne trovato morto dottor Irving Bentley, un uomo magrissimo e che non aveva mai bevuto un goccio in vita sua.
    Nel 1967 a Londra venne trovato il corpo carbonizzato di un barbone sulle scale di una casa privata. Il pompiere Jack Stacey, accorso a spegnere il fuoco rivelò:
    «… Nel suo addome c’era un taglio di 10 cm dal quale prorompeva una fiamma blu che stava attaccando il legno della scala. Spegnemmo il fuoco dirigendo un getto nella cavità addominale.»
    Nel gennaio del 2015 un neonato di sette giorni del villaggio T Parangini, in India, è stato ricoverato per gravi ustioni sul 10% del corpo e due anni prima il fratellino Rahul, allora di tre mesi, era stato ricoverato per ustioni simili sull’addome e il petto. Entrambi i casi sembrano siano stati fenomeni di autocombustione umana e oggi si indaga per capire se si tratta di una sindrome, un incidente o peggio...
    Ad oggi la combustione umana spontanea è fonte di dibattito in tutta la comunità scientifica, ma ne sappiamo talmente poco a riguardo che molti preferiscono negare che essa sia possibile.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
     
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    Articolo molto interessante!
     
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