IL GIACOMINERLOCH DI CESUNA

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    IL GIACOMINERLOCH DI CESUNA



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    Qualche tempo fa ho scritto un articolo sul Tanzerloch, un profondo crepaccio nel terreno nei pressi del piccolo comune di Roana, in provincia di Vicenza. Attorno ad esso ruotano ben due leggende vecchie di secoli e ancora oggi c'è chi crede che nei suoi pressi si aggirino anime inquiete e addirittura creature infernali. Il Tanzerloch però e solo uno dei "busi" famosi del Veneto ("buso" in dialetto veneto vuol dire "buco"): un altro altrettanto famoso è il Giacominerloch (buso di Giacomino), anch'esso impregnato di mistero e sul quale si racconta una pittoresca leggenda.
    Ad essere proprio pignoli chiamare buso o voragine il Giacominerloch è molto riduttivo: fino a pochi anni fa si credeva fosse un crepaccio di poco più di 100 m di profondità, ma diversi gruppi speleologici hanno esplorato le sue viscere e sono giunti ad una profondità di poco meno che 600 m. Ciò significa che parliamo di una grotta e non più di una breccia nel terreno.
    Ad ogni modo il Giacominerloch é poco distante dal Tanzerloch, nell'Altopiano di Asiago, ma questa volta siamo vicino a Cesuna di Roana, un piccolo borgo di circa 500 abitanti. Oggi la caverna è metta di diversi gruppi speleologici e sta avendo un discreto successo anche per il fatto che è tra le più profonde del Veneto; si tratta comunque di un abisso molto pericoloso e non ancora esplorato interamente, quindi le esplorazioni vengono concordate solo a personale esperto. Io però non voglio farvi lezione di speleologia, ma riportarvi alcuni fatti "strani" che si dice avvengano nei suoi pressi e nel suo interno, oltre alla leggenda e ad un macabro sospetto che molti hanno a suo riguardo.
    Inizio come sempre dalla leggenda, che raccoglie molte superstizioni e credenze delle zone.
    Molto tempo fa un giovane boscaiolo di nome Josele stava tagliando della legna per poter accumularne il necessario per il freddo inverno successivo. Era un ragazzo della zona, ma non si era mai accorto che dove era solito tagliare il legname c'era una profonda voragine nel terreno. In effetti quel buco era stato sempre celato agli uomini da una fitta boscaglia e nessuno prima di allora lo aveva visto.
    Un giorno Josele sentì una voce soave cantare e dopo averne cercata la fonte si accorse che proveniva proprio dalle profondità di quella voragine. Non aveva mai sentito una voce così aggraziata, ma qualcosa nel suo canto sembrava indicare una profonda tristezza. Il boscaiolo incuriosito si calò nel crepaccio e lì conobbe Giacomina, una fanciulla di ineguagliabile bellezza dai capelli verde fosforescente.
    I due si conobbero e Giacomina che gli rivelò di essere prigioniera degli elfi nel regno dei laghi sotterranei e che il suo più grande desiderio era quello di rivedere almeno una volta il suo amato Altopiano. Josele, già perdutamente innamorato di quella bellissima ragazza, l'aiutò a scalare la voragine e raggiungere l'uscita della caverna, ma la fanciulla appena giunta in superficie ebbe solo il tempo di una fugace vista perché improvvisamente svenne e cadde a terra senza sensi. Il giovane boscaiolo non ebbe nemmeno il tempo di raccoglierla che il corpo di Giacomina scomparve e la sua essenza tornò nelle profondità della terra.
    Josele da quel giorno decise di raggiungere la su amata e di trovare un modo per salvarla dagli elfi. Si calò nuovamente nella grotta e raggiunse un labirinto di laghi, fiumi e cascate al cui termine ritrovò Giacomina. La ragazza era tenuta prigioniera in una buca profonda, ma Josele aveva una corda per poterla salvare. Nuovamente lei gli parlò degli elfi, che l'avevano rapita per punire suo padre Hèberle, il più abile boscaiolo dell'altopiano, reo di aver abbattuto troppi alberi della foresta di Cesuna: il destino di Giacomina era quello di diventare un'anguana, una ninfa protettrice della natura e dei corsi d'acqua e l'unico modo di sfuggire a quella sorte era salire sulla "nave delle evanescenze addormentate". La mitica nave compiva un solo viaggio all'anno, in concomitanza con lo scioglimento delle nevi, e conduceva le anguane addormentate dalle profondità della terra alle acque superficiali in cui fino al nuovo gelo potevano vivere nelle acque della superficie.
    Purtroppo le fanciulle come lei, se avessero compiuto quel viaggio, avrebbero dovuto passare attraverso uno stretto passaggio che avrebbe trasformato le loro gambe in piedi caprini ritorti. Josele non si perse d'animo e con un espediente aiutò Giacomina a tornare alla sua amata superficie: ricoprì le sue gamba con muschio e felci e quando la fanciulla attraversò lo stretto passaggio ne uscì senza i piedi deformi.
    Ma la loro avventura, pur terminata con successo, aveva un finale amaro: alla loro uscita dalla grotta l'altopiano era cambiato e gran parte della foresta era stata abbattuta per lasciare spazio a case e campi coltivati. Questo era accaduto perchè il tempo nelle grotte, non scandito dalla luce del sole, si rallenta fino quasi a fermarsi; a dimostrazione di ciò all'entrata della voragine i due trovarono una lapide erosa dal tempo che portava incise queste parole:

    «In dizar tif loch
    zo vennen Giacomina
    is-se smariert Josel
    wàllemar vo’ Lèmerle.»

    (In questo profondo buco
    per trovare Giacomina
    scomparve Josele
    boscaiolo del Lèmerle.)


    Una leggenda molto suggestiva, non c'è che dire. Le credenze locali sono vive ancora oggi e il Giacominerloch è ancora visto con timore da chi abita nelle zone. Forse proprio la sua aria sinistra e la paura che gli abissi incutono nella gente, ha portato molti a credere che nella grotta ci siano fantasmi inquieti che di tanto in tanto emettano urla spaventose dalle profondità. I geologi hanno la spiegazione delle "grida" e dei rumori mostruosi che giungono da caverne come queste: si tratterebbe delle correnti d'aria che nei meandri amplificano le onde sonore e le distorcono creando suggestivi effetti sonori; più difficile è spiegare l'enorme quantità di orbs che molti hanno visto sia all'interno che nelle vicinanze del Giacominerloch; c'è anche chi ha testimoniato di spettri a figura intera, una sorta di processione di anime che nelle notti estiva esce per dissolversi sull'altopiano.
    Infine c'è un terribile sospetto dei veneti che nelle profondità vi siano effettivamente anime perdute: si dice (ma non è mai stato provato), che durante le due guerre mondiali le voragini come il Giacominerloch, venissero usate come fossa comune per i morti di cui non si aveva tempo per la sepoltura. La paura di epidemie era tale che ci si sbarazzava dei cadaveri in fosse comuni, ma spesso non si aveva nemmeno il tempo di scavarle e quindi si usavano questi busi che erano già "pronti all'uso".
    Il Giacominerloch, sebbene sia oggi oggetto di mole attenzioni, non è ancora stato esplorato interamente; c'è da sperare che i sospetti su di esso siano solo tali.

    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
     
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