LA LEGGENDA DI MANOPELOSA

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    LA LEGGENDA DI MANOPELOSA



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    Ogni regione italiana ha una serie di leggende legate alle streghe e alla dura repressione che la Chiesa ha operato per mettere fine all'esistenza di migliaia di persone, il più delle volte innocenti. Nel tempo, dopo la fine della caccia alle streghe, quegli eventi storici sono sfociati appunto in leggende e storielle fantasiose da raccontare attorno ad un fuoco tra amici.
    Qui vi riporto una leggenda raccontata per lo più nel basso Piemonte, ma sono certo che alcune versioni siano anche note in molti altri luoghi d'Italia. Faccio solo una precisazione: in realtà qui non parlo di streghe (o stregoni perché in realtà è un maschio il cattivo), ma di "masche", ovvero di persone erroneamente confuse con le streghe, ma per molti aspetti diverse (ad esempio non sono legate al diavolo o alla Chiesa). Per quel che ci riguarda possiamo però identificare il cattivo di questa storia come uno stregone.
    C’era una volta un uomo chiamato Garun, non bello, ma soprattutto cattivo, malvagio fino al punto da mandare in disgrazia molta gente in paese imprestando loro soldi e pretendendo la restituzione con interessi impossibili da saldare; arricchitosi fino ad esser "sazio" di soldi, decise di ottenere ciò che ancora non era riuscito ad avere: una moglie che volesse stargli vicino per il resto della vita.
    Non era la prima volta che Garun scendeva in paese e far la corte alle giovani contadine, ma tutte le volte che qualcuna provava a conviverci qualche tempo, attratta dai soldi che aveva accumulato l'uomo, non tornava più in paese. In paese si diceva che fosse un mascone cattivo e nessuno si spiegava come mai l’uomo restasse sempre solo nonostante le tante donne che si presentavano al suo cospetto e che poi, misteriosamente, scomparivano. L'uomo si giustificava dicendo che le donne scappavano lontano rubandogli parte del suo tesoro.
    Quel giorno una nuova ragazza gli si presentò decisa a proporsi come moglie fedele e devota. Il suo nome era Marina ed era la figlia di un contadino che, come tanti, stava attraversando un brutto periodo di carestia: in quel modo sperava di salvare l'attività dei genitori e riuscire a vivere in maniera decorosa.
    Garun non era indifferente alla sua bellezza, ma sapeva bene che tutte quelle che ci avevano provato prima di lei avevano disubbidito ai suoi ordini e lui, da uomo prepotente e malvagio, voleva solo una donna che eseguisse ogni suo ordine.
    L’uomo la guardò attentamente e con voce profonda le disse:
    «Per diventare mia moglie dovrai superare una prova e solo dopo io avrò la certezza che tu sarai mia per sempre. La prova è di ubbidienza e fedeltà, ma sin da ora ti dico che se non la supererai morirai come sono morte tutte quelle che ti hanno preceduto e che mi hanno miseramente ingannato.»
    Non per avidità, ma per esigenza la ragazza annuì ed accettò di essere sottoposta alla prova. Garun la caricò sulla sua carrozza e la portò al suo castello.
    «Questo è il mio castello; ci sono più di 100 stanze e in alcune di esse custodisco tesori di inestimabile ricchezza. Tutto questo sarà tuo se mi sarai fedele!»
    Per darle dimostrazione delle sue intenzioni il mascone l'accompagnò in una stanza piena di gioielli, oro e pietre preziose e poi le fece aprire un enorme armadio all'interno del quale c'erano vestiti e sete pregiatissime da valore inestimabile.
    «Ora ti darò le chiavi di tutte le stanze del castello, ma le potrai aprire tutte tranne una. Vedi quella in fondo al corridoio? Voglio che rimanga chiusa e che tu non veda mai cosa contiene quella stanza. Mi raccomando: non fallire questa prova di ubbidienza e di carattere, Marina!»
    «Sì, mio Signore.»
    Il giorno dopo l’uomo uscì dicendo che andava a riscuotere del denaro da alcuni a cui lo aveva prestato e che sarebbe tornato a sera e Marina, rimasta sola con le chiavi, iniziò a visitare tutto il castello. Aprì una porta dopo l’altra e la sua meraviglia alla vista di tanto oro e oggetti preziosi cresceva ad ogni porta che apriva. Ma assieme alla meraviglia cresceva anche la curiosità e il desiderio di scoprire cosa ci fosse oltre quella porta. Come un tarlo, quel divieto le rodeva dentro: Marina girava e rigirava tra le mani la chiave di quella porta proibita e dentro di se si combatteva una dura battaglia decisionale.
    Alla fine arrivò alla conclusione che essere moglie di quell’uomo voleva anche dire dover condividere con lui ogni segreto. Così girò la chiave nella toppa ed aprì.
    Ciò che vide la fece quasi svenire: nella stanza le pareti erano sporche di sangue e sul pavimento c'era una grossa pozzanghera rossa; dal soffitto pendevano molte teste di ragazze, che nient'altro erano che le povere sventurate che l’avevano preceduta nel tentativo di godere delle ricchezze di Garun. Quella vista fece sobbalzare Marina che lasciò cadere la chiave a terra; raccogliendola si sporcò di sangue, ma la paura era tanta che non pensò alle conseguenze e richiuse la porta alle sue spalle.
    Marina tentò di mantenere la calma, e cercò di pulire il vestito dal sangue: ogni suo tentativo fu vano perchè Garun aveva magicamente incantato il sangue affinchè non potesse essere lavato in caso qualcuno avesse violato il suo ordine. Strofinò con forza e lo lavò più volte sotto il rubinetto, ma niente servì a togliere le macchie di sangue dai vestiti e dalla chiave.
    «Marina, Marina dove sei? Cosa hai fatto? Sei sporca di sangue… Sei entrata nella stanza proibita! Hai disobbedito al mio ordine; non sei degna di diventare mia moglie e ora dovrai fare la stessa fine delle altre!»
    Marina si inginocchiò e lo supplicò:
    «Ti prego, mio Signore, salvami la vita! Ti giuro non dirò mai niente a nessuno: sarà il nostro segreto! Sarò tua per sempre e ti ubbidirò per tutta la vita, ma dammi un’altra possibilità. Te ne prego, mio Signore!»
    Il mascone era cattivo e spietato, ma per Marina aveva un debole perché lei era la più bella che aveva accettato di diventare sua moglie. Le suppliche della ragazza alla fine lo convinsero:
    «E va bene, Marina: ti voglio dare un ultima possibilità, ma questa volta se vuoi salva la vita non devi fallire la prova.»
    Garun prese da un cassetto un cofanetto e da questo prese "Manopelosa", una zampa di coniglio dal pelo bianco come la neve.
    «La vedi questa? Voglio che tu prima di domani mattina la mangi. E questa volta non fare la furba: ti avverto che Manopelosa ha poteri magici ed è capace di dirmi sempre dove si trova. La ragazza che ti ha preceduto anziché mangiarla l’ha buttata nel pozzo ed io quando la sera sono tornato me ne sono accorto. Questa volta se mi ingannerai raggiungerai tutte le altre che ti hanno preceduto!»
    Il mascone diede Manopelosa a Marina che scoppiò in un pianto disperato: solo l'idea di ingoiare quella cosa la faceva inorridire, ma ancor di più temeva di essere costantemente controllata da Garun in ogni suo movimento. Quando il mascone ripartì il mattino seguente le disse che sarebbe nuovamente tornato di sera e Marina iniziò a domandarsi cosa fare di Manopelosa.
    «E adesso cosa faccio? Ovunque la metta, ovunque la butti, Manopelosa si farà trovare. È talmente disgustosa che non la posso nemmeno guardare, ma se scappo Garun mi ucciderà! Cosa posso fare?»
    Alla fine le venne un idea: corse in cucina e si legò Manopelosa in vita con una corda e la nascose con un grembiule che si legò in vita. Infine mise alla prova la sua idea e chiamò la zampa di coniglio a voce alta.
    «Manopelosa, dove sei?»
    «Sono nella pancia di Marina!» rispose una voce stridula.
    Marina allora attese pazientemente la sera e l'arrivo di Garun. Quando il mascone rientrò per prima cosa chiamò subito Manopelosa.
    «Manopelosa, manopelosa, dove sei?» "
    «Sono nella pancia, nella pancia di Marina!»
    «Nella Pancia? Allora hai davvero mangiato Manopelosa, Marina. Brava! Hai superato la prova a ora meriti di diventare mia moglie!»
    Fu così che Marina si salvò la vitae riuscì a vivere per tutta vita in ricchezza e ad aiutare la sua famiglia. Quanto a Manopelosa lei rimase sempre legata in cinta della ragazza, nascosta da un grembiule o sotto i suoi vestiti.


    Fonte facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
     
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