OGGETTI MALEDETTI: LA DIBBUK BOX

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    OGGETTI MALEDETTI: LA DIBBUK BOX



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    Secondo un’antica tradizione ebraica, alla quale fa riferimento anche l’Antico Testamento, quando il corpo di una persona vivente viene aggredita da un’anima dannata, allora ci troviamo in presenza di uno spirito maligno chiamato Dibbuk.

    Il termine è stato introdotto in letteratura a partire dal XVII secolo, ma sia nella Cabala sia in moltissimi altri testi di culture differenti, ritroviamo alcuni riferimenti a questo strano essere il cui nome rappresenterebbe l’abbreviazione di due espressioni: dibbuk me-ru’aḥ ra’ah ossia “assalto di uno spirito maligno” o dibbuk min ha-hiẓonim cioè “che assale dall’esterno” il corpo di un uomo. Di conseguenza il nome di questo spirito sarebbe frutto dell’azione compiuta dallo stesso di possedere l’anima di un corpo ospite.

    Originariamente il Dibbuk era considerato un semplice demone che entrava nel corpo di una persona malata causandone il peggioramento e in taluni casi anche la morte; più tardi, invece, il Dibbuk venne considerato come lo spirito di una persone morta “non sepolta” divenuta, per questa ragione, un demone. Qualcosa, insomma, di molto simile alla credenza del Revenant, termine che nella cultura europea si riferisce ad una creatura che fa ritorno dal regno dei morti per portare a compimento una vendetta dovuta ad un’ingiustizia subita in vita.

    La tradizione dei Dibbukim, ad ogni modo, benché fosse propria della storia ebraica divenne comune anche tra i cristiani, tanto che i Dibbukim finirono per essere considerati in molte comunità cattoliche come anime che, a causa del gran numero di peccati commessi in vita, non potevano passare oltre e di conseguenza cercavano rifugio nei corpi di persone viventi.

    Ovviamente non tutti gli uomini, secondo le diverse culture, possono ospitare un Dibbuk. Quest’ultimo, di fatto, sceglierebbe come sua potenziale vittima qualcuno che ha commesso un qualche terribile peccato, tenuto però in gran segreto. In questa maniera la vittima del Dibbuk aprirebbe le porte della sua anima al demone.
    Probabilmente avrete già sentito parlare della Dibbuk box, il piccolo armadietto per vini ritenuto infestato da un fantasma maligno. Tornata alla ribalta con il film "The Possession" di Ole Bornedal prodotto da Sam Raimi, la sua storia si lega indissolubilmente a quella di Havela un'anziana donna di origini ebraiche che l'avrebbe acquistata in Spagna.
    Havela, in particolare, si era trasferita in Spagna dopo essere riuscita a fuggire dai campi di concentramento. Anni dopo, pare abbia deciso di trasferirsi negli Stati Uniti portando con sé la Dibbuk box. Nella nuova casa, pare che Havela abbia sempre vietato ai suoi familiari di aprire il misterioso armadietto del vino tenendolo fuori dalla portata di tutti.
    Morta all'età di 103 anni la scatola venne acquistata da un appassionato di oggetti antichi, che la vide nel cortile della casa mentre i nipoti vendevano alcune cose vecchie per liberare la casa degli oggetti usati. A coniare il nome “Dibbuk Box” è stato Kevin Mannis, il primo nuovo proprietario della scatola infestata, colui che riferisce di averla aperta e successivamente messa in vendita su ebay per la prima volta nel 2001.
    Stando al suo racconto, Kevin Mannis proprietario di una piccola azienda di restauro mobili acquistò quello che sembrava solo un anonimo armadietto per bottiglie di vino: la famiglia di Havela voleva liberarsene non essendo riuscita a rispettare le ultime volontà dell'anziana signora defunta che, al contrario, avrebbe voluto che la scatola fosse stata sepolta insieme a lei. Subito dopo averla acquistata Kevin Mannis pare sia stato contattato dalla nipote dell'anziana donna che lo avvertì che quella misteriosa scatola era in realtà infestata da un demone.
    Informato poi in merito al divieto di aprire la scatola, Kevin Mannis inizialmente pare abbia tentato di restituirla alla famiglia di Havela. Pur essendo un uomo scettico aveva un certo timore della morte, soprattutto quando le volontà del defunto non vengono rispettate a pieno.
    Il “No” della nipote dell'anziana donna, però, pare sia stato perentorio. Da quel momento, l'intenzione di Kevin pare sia stata quella di restaurare la misteriosa scatola (di cui non sapeva quasi nulla) per regalarla a sua madre in occasione del suo compleanno. Così fece ma poco dopo il suo acquisto pare siano iniziati i problemi.
    Il primo, meno grave, riguarda l'esplosione di tutte le lampadine del magazzino, la chiusura dei cancelli della sua azienda e il diffondersi di uno sgradevole odore di pipì di gatto il giorno stesso in cui la posizionò nel suo laboratorio. A parte una collaboratrice spaventata, però, non successe nulla di più e Kevin non pensò che gli strani accadimenti potessero essere collegati alla scatola. Il peggio pare sia arrivato dopo la sua apertura: da quel momento la sua famiglia e lui stesso hanno iniziato a soffrire di strane malattie e la sfortuna si abbattè su di loro.
    Tutto, però, si è sviluppato gradualmente iniziando con l'ictus di sua madre: qualche giorno dopo il suo compleanno, infatti, Kevin le donò in regalo l'armadietto del vino come aveva programmato. Inizialmente pare che la donna ne fosse felice ma a distanza di qualche minuto ebbe un ictus che la privò per sempre della parola. La madre di Kevin, morta il giorno stesso in cui ha messo in vendita la scatola su ebay, riusciva a comunicare soltanto indicando le lettere con gli occhi e l'unica cosa che Kevin ricorda di quei momenti sono le sue parole: “Odio regalo”.
    Pare che più volte Kevin abbia tentato di liberarsi della dibbuk box che, tra l'altro, provocava a lui e ai suoi familiari degli incubi atroci e spesso molto simili. L'unica soluzione pare sia stata quella di venderla su ebay passandola, non senza averlo prima dettagliatamente informato, a Iosif Neitzke.
    Ma cosa conteneva la dibbuk box?
    Quando Kevin aprì la Dibbuk Box trovò al suo interno una serie di oggetti strettamente connessi alla religione ebraica. Vi erano, in particolare:
    due Penny risalenti al 1920 circa,
    una ciocca di capelli biondi legati con uno spago,
    una coppa d'oro,
    una tavoletta nera con dei capelli marroni legati,
    una statuetta intagliata con incisa la parola "shalom",
    un bocciolo essiccato di rosa,
    un candeliere con la parte inferiore a forma di zampe di polpo.
    Sul retro della scatola, invece, pare vi fossero incise delle parole in ebraico di cui non si conosce il significato.
    La storia più recente la vuole sigillata e situata in un posto segreto dal suo ultimo proprietario, Jason Haxton, direttore del Museo di Medicina Osteopatica a Kisksville nel Missouri: pare che il sig. Haxton abbia proposto a Sam Raimi di utilizzarla durante le riprese del film The Possession ma che il famoso regista non se la sia sentita e l'abbia fatta ricostruire. Jason Haxton, invece, pare sia entrato in contatto con la scatola infestata tramite il suo precedente proprietario Iosif Neitzke, lo studente del Missouri che per ultimo l'ha messa in vendita su ebay nel tentativo di liberarsene. L'unico che sia davvero riuscito a chiudere definitivamente la scatola e a renderla inoffensiva pare sia proprio Jason Haxton il quale, dopo aver sviluppato una serie di malattie da lui ritenute connesse alla scatola infestata pare che abbia contattato dei rabbini per farla sigillare.

    Fonte Facebook: Misteri dal Mondo - Credere Per Vedere
     
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