Il mistero delle mummie del Nord

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    Il mistero delle mummie del Nord



    Sepolte per millenni nelle torbiere dell'Europa settentrionale, le mummie delle paludi hanno rappresentato a lungo un enigma che, grazie a nuovi studi, ora sembra avere una soluzione

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    L'Uomo di Tollund - Fotografia di Robert Clark, National Geographic



    Oltre 500 corpi risalenti a un periodo compreso tra l’800 a.C. e il 200 d.C. scoperti solo in Danimarca, e molti altri rinvenuti in Germania, nei Paesi Bassi, in Regno Unito e in Irlanda: le cosidette mummie delle torbiere rappresentano da decenni un enigma per gli archeologi.

    Grazie alle particolari condizioni acide e prive di ossigeno che caratterizzano le torbiere, nella maggior parte dei casi oltre agli scheletri si sono conservati quasi perfettamente anche la pelle, i capelli, i vestiti e addirittura il contenuto dello stomaco. Ma chi erano quegli individui, e perché furono uccisi?

    L’Uomo di Tollund, trovato nel 1950 nello Jutland danese con una corda al collo, e oggi conservato nel museo danese di Silkeborg (nella foto), è forse la mummia delle torbiere più conosciuta nel mondo. “Con la sua barbetta di tre giorni, sembra che da un momento all’altro possa riaprire gli occhi e parlarti. Una sensazione che neanche Tutankhamon può farti provare”, dice Karin Frei Margarita, una ricercatrice che studia i corpi mummificati per il Museo Nazionale della Danimarca.

    Nei musei danesi sono conservate una trentina di mummie, che da decenni gli scienziati analizzano per comprendere l’origine di questo particolare rito funebre e le cause della morte. Alcuni corpi presentano delle ferite orribili, come la gola tagliata; altri invece, sarebbero stati sacrificati e sepolti nelle torba e non cremati, come invece si usava in quelle comunità, perché criminali, schiavi o persone comuni. Tacito, lo storico romano, aveva avanzato questa ipotesi già nel I secolo d.C. immaginando che i corpi appartenessero appunto a disertori e a criminali.

    Ma secondo una nuova ricerca ancora in corso, sembra che la reale spiegazione sia completamente opposta. Queste persone, da vive, erano considerate membri “speciali” delle loro comunità della prima età del Ferro. Le nuove analisi chimiche svolte su due corpi femminili provenienti dalle paludi danesi di Huldremose e Haraldskær dimostrano che le due donne avevano viaggiato a lungo prima della loro morte e che anche i loro abiti, realizzati in maniera molto elaborata, erano stati realizzati in terre straniere.

    “In genere si sacrifica quello che ha significato e valore, e forse queste persone che avevano viaggiato a lungo erano considerate in modo particolare”, ha spiegato Frei all’Euroscience Open Forum che si è svolto a Copenaghen lo scorso mese di giugno.

    Per gli uomini del Neolitico le torbiere, oltre a rappresentare un’importante risorsa naturale, erano considerate come luoghi simbolici, una sorta di ingresso dell’aldilà, prosegue Ulla Mannering, un’esperta di tessuti antichi del Museo Nazionale della Danimarca. Erano una preziosa fonte di combustibile domestico e di minerali; vi si deposita il cosiddetto ferro di palude, che all’epoca veniva lavorato per produrre armi e strumenti. Secondo Mannering, nella preistoria, “quando si prendeva qualcosa dalla natura, in cambio si doveva offrire qualcos’altro”. Forse per questo motivo gli abitanti dei villaggi danesi depositavano i loro “doni” - abiti, scarpe, animali macellati e per quasi cinque secoli anche corpi umani - nelle torbiere. Le culture dell’età del Ferro non hanno però lasciato testimonianze scritte, così le loro credenze e usanze religiose restano sconosciute.

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    “Una signora molto elegante” - Fotografia per gentile concessione del Museo Nazionale della Danimarca



    Quando le raccoglitrici di torba della prima metà dell’800 cominciarono a dissotterrare accidentalmente dei corpi nelle paludi, molti di questi furono ritrovati senza vestiti, dando così origine alla teoria che si trattasse di gente comune, spiega Frei. L’Uomo di Tollund, per esempio, è stato trovato con una cintura ma senza i vestiti. Ma, prosegue Frei, “non ha molto senso essere nudi e avere una cintura”. Così la ricercatrice si è chiesta se per caso parte dei vestiti non si fossero dissolti nella torbiera. Ha deciso quindi di esaminare la donna di Huldremose, una mummia scoperta nel 1879, che indossava una gonna a scacchi e sciarpa, entrambi realizzati in lana di pecora, e due capi in pelle (nella foto, un dettaglio degli abiti).

    Utilizzando un microscopio ha scoperto delle minuscole fibre di lino rimaste per più di 2.000 anni attaccate alla pelle della donna. Secondo la studiosa, probabilmente, si tratta della sua biancheria intima.

    Poi, con una una metodologia mai usata in precedenza, ha effettuato l’analisi degli isotopi dello stronzio contenuto nel lino e nella lana della gonna e della sciarpa. L’analisi di questi isotopi permette di inquadrare geologicamente la regione in cui pascolavano le pecore da cui è stata ricavata la lana degli abiti. I risultati, pubblicati nel 2009 nel Journal of Archaeological Science, hanno dimostrato che le fibre dei tessuti derivano da piante cresciute su terreni geologicamente più vecchi di quelli della Danimarca, tipici piuttosto della Scandinavia settentrionale, come la Norvegia o la Svezia, suggerendo così che la donna potesse provenire da lontano. La stessa analisi eseguita sulla pelle della donna ha confermato un’origine straniera o per lo meno che la donna viaggiò a lungo prima di finire nella torbiera.

    Un altro studio del 2009, condotto invece da Mannering, ha rivelato che la lana indossata dalla donna di Huldremose, diventata marrone durante a causa del contatto con la torba, in origine era blu e rossa: i tessuti tinti erano sicuramente un segno di ricchezza. Sul dito della donna è stato trovato anche un piccolo segno, lasciato forse da un anello d’oro. “All'inizio pensavamo fosse una strega, ora invece crediamo che fosse una signora fine ed elegante, che indossava gioielli costosi e addirittura biancheria intima”, ha detto Frei. “A lungo si è trascurato il fatto che questi resti potessero contenere tanta ricchezza”, ha aggiunto Mannering.

    La ricerca dimostra anche che le prime culture dell'età del Ferro erano molto più connesse di quanto si pensasse. Le materie prime, come le fibre vegetali o la lana per esempio, percorrevano distanze molto maggiori di quanto ipotizzato dagli studiosi. “Questo periodo è sempre stato visto come un momento di chiusura; in realtà ora sappiamo che non era così”.

    Lotte Hedeager, archeologa dell’Università di Oslo, concorda con Frei e sottolinea come “questi risultati richiedano un ripensamento delle reti di comunicazione e di scambio tra le culture dell'Europa settentrionale nella prima età del Ferro”.

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    Nuovi indizi dai capelli - Fotografia per gentile concessione del Museo di Vejle



    Basandosi sulle scoperte effettuate sulla donna di Huldremose, Frei e i colleghi hanno voluto studiare altri corpi. Così hanno deciso di dedicarsi alla donna di Haraldskær (nella foto), una mummia conservata al Museo Vejle in Danimarca, ritrovata nel 1835 e originariamente ritenuta la regina norvegese Gunhild.

    Nuovi tecniche oggi consentono ai ricercatori di riconoscere e tracciare gli isotopi dello stronzio anche nei capelli umani: è quindi possibile capire dove una persona abbia vissuto gli ultimi anni della sua vita. Inoltre, visto che i capelli crescono lentamente, il confronto tra gli atomi di stronzio alla radice dei capelli e di quelli sulle punte può rivelare gli spostamenti geografici. Ovviamente, più sono lunghi i capelli, maggiori saranno i risultati e la donna di Haraldskær con i suoi 50 centimetri di capelli è un soggetto perfetto per questo tipo di indagini. I risultati preliminari, non ancora pubblicati, sono entusiasmanti e indicano già che la donna ha vissuto altrove prima della sua morte. Gli scienziati stanno esaminando anche il suo abbigliamento, che forse venne prodotto in altri luoghi. “Il DNA rivela il nostro corredo genetico, ma non dove si è nati e vissuti”, ha detto Frei che ora effettuerà l’analisi degli isotopi dello stronzio sulla pelle dell’Uomo di Tollund.

    Anche altri esperti concordano sul fatto che le mummie delle torbiere fossero considerate delle persone speciali nei loro villaggi. Per Heather Gill-Frerking, una ricercatrice che lavora per l’azienda americana American Exhibitions, le nuove scoperte provano che i corpi delle paludi appartenevano a forestieri, persone provenienti da altre regioni che per vari motivi si erano trasferiti in Danimarca. Gill-Frerking da anni, infatti, sostiene che le mummie non siano vittime di qualche rito religioso, ma solo stranieri che non venivano cremate perché non erano completamente integrate nelle comunità, o forse perché le comunità stesse non conoscevano i loro costumi funerari.

    “Sono convinta ci siano molteplici spiegazioni per le mummie di torbiera, e non solo rituali", ha detto Gill-Frerking. “Se si continuasse a scoprire che le persone mummificate nelle paludi avevano viaggiato prima della loro morte, allora dovremmo ripensare tutta la teoria rituale e guardare questi corpi come dei singoli individui”.

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    Il vero segreto delle torbiere - Fotografia di Robert Clark, National Geographic



    Niels Lynnerup, antropologo forense dell'Università di Copenaghen, ritiene invece che si tratti di sacrifici umani, ma non riesce ancora a spiegarne il significato.

    (Nella foto, la torbiera di Tollund nello Jutland, una penisola della Danimarca).

    I nuovi risultati che provano che almeno una di queste mummie non fosse di origine locale, aggiungono un nuovo tassello alla discussione sull’origine di queste persone, che secondo Lynnerup possedevano uno status speciale proprio perché stranieri, magari ostaggi di incursioni in terre lontane. E come provano alcuni sacrifici inca, è anche possibile che, ritenendolo un onore, queste persone si offrissero in sacrificio volontariamente. “Trovare nuovi elementi che confermino l’origine straniera di almeno uno di questi corpi è assolutamente importante; sarà molto interessante quindi vedere se questa ipotesi avrà un seguito”.

    Gli archeologi ormai sanno che nel tempo saranno sempre di più le domande sull’origine e sulla morte delle mummie delle paludi a cui dovranno rispondere. “Una cosa però non riusciremo mai a comprendere: la percezione della vita e della morte di questi uomini di 2.000 anni fa”, commenta Hedeager. “Questo rimarrà per sempre il vero segreto delle torbiere”.

    Fonte: nationalgeographic.it
     
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