La Fontana di Barènton

3 novembre 2014

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    La Fontana di Barènton



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    Barenton riassume perfettamente Brocèliande. Per trovare la fontana, bisogna avventurarsi nel cuore della foresta e a volte perdersi, perché il cammino della ricerca non è rettilineo. Si resta sorpresi che una fontana così semplice abbia attraversato il tempo e i sogni degli uomini, e ci si commuove dinanzi al fervore che suscita ancor oggi.

    E’ intorno alla fontana di Barenton che si svolge il romanzo “Il cavaliere del Leone”, nel quale Chrètien de Troyes racconta la storia di Ivano, nipote di re Artù. Giovane cavaliere, Ivano lascia la corte per Brocèliande dove sa che incontrerà l’avventura vicino ad una fontana dagli strani poteri. Nella foresta, incontra l’uomo selvaggio che gli indica la strada di Barenton. Ivano versa sulla pietra un pò di acqua della fontana. Scoppia un tremendo temporale; ritornata la quiete, appare un cavaliere nero che sfida Ivano.

    Quest’ultimo ferisce mortalmente l’avversario e lo insegue fino al castello, dove viene aiutato da Luned, servitrice di Laudine, Dama della Fontana e vedova del cavaliere nero. Ivano si innamora di Laudine e la sposa grazie a Luned. Dopo il matrimonio, la Dama della Fontana gli concede un anno di libertà, ma Ivano dimentica di tornare in tempo e lei lo scaccia. Ivano erra a Brocèliande per mesi e mesi e, per riconquistare la sua sposa, affronta le prove più difficili: fame, solitudine, follia. Abituato a servire soltanto il proprio onore, impara a soffrire per gli altri. Alla fine del suo errare nella foresta, dove salva un bellissimo leone che gli si affeziona, Ivano riconquista il cuore della sua dama e ridiventa il custode della fontana.

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    Per accedere a Barènton, bisogna passare per il borgo di Folle-Pensèe: un’etimologia abbastanza convincente dice che questo nome significa “follia guarita”.

    Questa spiegazione si riferisce ad una scuola di medicina druidica che, insediata a Barènton, avrebbe avuto la specialità di guarire le malattie mentali. Un’ipotesi difficile da dimostrare e da escludere. E’ pure vero che i druidi sono stati ottimi medici.

    Che Brocèliande abbia accolto la scuola druidica non è inverosimile. Che le acque di Barènton abbiano avuto un potere curativo, non se ne ha ancora la prova. Allora restiamo sulla frontiera del verosimile e chiediamo alla letteratura di re Artù la sua testimonianza: Tristano, Lancilotto, Ivano, Merlino stesso devono affrontare la prova della follia. Si rifugiano, soli e nudi, nel cuore della foresta vicino a fontane che guariscono, e rinascono dopo questo ritorno alla vita selvaggia.

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