Cento anni fa la tragedia del Baron Gautsch il Titanic dell’Adriatico

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    Cento anni fa la tragedia del Baron Gautsch il Titanic dell’Adriatico



    di Pietro Spirito A un secolo dal naufragio al largo della costa istriana, la storia del piroscafo “Baron Gautsch” mantiene intatta la sua fortissima valenza simbolica, sia come uno degli eventi...

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    A un secolo dal naufragio al largo della costa istriana, la storia del piroscafo “Baron Gautsch” mantiene intatta la sua fortissima valenza simbolica, sia come uno degli eventi premonitori più allarmanti di quell’infausto anno 1914, sia come vicenda esemplare della violenza che di lì a poco avrebbe frantumato l’impero austro-ungarico. Le oltre 130 vittime, in gran parte donne e bambini, che morirono nell’affondamento del battello, furono di fatto le prime vittime civili della Grande guerra, e il “gorgo” che inghiottì la nave - come vivacemente registrarono le cronache dell’epoca - colpì da subito l’immaginario collettivo quale immagine del disastro mondiale in cui stava precipitado l’intero Occidente, con la sua Belle Époque e tutto l’ottimismo di un’era che si credeva lanciata verso il futuro e che invece era già alla fine.

    E poi c’è la memoria: poche tragedie collettive hanno lasciato una traccia così profonda nei ricordi di tante famiglie, non solo a Trieste ma anche oltre confine, in quelle che furono le antiche province, visto che a bordo del battello c’erano italiani, cechi, ungheresi, croati, austriaci. Complice senza dubbio, in questa trasmissione di memorie, il relitto della nave, così evocativo e spettrale in fondo al mare, meta di centinaia di turisti subacquei provenienti da tutto il mondo che ogni anno lo visitano. I relitti hanno questa forte capacità allusiva, e lo scheletro del “Baron Gautsch”, adagiato sul fondo a quaranta metri di profondità in assetto di navigazione, è uno spettacolo che non si dimentica, in grado di suscitare impressioni che annullano il tempo. L’immersione, riservata a subacquei esperti, è considerata una delle dieci più suggestive d’Europa e tra le cinquanta migliori in assoluto.

    Il “Baron Gautsch”, elegante nave di linea del Lloyd Austriaco, serviva la linea celere della Dalmazia unendo Trieste e Cattaro assieme alle navi gemelle “Prinz Hohenlohe” e “Baron Bruck”. Compì il suo ultimo viaggio partendo il 12 agosto 1914 da Castelnuovo, a Cattaro, dopo avere imbarcato tra le 310 e le 350 persone (più l’equipaggio di 64 uomini), quasi tutti civili in fuga dalle regioni ormai in guerra. Avrebbe dovuto attraccare al Molo San Carlo (oggi Molo Audace) di Trieste nel tardo pomeriggio del 13 agosto, un giovedì, ma non arrivò mai. Alle 14 di quel giorno, mentre navigava al largo di Rovigno, entrò in un’area appena minata, urtò uno degli ordigni che esplose creando una grossa falla nello scafo, e colò a picco in pochi minuti. Oltre 130 le vittime, non più di 30 i corpi recuperati. Tra questi quello di Giuseppe Tenze, l’ufficiale di guardia al momento della tragedia, mentre il comandante, Paolo Winter, faceva un pisolino nella sua cabina (alcuni passeggeri dissero fosse in compagnia di una donna, ma lui smentì). Il processo seguito al naufragio, iniziato sotto la bandiera austroungarica, terminato sotto quella italiana, stabilì che il Lloyd Austriaco - poi Lloyd Triestino - non aveva alcuna colpa. La responsabilità del disastro fu addossata a Giuseppe Tenze che - si disse - finì nella zona minata accorciando la rotta per arrivare in orario a Trieste. Ma certo l’ufficiale - che oggi . riposa nel cimitero di Sant’Anna in una tomba che è un monumento firmato da Ruggero Rovan (il calco in gesso è conservato al Museo Revoltella) - non potè difendersi. Il governo austriaco stanziò 200mila corone di risarcimento per i naufraghi, ma alla fine del processo dei 190 superstiti solo 55 furono effettivamente risarciti. Il comandante del “Baron Gautsch”, Paolo Winter, sopravvissuto all’affondamento della sua nave, continuò a navigare fino al 1923, e morì a Trieste nel gennaio del 1944 a 73 anni.

    Nel centenario del naufragio sono molte le iniziative per ricordare la tragedia della nave, ribattezzata con un po’ di enfasi il Titanic dell’ Adriatico. Si comincia domani, alle 20.30 al Teatro Gustavo Modena di Palmanova, con una serata dedicata a “100 anni di Baron Gautsch”. Organizzata da un comitato di varie società di appassionati subacquei coordinato da Annalisa Sandri, la serata prevede la proiezione del docu-film “Il mistero del Baron Gautsch” del regista Renzo Carbonera, seguito da un talk show al quale parteciperanno fra gli altri il subacqueo Angelo Colla, il giornalista Marco Buzziolo e i pronipoti di Giuseppe Tenze, Lucio Segata e Patrizia Di Fede. «Di certo - dicono oggi i discendenti dello sfortunato capitano - Giuseppe Tenze si prodigò al massimo per aiutare i naufraghi dopo l’esplosione; non è vero che si suicidò, come è stato detto, invece annegò proprio nel tentativo di salvare più persone possibili». Al teatro di Palmanova ci saranno anche Katarina Pocedi„ e Katarina Mari„, curatrici del “Museo storico e navale dell’Istria”, a Pola, dove il prossimo 12 agosto, alle 20, sarà inaugurata una grande mostra sul “Baron Gautsch” (aperta fino all’aprile 2015). Saranno esposti pannelli, foto, documenti e parecchi oggetti e suppellettili recuperate dalla nave. «Ma la cosa forse più importante - dice Katarina Mari„ - credo sia l’elenco dei passeggeri che siamo riuscite a ricomporre (non esisteva o non si è mai trovata una lista ufficiale, ndr), perché abbiamo sistemato quasi tutti gli elenchi pubblicati eseguendo raffronti e confronti fra i nomi».

    Fra le altre iniziative annunciate, uno spazio dedicato al piroscafo lloydiano al Museo del Mare di Trieste, e uno spettacolo ideato dalla Camerata Strumentale Italiana diretta da Fabrizio Ficiur con la partecipazione di Giuseppe Pambieri, da tenere nel giardino del Faro della Vittoria (data in via di definizione), per poi andare in tournée a Pola e in altre località dell’Istria. Lo spettacolo è dedicato in particolare a una delle vittime del naufragio, la piccola Elvina Bonetti, allieva del Conservatorio Tartini e pupilla della maestra di pianoforte Lucilla Bolla, vero talento musicale in erba. Come ha ricostruito Massimo Favento, violoncellista e storico della musica, la piccola Elvina morì nel naufragio assieme a tanti altri bambini.

    Una delle tante storie che si consumarono e si intrecciarono a bordo nella nave “inabissata in quel gorgo”, come scrisse “Il Piccolo” nelle cronache di allora, anticipando simbolicamente il destino di un intero continente.

    Testo di: Pietro Spirito
    Fonte: ilpiccolo.gelocal.it
     
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